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Lettres italiennes

Tempo pieno

Ein paar Gedanken zur Ausbildungspolitik der Regierung in Italien… - was wird nur aus den Kindern einer Kulturnation!“

Corrado Conforti

“Non vedo lʼora che ricomincino le scuole!” Quante volte ho sentito pronunciare questa frase a mia madre esasperata da noi tre figli quando a settembre, dopo quasi tre mesi di vacanze estive, non sopportava più le nostre continue liti. Allora le scuole iniziavano ad ottobre e la povera donna contava i giorni che la separavano dalla data in cui, almeno la mattina, avrebbe avuto un po’ di pace. Solo la mattina però, perché poi, ritornati a casa, noi figli avremmo cominciato di nuovo a litigare. O comunque ad occuparla. Perché ci avrebbe seguito nei compiti, ascoltandoci mentre ripetevamo la poesia da imparare a memoria, aiutandoci a risolvere il problema di matematica e, a volte, addirittura, scrivendo lei il tema che ci era stato assegnato.

E tutto questo come se non avesse dovuto svolgere tutte le altre mansioni che pesano sulle spalle di una casalinga.
Durante quei mesi estivi si riposava, relativamente, soltanto un paio di settimane, quando mio padre ci portava tutti a Rimini. Dico relativamente, perché doveva comunque occuparsi di noi, già durante il viaggio, facendoci cantare, in modo che stessimo buoni e che non distraessimo nostro padre dalla guida. E poi alla pensione, dove tre figli vivaci possono sempre creare fastidio agli altri ospiti. Andavamo sempre nello stesso albergo, una delle tante meritorie pensioni riminesi, dove con pochi soldi, riuscivi a pagarti una vacanza dignitosa. Un'impresa questa anche a quei tempi, perché le vacanze, allora come oggi, costavano.
Ma quelle due settimane passavano in un momento e, una volta ritornati in città, fino al primo ottobre (quando questo non cadeva di domenica) la relativa pace, per mia madre, era finita.
Tutto ciò, va detto, non avveniva soltanto nella mia famiglia, ma in migliaia di altre. E avviene ancora oggi. Sorprende perciò che la ministra della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, madre anche lei sia pure da poche settimane, abbia avallato la proposta del suo compagno di partito Giorgio Rosario Costa di riportare ad ottobre lʼapertura delle scuole. Sorprende anche la motivazione addotta, quella secondo la quale due settimane di vacanze scolastiche in più consentirebbero anche ai genitori di regalarsi unʼulteriore villeggiatura, andando così a rimpolpare le casse dell'industria turistica che, come tutti sanno, è la prima del Paese.
Ora, il fatto che i ragazzi abbiano quindici giorni di vacanza in più, non significa che di essi dispongano anche i genitori. A meno che questi non siano insegnanti. Ma in questo caso la ministra dovrebbe conoscere la scarsa consistenza dei loro stipendi, retribuzioni con le quali è già difficile arrivare alla fine del mese, figuriamoci permettersi una vacanza. E poi, sarà il caso di sottrarre due settimane all'apprendimento? Nelle classifiche internazionali i nostri studenti fanno già una magra figura. Vogliamo renderli ancora meno preparati? Sarebbe il caso invece che la scuola si trasformasse in un'istituzione a tempo pieno, in modo che i ragazzi vengano seguiti anche al pomeriggio. Ne avrebbero beneficio loro, le famiglie e anche gli insegnanti ai quali, venendo chiesto uno sforzo maggiore, sarebbe certamente corrisposto un salario più cospicuo. Ma tutto questo non è possibile in un paese che sta vivendo una crisi economica talmente profonda che addirittura un ministro ha potuto comprarsi un appartamento di appena 180 mq. a due passi dal Colosseo solo grazie allʼanonima donazione di un ammiratore. E tuttavia gli investimenti nell'istruzione prima o poi ripagano. E anche di questo la ministra, per sua propria esperienza, dovrebbe essere a conoscenza. Avesse infatti frequentato a suo tempo una scuola che lʼavesse occupata anche il pomeriggio, non avrebbe accumulato quel deficit di preparazione che lʼha costretta, una volta laureata in giurisprudenza, a passare l'esame di stato non nella nativa Brescia, dove il tasso di respinti alla prova scritta era quasi del 70%, ma a Reggio Calabria dove la percentuale scendeva al 6,6%. Stesso discorso per il suo collega di partito e vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, il quale, sempre per problemi di tempo, deve aver  imparato a leggere lʼitaliano come si legge il cinese, interpretando cioè ogni parola scritta non come un insieme di segni fonetici ma come un logogramma. Per questo, nella trasmissione televisiva Ballarò, pur avendo sotto gli occhi un foglio in cui c'era scritto Slovenia, lui continuava a leggere Spagna. E che dire ancora del capo del medesimo partito e addirittura del governo, lʼuomo che fra tre anni sconfiggerà perfino il cancro? Occupato ad aiutare il prossimo, non ha imparato bene da ragazzo il nome del fratello del primo re di Roma, cosicché, alcuni anni fa, invece di Remo, lʼha chiamato Remolo. Ultimamente poi ha confuso Google, motore di ricerca, con Gogol, padre delle lettere russe. Ma questo è stato sicuramente un vezzo. Voleva rendere omaggio al primo ministro russo Putin, suo intimo. Anzi, allʼamico Vladimir, come lo chiama lui.

(2010-4 pag 24)

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