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- Pubblicato Domenica, 05 Dicembre 2010 15:46
Vortici di colori
Nella pittura di Serena Granaroli il fluire della vita e delle emozioni si fondono in un unico fluido movimento di colori e forme
Dott. Ilma Reho - Sovrintendenza ai BB.AA del Comune di Roma
Serena Granaroli, milanese di nascita, cittadina del mondo per vocazione, è arrivata alla pittura attraverso una serie di esperienze molteplici ed eterodosse. Attratta principalmente dalla musica nei suoi anni milanesi e poi in quelli parigini, trovava allora nel pianoforte il suo strumento di espressione privilegiato. A Londra negli anni ’70 si lascia folgorare e convertire da una nuova passione: la pittura. Ma non è una scoperta assoluta: dipinge infatti già da anni. Nuova, invece, è l’esigenza esclusiva ed impellente di dedicarsi al colore, di lasciar liberi di esprimersi in nuova forma i moti dell’animo. Non a caso si “innamora” di Kandiskij e sceglie Monaco di Baviera, la città del movimento “der blaue Reiter”, come sua nuova destinazione. Qui si concede il tempo necessario per la sperimentazione.Frequenta atelier di artisti e accademie, musei e gallerie, confrontandosi con una realtà artistica internazionale. Non sono anni di grande produzione: prioritaria sembra essere l’esigenza di capire, di imparare. Non è tuttavia un’allieva tipica. Insofferente, sfugge alla chiusura delle scuole, si lega fuggevolmente a questa o a quella esperienza, facendone tesoro, senza lasciarsene plasmare.
Bisognerà attendere i primi anni ’80 per cominciare a documentare la sua produzione. Sono gli anni della tempera e dei pastelli a cera su carta. Dell’una apprezza il sottile passaggio dei colori e le trasparenze, degli altri la pastosità, la materialità ricca però di luce. I soggetti sono già astratti anche se ancora imparentati a forme concrete, reali, riconoscibili. Significativo è già l’apparire, sia pure non ancora in funzione di protagonista, del “vortice”. Negli anni seguenti si vanno definendo successivi principi ispiratori, scopi e mezzi espressivi. L’olio e poi l’acrilico o entrambi insieme sostituiscono la tempera e i pastelli. Le composizioni sono saldamente ancorate e non più fluttuanti su un fondo. La tela ha sostituito la carta. Le dimensioni si sono dilatate e si va progressivamente alla scelta di una forma -il “quadrato”- e di una “misura ideale”. Ma soprattutto sono cresciute la consapevolezza dei propri mezzi espressivi e la volontà di affidare ai colori il proprio messaggio personale.
Nel 1990, con una mostra personale a Monaco, si realizza finalmente la decisione di dare visibilità alle proprie opere. Questi anni coincidono con un generale “stato di grazia”. La sua inquietudine sembra aver trovato finalmente un porto tranquillo in cui fermarsi. Una nuova casa, molto amata, le fa desiderare di mettere radici.
Alla personale del 1990, “Il mare. Impressioni”, segue una serie ininterrotta tra personali e collettive, in spazi pubblici e privati. Vive e lavora a Monaco, riuscendo a coniugare i suoi interessi artistici con altre attività parallele. Interessante è il sodalizio letterario con il gruppo “scripta manent” e quello che la lega, per identità di vedute e di finalità, alle artiste della “Frauenbörse”.
Come in un caleidoscopio intorno ad un centro, si organizza simmetricamente la composizione. Non troveremo, è vero, un azzurro contrapposto ad un azzurro, ma qualità cromatiche equilibrate, questo sì. Soprattutto le composizioni degli anni 1999-2005 mettono in risalto l’esigenza di “ordinare” la visione, sottraendo l’occhio ad ogni distrazione periferica. È verso il centro che deve indirizzarsi, là dove – ma qui il parallelo con il caleidoscopio cessa di esistere – è in atto un “evento”.
Su “colore” e “luce” era concentrata la sua ricerca sin dall’inizio. Il “movimento”, invece entra di colpo nei suoi quadri, portato dall’intensificarsi di segni curvi, chiusi a cerchio o interrotti, che catturano lo sguardo convogliandolo in profondità verso una sorta di altro mondo. La trama che separa un di qua da un al di là si lacera, rivelando un tunnel, un passaggio vorticoso.
Ho osservato in passato “vortici” dipinti da bambini piccolissimi, forse ancora non privati della memoria della nascita. Per questo li ho riconosciuti nei quadri di Serena, che li eleva a protagonisti.
Di passaggio dunque si tratta, ma verso dove? La meta non si svela. Il mistero resta ma non suscita in chi non sa oscuri presagi. Al contrario. I colori sono vivi, lucenti, a volte delicatissimi. Se di nascita si tratta, sarà lieve*.
Vetro opaco
Abisso chiaro ghiaccio
Nascita lieve
Se è vero (per alcuni lo è più che per altri) che si può esprimere solo ciò che si ha dentro, bisognerà allora dire che ciò che Serena Granaroli nutre dentro di sé non appartiene al mondo delle inquietudini ancestrali, dei dubbi, degli incubi.
Tutto rivela, anzi, una conquistata, solare armonia. A rivelarlo è soprattutto la scelta dei colori, sempre più armonizzata, tra cui fa prevalere ultimamente (2005) una gamma di gialli trionfanti. A dirlo è anche il dinamismo equilibrato delle forme, che suggeriscono, sì, movimento ma composto, “necessario” e soprattutto, naturale: È l’avvolgersi lento del tempo, il passaggio delle stagioni con l’alternarsi di freddo e di caldo, il calore degli affetti e lo spegnersi delle passioni, il fluire della vita dalla nascita alla morte, il confluire in un nuovo ciclo infinito. Niente di artificioso, niente di estraneo a questo ritmo e nemmeno alcun legame alla storia o alla cronaca, personale o collettiva. Nessuna distrazione dall’evento, che è, in definitiva vivere.
*Durante un esperimento di “scrittura creativa” guidato dalla Dott. Francesca Talpo nel 2003 furono realizzati una serie di Haiku, ispirati alla serie delle “Stagioni” di Serena Granaroli. Quello che segue, che rispetta il ritmo delle sillabe 5-7-5 e si riferisce alla “Primavera”, è stato scritto da me in tale occasione.
(2008-1 pg 38)