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- Categoria: Musica
- Pubblicato Mercoledì, 01 Dicembre 2010 12:20
Alberto Franchetti, un wagneriano verista a Monaco
Un grande conoscitore della storia e della cultura tedesca riportato alla memoria dalla rappresentazione di una delle sue opere in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita
Obwohl der Komponist Alberto Franchetti (1860-1942) ein guter Freund des berühmten Giuseppe Verdi war, ist er heute nahezu vergessen. Anlässlich seines 150. Geburtstages erinnern wir an den großen Erfolg seines lyrischen Dramas Germania. Die Oper wurde am 11. März in der Mailänder Scala aufgeführt und ist von Franchettis Erfahrungen seines München-Aufenthalt geprägt.
Giuseppe Muscardini
La ricorrenza sfuggirebbe anche ai musicofili più attenti, se alla Deutsche Oper di Berlino non fosse in calendario per i primi giorni del 2011 la rappresentazione del dramma lirico Germania di Alberto Franchetti, di cui ricorre quest’anno il centocinquantesimo della nascita.
Opera ed autore sono strettamente legati a Monaco di Baviera, la città amata dove in anni giovanili il compositore frequentò con ottimi risultati il locale Conservatorio sotto la guida di Joseph Rheinberger. Le agiatissime condizioni di Alberto Franchetti, figlio di un influente banchiere israelita e di Luisa Sara Rothschild (nome altisonante in ogni parte d’Europa), gli permisero di dedicarsi completamente alla musica, curando di volta in volta i costosi battages pubblicitari per rappresentare al meglio le sue opere nei teatri più prestigiosi; sarebbe tuttavia errato attribuire ogni merito alla prosperità economica della famiglia.La prima composizione, una Sinfonia in mi minore scritta nel 1884 e concepita come saggio conclusivo del periodo di studi condotto a Monaco e a Dresda, fu un vero successo: la critica lodò il battesimo musicale del ventiquattrenne Franchetti e la Sinfonia circolò a lungo nelle sale da concerto, ottenendo ovunque ampi riscontri di pubblico.
Sotto le stimolanti influenze wagneriane, a Monaco Franchetti fu assalito da impeti spirituali e da impulsi creativi che rivelarono l’eccellenza della formazione musicale acquisita, in parteconcessa dalle possibilità finanziarie della famiglia e in parte frutto di una vocazione sincera per il coinvolgente mondo del pentagramma. Per quanto agiatezza e prosperità abbiano potuto rendere facili i suoi soggiorni di studio a Monaco e a Dresda, va comunque sottolineata l’alta considerazione che insegnanti di vaglia come Felix Draeseke, Edmund Kretschmer e Joseph Rheinberger ebbero del loro promettente allievo. Rheinberger morì a Monaco il 25 novembre 1901 e quattro mesi dopo andò in scena la rappresentazione di Germania al Teatro alla Scala di Milano. A dirigerla fu il grande Arturo Toscanini. Per la voce tenorile la scelta cadde su Enrico Caruso, nel ruolo di Friedrich Löwe. La gestazione del dramma lirico Germania, su libretto di Luigi Illica, doveva dunque culminare in un nuovo successo, in cui Franchetti fece convergere vivacità intellettuale e saperi acquisiti a Monaco. Si legge nella scheda riportata nel Dizionario dell’Opera, edito nel 1996 da Baldini & Castoldi a cura Piero Gelli, Marco Mattarozzi e Michele Porzio: “Germania è, anche nell’opulenza musicale, opera intensamente tedesca (tale fu del resto, fra Dresda e Monaco, la formazione dell’autore), patriottica e tardoromantica, risultato della poetica verista alla quale Franchetti si richiama espressamente”.Eppure, al di là delle tematiche veriste, pare di cogliere in Franchetti il bisogno di esternare in quest’opera moduli espressivi di una cultura che influenzò grandemente certe situazioni sceniche, letterarie e musicali in cui il singolo deve misurarsi con il potere, e dove lo spirito rivoluzionario di pochi, quando è volto al bene, lotta contro un apparato quasi invincibile. I pochi sono alcuni studenti che si oppongono a Napoleone: nel Prologo si danno convegno all’interno di una tipografia clandestina della Foresta Nera per contrastare la dura repressione nei confronti di quanti nutrono speranze di libertà. Tutto inizia con un libretto anonimo dal titolo Dell’avvilimento della Germania, stampato a Norimberga dalla casa editrice Stein, che ha scatenato la caccia ai patrioti. I francesi cercano soprattutto Johann Philipp Palm, direttore tipografo colpevole di aver scritto e diffuso il libello incriminato. I ben documentati fatti legati alla vita ed all’opposizione convinta di Palm, appartengono alla storia della Germania. Ma già nel Prologo del dramma lirico lo spettatore è chiamato ad elaborare nell’immaginario la figura di Otto, lo spietato mastino al servizio di Napoleone che insegue e tallona Johann Philipp Palm. Nell’economia del dramma lirico, Otto detiene il ruolo gerarchico di plenipotenziario francese a Monaco. È il segno evidente di una buona conoscenza di eventi storici e culturali che librettista e compositore non desumono solo dai risaputi ed analoghi accadimenti occorsi a Madame de Staël, condannata ad un esilio impostole da Napoleone Bonaparte per aver lodato la letteratura tedesca. Se dalle pagine di De l’Allemagne Madame de Staël aveva coraggiosamente riconosciuto alla Germania il primato spirituale dell’innovazione letteraria in atto in Europa, ad analoghi fatti storici attingono Illica e Franchetti per Germania: quelli che portarono Johann Philipp Palm alla fucilazione, eseguita nell’agosto 1806 alla frontiera bavarese-austriaca di Braunau, malgrado il tentativo diplomatico messo in atto dal Re di Baviera Max-Joseph per evitarla. 1)
La presenza costante a Monaco di Baviera permise a Franchetti di entrare pienamente nel clima culturale del luogo, acquisendo conoscenze storiche precise poi trasfuse nella sua opera intensamente tedesca. Ma Monaco è anche la città dove il compositore risolse definitivamente la sua travagliata relazione con la moglie Margherita Levi, in base al divorzio sancito con sentenza dell’11 novembre 1897 del Tribunale di Monaco, dalla quale si apprende come “... la loro unione, nei primordi lieta e felice, fu ben presto amareggiata da dispiaceri e dolori per la diversità di temperamento e di carattere dei due coniugi, tanto che nel volgere di appena nove anni si separarono giudizialmente tre volte, ed altrettante si conciliarono…” A quattro mesi dalla sentenza di divorzio, Franchetti chiese ed ottenne la cittadinanza bavarese. Monaco dunque non solo influenzò la sua attività musicale, l’estro, le intuizioni felici di Germania, ma fu il luogo in cui si svolse parte di un’esistenza fatta di studi giovanili, di incontri salottieri, di mondanità, di gratificazioni personali e di abbandoni formali di affetti già minati, talvolta di dissipazione irresponsabile di ingenti risorse economiche. Quella mondanità che lo portava a scorrazzare in automobile in luoghi dell’Italia e della Baviera, aveva come ideale colonna sonora i motivi di un wagnerismo all’italiana di cui Franchetti, per formazione, non seppe né volle privarsi. La sua figura di musicista e di compositore rivive al suono delle trentasei battute di un’intensa melodia di Germania, resa celebre dal mitico Enrico Caruso nella versione incisa nello stesso 1902 a Milano per la Gramophone Typewriter: “Studenti! Udite, o voi antichi e nuovi amici…”.1)
Di fronte a questo episodio storico risalente al 1806, non possiamo esimerci dal rilevare come la Storia sia artefice di curiose coincidenze e come nei tempi lunghi talvolta dispensi clamorose sorprese. La piccola cittadina di confine di Braunau appartenne alla Baviera fino al 1779, poi fu inglobata nei confini austriaci e ritornò bavarese dal 1809 al 1816. Ma Braunau è anche il luogo di nascita di Adolf Hitler, che nel primo capitolo di Mein Kampf così cita Johann Philipp Palm e il suo ardente patriottismo: “Più di cento anni fa, questo luogo insignificante ha avuto l'onore di essere immortalato negli annali della storia tedesca, perché fu teatro di una tragedia che colpì l’intera nazione. Nel momento della più profonda umiliazione della nostra patria, Johann Palm di Norimberga, il cittadino, il libraio,l’intransigente nazionalista e nemico dei francesi, vi morì per la Germania, che amava appassionatamente, anche nella sventura. Si era ostinatamente rifiutato di denunciare i suoi collaboratori, che erano stati i principali responsabili della vicenda.”
(2010-4 pag 26)