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Una casa sicura

Molta solidarietà e soprattutto tanta competenza nell’assistenza sociale degli stranieri a Monaco, riporta una studentessa torinese di psicologia dopo un tirocinio svolto presso la Caritas di Monaco di Baviera

Eine Psychologiestudentin aus Turin, hatte im Frühjahr 2013 die Gelegenheit, ein Praktikum im Caritas Zentrum München zu absolvieren. Aus der Perspektive einer jungen Italienerin berichtet sie über Ihre Erfahrungen als Mitarbeiterin einer Institution, die sich mit den Problemen von Einwanderern befasst.

Ilaria Rinaldi(fotolia)

Torino, 29 agosto 2013.
Marzo a Monaco, non è la nostra primavera. Cammina, perdendosi nelle viuzze dietro la stazione, quasi a proteggersi dal freddo di quegli spazi aperti, o da quella lingua così pungente... come mai aveva percepito: è straniera e appena arrivata in Germania. Michela seguirà un progetto presso il servizio di assistenza sociale per stranieri della Caritas di Monaco, è il suo primo giorno e come ogni “primo giorno” non è assolutamente pronta.

Landwehrstrasse: non c'è voluto molto per capire di essere arrivata... insieme a lei, sperdute altre dieci persone che fanno la fila, che vogliono entrare, che chiedono l'elemosina, che semplicemente si sorreggono al muro per non cedere alla stanchezza. Sono italiani, rom, africani, indiani, greci e stanchi, stanchi di aspettare.

 

Si fa coraggio e li supera, accorgendosi che anche lei deve incontrare l'assistente sociale che tutti aspettano, la mamma accogliente, colei per la quale i problemi non esistono senza delle legittime soluzioni.

“Alles ist hier für Frau Mattarei?”. “Tutti qui per la signora Mattarei?” chiede la segretaria, senza ricevere risposte. Apprende a quel punto che Dahra, una giovane indiana seduta vicino a lei, è da tre mesi a Monaco, e l'ultimo pensiero che le è concesso è proprio quello d'imparare il tedesco.

Chiacchieriano per ammazzare il tempo in quelle mura unite dall'attesa e da chi si sente spaesato. Dahra non ha una casa, non ha un lavoro, non ha soldi, ma ha tre bambini. Vuole chiedere all'assistente della Caritas se può consigliarle un posto dove dormire e lavarsi, chiedere pochi soldi per mangiare: “il pane con la marmellata che danno al Binario 1 è poco, meglio di niente, ma abbiamo fame” .

Il “Binario 1”, scoprirà Michela, è una realtà molto conosciuta dagli stranieri appena arrivati: un posto dove dormire le prime notti, dove riparasi dal freddo, dove essere accolti da un sorriso gentile di qualche volontario, dove poter mangiare e bere e dove far morire la speranza con un biglietto del ritorno gentilmente offerto.

In quella fila così lunga poi, c'è chi la speranza non l'ha mai abbandonata, come la signora Rosaria: un pilastro delle attese del lunedì, quando la Dottoressa Mastroni riceve la grande folla, arrivando la mattina alle sette per uscirne solo dopo che “tutto” è risolto.

“Quella santa donna finalmente mi ha fatto avere la casa popolare” - afferma  Rosaria; è contenta... finalmente potrà dedicarsi al cucito che tanto la rilassa e forse imparerà il tedesco. Bastano pochi minuti per cogliere che il primo vero grande problema di chi arriva in terra straniera è sapere se avrà abbastanza forze per rimanerci... dove andare? Dove stare?

“La casa qui è un vero problema” afferma stanca Gloria, una povera anima approdata da un paio di giorni... parla con la signora Rosaria e le dice che non sa dove andare, che ha sentito che a Monaco le case sono carissime e che bisogna dare tante garanzie per affittare.

Si sente cigolare la porta: è l'assistente sociale che corre da una stanza all'altra, senza dimenticare di sorridere a chi la sta aspettando, si precipita a fare una serie di fotocopie di documenti da tradurre; uno dei tanti compiti della signora Mastroni è quello di leggere i documenti dei suoi assistiti, di rispondere, di sostenerli.

“Dottoressa Mattarei sono Michela, la tirocinante” afferma fingendo sicurezza.

“Bene, bene vieni... iniziamo subito”.

Le ore seguenti passano, e c'è ancora tanto da fare.

Tahir è dentro la stanza, da oltre dieci minuti... cercano di capirsi, ma le differenze linguistiche rendono il compito difficile. Tahir cerca lavoro, ma in Germania non gli è permesso, lo cacciano dai locali. Si scoprirà qualche giorno dopo, che è un rifugiato politico in Italia, a cui a Monaco non è permesso lavorare.

L'unica soluzione è tornare indietro, prima di essere rispedito a “casa” dalla polizia. Ma quale casa?? forse quella di Giorgio, tenero signore di sessant'anni che ha dato ospitalità ad una famiglia di connazionali rischiando di essere lui stesso sfrattato, o quella di Dhara... quei dieci metri di cemento vicino al Binario 1, o ancora quella di Tahir, la strada del ritorno. Nessuna di queste... perchè una casa qui non c'è.

Ci sono i ricordi, tanti, ancora nitidi... quelli di chi è appena arrivato.

Anche Michela è appena arrivata, con  tante energie e soprattutto con la sfrontatezza di chi vuole uscire dal guscio del proprio centro, guardando oltre il vecchio amico di sempre, per conoscere e sostenere chi probabilmente non vedrà più, dopo oggi.

E poi lì c'è Agata... arrivata ormai da qualche settimana, con quel sorriso spontaneo, la sua filosofia buddhista e un pianto appena asciugato. Sono giorni che vaga per iscriversi al Job center... parla poco inglese e gli addetti che ci lavorano neanche quel poco.

Stanca e ha due giorni alle spalle di cibo scarseggiante. L'assistente sociale decide di affidarla a Michela. Dovrà accompagnarla ad iscriversi al Job center, a cercare un posto dove dormire e trovare un lavoro.

Agata ce l'ha fatta... è l'emblema di quei quindici milioni di stranieri che vivono in Germania, con le loro difficoltà, con le loro paure, ma anche con tanta speranza, la stessa che abita negli occhi della signora Mattarei: una casa sicura... una delle poche a Monaco.

Agata è la portavoce di chi riesce ad arrivare: una voce che si strozza nei pianti di chi una casa non ce l'ha mai avuta, di chi deve tornare, di chi non ce l'ha fatta.

Michela starà pochi mesi a Monaco, avrà l'energia di chi il mondo lo vuole cambiare, ma scoprirà che niente si cambia se non “insieme”.

 

 

 

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