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- Categoria: Mito
- Pubblicato Sabato, 07 Gennaio 2017 08:39
L’eroe romantico nella mitologia e nell’uomo moderno
Was wird nie der Mann, dieser Halbgott, die viel gelobt?" (Goethe,Gedanken), "Che cosa sarà mai l'uomo, codesto semidio cosi tanto lodato?" (Goethe,Pensieri)
Como, 26 dicembre 2016.
L'eroe romantico è travolto dalla brama irrefrenabile di oltrepassare i propri limiti umani, di trovare nelle proprie emozioni, nelle proprie passioni un mezzo per raggiungere la dimensione dell'infinito, di sentirsi divinità, di abbandonare la propria veste umana; la ragione, tanto esaltata dai pensatori di tutti i tempi, fin dalle epoche più antiche, diventa un ostacolo per il raggiungimento della dimensione metafisica, sovrannaturale. L'uomo aspira per sua natura ad un piacere che non abbia limiti, né per durata né per estensione, ma nella realtà purtroppo i piaceri sono tutti "chiusi entro confini"; invece quando l'anima desidera una cosa piacevole, desidera la soddisfazione di una sua aspirazione infinita, anela al piacere in sé e non ad un determinato piacere.
Il filosofo Platone faceva riferimento ad un mondo ideale in cui erano presenti le entità pure e assolute corrispondenti a quelle sbiadite, imprecise e fuorvianti copie che troviamo nel nostro mondo terreno. La condizione ideale è allora quella della fantasia, dell'immaginazione (propria dell'infanzia o delle fasi più arcaiche della storia umana), l'unica che permette, attraverso una fuga nel passato o un volo nel futuro, di sfiorare la dimensione dell'infinito, contrastando il potere demolitore del logos, della ratio, della ragione che crolla poco per volta, lentamente.
L’eroe romantico, spinto da una sete infinita di libertà e grandezza, è un uomo fuori dalla società e dalle convenzioni a cui si contrappone fieramente; è un uomo che sente intensamente le passioni e ha un senso vivissimo dell’avventura in cui trovano soddisfazione il desiderio di libertà e uno sfrenato individualismo. Ma tale scelta radicale di vita conduce inevitabilmente con sé la solitudine, l'incomprensione degli altri, i cosiddetti "normali".
Nella mitologia greca potrebbero essere numerosissimi i nomi di eroi che hanno indossato un abito "romantico", quale quello appena descritto: Antigone, l'eroina dell'omonima tragedia di Sofocle, che, pur di onorare la memoria del defunto fratello Polinice, non esita a disobbedire al decreto del re Creonte della sua città Tebe e a morire murata viva. Achille, nobilissimo eroe dell'Iliade di Omero, che sceglie una vita breve, ma ricca di gloria e di gesta che avrebbero lampeggiato con la loro luce sfolgorante per l'eternità, rendendolo infinito, piuttosto che un'esistenza normale, mediocre, banale, sempre uguale a se stessa giorno dopo giorno, ma lunga, anzi lunghissima; il titano Prometeo che nella tragedia di Eschilo sfida gli dei, pur di fare dono all'umanità del fuoco, sottoponendosi, quindi, al supplizio eterno di soffrire incatenato ad una rupe. Questi, come moltissimi altri personaggi mitologici o romantici, presentano un comune denominatore, la solitudine, lo scotto che deve pagare chiunque ieri come oggi vuole difendere le proprie convinzioni, chiunque decide di vivere al di sopra della mediocrità, avendo come unico obiettivo quello di inseguire i propri nobili ideali... Ma è anche eroismo quello di chi tutti i giorni affronta nel suo piccolo difficoltà di ogni genere con il sorriso sul volto, con pazienza, sacrifici e sopportazione, chi non chiede aiuto a nessuno per risolvere le proprie quotidiane difficoltà perché, citando sempre il grandissimo Goethe "...du musst es auf die gleiche Weise zu akzeptieren, die ein Reisender über einen Berg zu erklimmen. Wenn der Berg nicht gäbe, wäre der Weg kurz und komfortabel; aber wie es ist, du musst es kommen!..." (Goethe, Gedanken), "...bisogna accettarlo allo stesso modo in cui un viaggiatore deve scalare una montagna. Se la montagna non ci fosse, il percorso sarebbe più breve e confortevole; ma, in quanto vi è, bisogna oltrepassarlo!" (Goethe, Pensieri).
Concludo riportando una frase, a mio giudizio molto suggestiva, a difesa della vita e di tutti gli sforzi che l'uomo compie per affrontarla quotidianamente nel modo più dignitoso possibile... "Strange, isn't it? Each man's life touches so many other lives. When he isn't around he leaves an awful hole, doesn't he?“ Dice l'angelo Clarence al protagonista disperato in una famosa scena del film del 1946 "It's a wonderful life" coinvolgente e toccante commedia che racconta la vicenda di un uomo intenzionato a suicidarsi per le difficoltà della vita, ma che viene però dissuaso da un simpatico angelo che gli vuole molto bene e che gli mostra come sarebbe stata dolorosa la vita dei suoi cari se egli non ci fosse mai stato.