- Dettagli
- Categoria: Musica
- Pubblicato Domenica, 21 Novembre 2010 17:25
Fiorella l’antidiva
INTERVenti incontra l’interprete più rappresentativa della canzone d’autore italiana
Mit Werken der bedeutendsten Liedermacher Italiens hat Fiorella Mannoia im letzten Dezember das Publikum im Gasteig verzaubert. Lieder von Paolo Conte, Ivano Fossati, Vinicio Capossela und ihrem Autor Piero Fabrizi, aber auch Manu Chao und Bob Marley gehören zu ihrem Repertoire. Mit uns sprach sie über Musik, Politik und Freundschaft und erklärte uns, warum sie die Fahne "Pace" auf der Bühne zeigt.
Alessandra Sorrentino
I capelli ricci rosso rame, la carnagione chiara, un completo nero sobrio ed elegante: così, semplice e senza spocchia, si presenta Fiorella Mannoia all’intervista.
Nessun atteggiamento da diva. Non ne ha bisogno lei, che è stata l’interprete dei più grandi cantautori italiani degli ultimi trent’anni. Ed è con la stessa semplicità che risponde alle nostre domande, con calma e senza fretta.
INTERVenti (IV): Ti piace l’atmosfera che si respira andando in giro per Monaco?
F.M.: Sì, certo che mi piace: è molto diversa dalla nostra. La gente che gira per strada serena, da noi è tutto così caotico, soprattutto a Roma. Mi piacerebbe molto una via di mezzo tra come siamo noi e come sono loro. Vorrei il loro senso civico; per me il più grande difetto degli italiani è considerare la cosa pubblica una cosa che non ci appartiene.
IV.: A febbraio 2004 è uscito il tuo ultimo album, un doppio live, che arriva alla fine di una tournée strepitosa che hai fatto in Italia. In questo album convivono brani classici del tuo repertorio con canzoni come “Clandestino” di Manu Chao e “Is this love” di Bob Marley, come mai questo abbinamento inusuale?
F.M.: Allora, diciamo innanzitutto che questa operazione è veramente stramba. Due anni fa, finita la tournée con De Gregori, Pino Daniele e Ron, avevo ancora voglia di andare in giro, di cantare, non mi andava di aspettare un nuovo disco per ricominciare una tournée e allora insieme a Piero Fabrizi, il mio produttore, abbiamo deciso di fare ancora 20 concerti. Questo ci ha dato la totale libertà di scegliere, ci siamo divertiti nel vero senso della parola, non essendo vincolati da promozione, da dischi, eravamo liberi, abbiamo potuto giocare con le atmosfere latine e provare degli arrangiamenti particolari anche su campi fino ad ora per me inesplorati.
Manu Chao è stata una scelta anche sociale, perché in un momento in cui nel nostro paese si ha una recrudescenza di intolleranza e di razzismo, con chi dice di rimandare a casa gli immigrati nei vagoni piombati, mi sembrava doveroso interpretare una canzone che raccoglie veramente la bandiera di tutti i clandestini ormai di occidente. “Is this love” ho cominciato a cantarla quando c’è stato il ventennale della morte di Marley, poi è diventata una consuetudine per le persone che vengono a vedermi in concerto:
la canto sempre alla fine e tutti, dopo esser stati seduti tutto il tempo, su quel brano si alzano in piedi e diventa una festa finale.
IV.: La scelta di cantare in francese, in inglese, in spagnolo è dovuta all’intenzione di aprirsi al panorama europeo?
F.M.: Sicuramente. Europa unita sì, ma poi alla fine ognuno vive nel suo Paese e nessuno sa niente di quello che succede in quello vicino. Ci riempiamo la bocca di Europa unita, ma poi in fondo se non si comincia concretamente ad allargare le frontiere a conoscerci almeno un po’ di più, l’unione si ha solo al livello delle multinazionali.
IV.: Testi come quelli di De Andrè o Conte tradotti in un’altra lingua quanto perdono?
F.M.: Il traduttore ha una responsabilità enorme, il traduttore non solo delle canzoni, ma anche dei libri, per fare l’esempio di un grande classico: Moby Dick è stato tradotto tra gli altri da Cesare Pavese. Chi traduce una cosa del genere ha una responsabilità grande sulle spalle.
IV.: E l’interprete?
F.M.: È uguale, perché anche io a modo mio traduco, traduco attraverso i miei sentimenti, le mie emozioni, la mia voce, per cui anch’io ho una grande responsabilità. Alcune canzoni sono facilmente traducibili, altre no. Io lo sto vedendo con il lavoro che sto facendo con alcuni cantautori brasiliani, sto cominciando a tradurre tante loro canzoni, alcune sono traducibili, alcune no.
IV.: A che punto è il progetto brasiliano?
F.M.: Per ora va a rilento, ci sto sempre pensando, ma sono due anni che siamo in giro con questa tournée, che ha sorpreso un po’ tutti: dovevamo fare venti concerti e siamo ancora in giro, ne è uscito un disco, addirittura in Italia dai teatri siamo passati ai Palasport. Quando finirò con questa tournée comincerò con il progetto brasiliano.
IV.: Come si spiega che alcuni cantanti italiani hanno un successo spaventoso di pubblico all’estero,
mentre invece altri non hanno mercato in circuiti internazionali?
F.M.: Io penso che ci sono artisti come De André, Fossati, De Gregori, che basano la loro carriera su quello che rappresentano non solo musicalmente, ma anche umanamente e quello che dicono nei loro testi è importante ed è difficile anche decontestualizzarlo da come vivono.
IV.: Tu non vai in TV praticamente mai. Perché? Cosa non ti piace della TV italiana?
F.M.: Innanzitutto va detto che l’Italia sta vivendo un’anomalia, un’anomalia che non ha mai vissuto dal dopoguerra. La concentrazione televisiva e dei media in mano ad una persona sola comporta veramente svantaggi per tutti.
IV.: Questo per i tedeschi è scandaloso…
F.M.: Ma lo è anche per noi, almeno per molti di noi, per prima cosa perché il livello dei programmi si è abbassato, infatti non la guardo quasi più e non mi viene neanche di andarci. Questo livello basso può valere per le televisioni commerciali, quella è una scelta editoriale che riguarda loro; ma che la TV di stato si adegui a tanta bassezza …
IV.:Dopo la vicenda televisiva di Sabina Guzzanti, in Italia, con questo governo, è ancora possibile parlare di un binomio cultura e politica?
F.M.: E beh deve essere possibile, non possiamo mollare proprio adesso, stiamo diventando come una sorta di carboneria, perché andiamo in giro solo per teatri, ormai stiamo cercando di resistere e dobbiamo continuare.
IV.: Sei stata definita una cantante militante.
F.M.: Io non sono militante, esprimo quello che penso, i partiti non mi interessano, mi interessano le idee, alcuni mi rimproverano di parlare di pace durante il concerto, però io voglio essere in pace con la mia coscienza. Io mi rendo conto di essere privilegiata ad avere delle persone davanti ed è proprio per questo che voglio poter dire con coraggio quello che penso, anche se a qualcuno scoccia. Non si può piacere a tutti. Ho sempre pensato e continuerò a pensare che non è vero che l’arte debba star lontano dalla politica, perché la politica è vita: è politico quello che tu mi stai chiedendo, è politico quello che io sto rispondendo e politico è anche il rapporto che abbiamo e l’insegnamento che diamo ai nostri figli, come trattiamo i nostri dipendenti, come ci rapportiamo alla società che ci circonda. Per cui quelli che dicono che vanno lì per vedere un concerto e che non vogliono sentir parlare di politica, in genere, sono quelli che la pensano diversamente da te. Sventolando la bandiera della pace in quel momento, mi sembra di fare il mio dovere civile.
IV.: Come trovi il panorama della nuova musica italiana?
F.M.: Non si parla piú di promesse, ma di realtà: Silvestri, Bersani, Niccolò Fabi, Carmen Consoli, Elisa sono delle belle realtà. IV.: Tu sei stata l’interprete di - possiamo dire - "icona” della musica italiana, pensi che questi nuovi talenti possano rappresentare una nuova generazione di cantautori altrettanto validi?F.M.: Questo non lo so, non bisogna neanche più pensare ormai di ricalcare le impronte di quelli che sono stati nel passato, so solo che ognuno di loro ha la sua identità e non credo che voglia essere paragonato a nessun altro. Certo la scomparsa di De André è stata una delle più grandi perdite del nostro Paese, di quelle persone lì non ne nascono tante in giro per il mondo.
IV.: Il tuo rapporto con Ivano Fossati …
F.M.: Un bel rapporto: Ivano è un amico, Ivano è un artista, Ivano è quello che mi conosce meglio, la sua voce è simile alla mia, lui ha un’estensione limitata come uomo e io ho un’estensione limitata come donna, rapportato alle nostre ottave cantiamo tutti e due nello stesso registro, per cui cantare una canzone di Ivano è come cantare una mia canzone.
IV.: Come mai non hai mai pensato di scrivere canzoni?
F.M.: Ci ho pensato spesso in realtà. Per anni l’ho vissuta come una mancanza, finché ho accettato il mio ruolo di interprete e lo rivendico con orgoglio. Perché se è vero che non scrivo le canzoni che canto, è anche vero che a volte riesco a valorizzare canzoni ingiustamente trascurate. Riesco a trovare, come il traduttore, un altro significato a determinate canzoni, a dar loro un’altra veste. Ci
ho anche provato in realtà, a scrivere, ma è una dote che non posseggo, come non amo cantare le banalità degli altri, io sono sempre attenta ai testi che canto, così non canto neanche le mie di banalità. Uno scrittore non si improvvisa scrittore, è la bacchetta magica di qualche fatina che dice “a te la do questa dote” e a me non me l’ha data.
IV.: Sei sicuramente una donna attraente …”la bellezza è cattiva”?
F.M.: Dipende: può essere cattiva, io non ci ho mai fatto caso, mi sento sicuramente una bella donna, ma se si punta solo sulla bellezza, allora sì che può essere cattiva, perché impigrisce, bisogna stare molto attenti. È come con le provviste per l’inverno: se non le fai, quando l’inverno arriva rimani senza mangiare.
IV.: Cosa ti aspetti dal futuro?
F.M.: In generale vedo nero. Faccio fatica proprio a trovare l’ottimismo della volontà. Sciascia dice: l’ottimismo della volontà, il pessimismo della ragione. Io a ragionare vedo nero, perché veramente il mondo sta andando in una direzione che non capisco più e che non mi piace, vedo un imbarbarimento generale. Da noi poi c’è un collasso culturale che fa spavento. Questi nuovi politici sembrano usciti fuori da chi sa quale bar di periferia.
IV.: E invece Fiorella Mannoia, come persona, il tuo futuro?
F.M.: Se devo essere sincera mi sento una persona abbastanza serena. Spero soltanto di continuare a lavorare nel modo onesto con cui ho lavorato fino ad oggi, non posso chiedere di più. Forse sto chiedendo di più cercando di uscire dai confini nazionali.
IV.: E allora ci dobbiamo aspettare un giorno di sentire Fiorella Mannoia che canta in tedesco.
F.M.: In tedesco è un po’ difficile perché io il tedesco non lo parlo per niente, però non si sa mai. Non parlavo neanche francese e adesso lo parlo.
IV.: Che cosa ti aspetti da questa tournee tedesca?
F.M.: Mi aspetto naturalmente i connazionali, perché la Germania è piena di italiani. E mi aspetto anche di incuriosire i tedeschi.
IV.: Cosa hai perso e cosa hai guadagnato durante questi anni con la carriera e il successo?
F.M.: Ti dirò che non ho perso tanto, l’unico mio rimpianto, ma non è stato solo per il lavoro, è che non ho avuto figli, mi sarei fermata volentieri se fosse stato possibile …
IV.: Un’ ultima domanda … Fiorella rimane sempre Fiorella?
F.M.: Sì, anche perché quando stacco da qui stacco la spina, vado al supermercato, vado a fare la spesa, faccio quello che fa la gente normale, al cinema con le mie amiche, questo lavoro non mi preclude niente. C’è anche da dire che il pubblico che mi segue non è un pubblico di fan accaniti che si strappano i capelli … Chi sa se mai un giorno anche qui in Germania ci saranno fan di Fiorella Mannoia, che non si strappano i capelli quando la incontrano al supermercato, ma forse si commuoveranno nel buio di un teatro al suono della sua voce.
(2005-1 pag 14)