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- Pubblicato Domenica, 05 Luglio 2015 20:06
Piazza Syntagma
Quando rileggere la storia aiuta a capire il presente e ad immaginare il futuro
Monaco, 5 luglio 2015.
La storia della Grecia che tutti conosciamo è quella dei tempi della scuola e si limita al periodo classico, quando il Mediterraneo e il Mar Nero erano disseminati di colonie greche, quando grazie alla scrittura, alle scienze e alla filosofia Atene era il centro del mondo. Fino a diventare, come città-stato nel 508 a.C., la prima democrazia del pianeta. Poi ci furono la decadenza, le lotte interne, l’influenza dell’impero persiano, la dominazione romana, quella bizantina, quella ottomana.
Dopo la guerra di liberazione dall’impero Ottomano, il popolo greco non riuscì a instaurare, subito e pienamente, la propria sovranità. Le grandi potenze europee (Inghilterra, Francia, Russia e Baviera) che con le loro flotte e i loro eserciti avevano aiutato il popolo greco a liberarsi dagli ottomani, non persero l’occasione di mettere le proprie mani (e i propri piedi) sulla Grecia. Nel 1832 con la Conferenza di Londra istituirono il Regno di Grecia a capo del quale fu posto, come primo monarca, il bavarese Ottone di Wittelsbach, passato alla storia col nome di Ottone di Grecia. Dopo anni di dominazione turca la Grecia aveva un suo regno, ancorché retto da uno straniero.
Tra i principali problemi che Ottone dovette affrontare ci fu quello delle finanze del regno. La secolare povertà del paese e la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi latifondisti erano motivo di impedimento allo sviluppo. Le grandi potenze europee concessero un prestito di 60.000.000 franchi, ma questo le autorizzò a ingerenze nelle questioni di stato. Poco meno di due secoli dopo la storia sembra ripetersi.
Atene oggi. Piazza Syntagma è la piazza antistante la sede del parlamento greco. Il suo nome significa “piazza della costituzione”. Da alcuni giorni piazza Syntagma è divenuta il centro del mondo. La piazza si chiama così perché fu qui che Ottone di Grecia concesse al popolo greco la sua prima costituzione. La concessione non fu un atto di benevolenza, ma una decisione necessaria a salvaguardare il proprio prestigio di monarca in Grecia e in Europa. Egli avrebbe voluto mostrarsi un ferreo monarca assoluto, ma poi, quando le truppe tedesche vennero espulse dal regno, dovette cedere a un tentativo di colpo di stato.
A modo suo il referendum indetto da Alexis Tsipras è un colpo di stato nei confronti dell’Europa e in primis della Germania. Essendo il paese che più si è avvantaggiato dall’introduzione dell’euro, la Germania è infatti il paese europeo che ha più da temere e da perdere dall'eventuale uscita della Grecia dall'euro e dall'UE.
Dopo essere stata culla di civiltà la Grecia per oltre due millenni ha vissuto alla mercé di dominazioni straniere. Con l'ingresso in Europa ha dovuto assoggettarsi a un rigore che alla fine l'ha strangolata. Le cause dell'attuale situazione sono certamente insite nelle deficienze interne al paese. Deficienze strutturali che affondano le proprie radici nella storia e nella cultura greche. Ma una parte non trascurabile delle cause è riconducibile anche agli errori di progetto della casa europea. Errori non imputabili alla Grecia.
Tra pagare i debiti e riformare drasticamente il paese, Tsipras ha scelto una terza via: si è messo a fare braccio di ferro con l’Europa. Il topolino e l'elefante. Chi vincerà? La posta in gioco è alta. Per la Grecia significherà eventualmente l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea. Significherà depressione economica e isolamento. Ma il popolo manterrà la sovranità e auspicabilmente ritroverà la propria dignità. Per l’Europa invece l'uscita della Grecia potrebbe significare l’inizio della disintegrazione. Ovvero l'inizio della fine. Appare chiaro che chi ha più da perdere non è il topolino, ma l'elefante.