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- Categoria: lettres italiennes
- Pubblicato Sabato, 12 Ottobre 2013 18:35
Iperrealismo
Lettres italiennes
Zu den Begründern des Hyperrealismus zählen die amerikanischen Bildhauer Duane Hanson und John De Andrea. Maurizio Cattelan kommt gebürtig aus Padua und gestaltet lebensecht wirkende Figuren. Er inszeniert skurrile und provokante Situationen. Zu seinen bekanntesten Werken zählen die Figur von Papst Johannes Paul II, der von einem Meteoriten getroffen wird und ein klein und unschuldig wirkender Adolf Hitler.
Monaco, 12 ottobre 2013
L'iperrealismo è una corrente artistica nata negli Stati Uniti negli anni '70 del secolo scorso il cui proposito principale (se non esclusivo) è quello di riprodurre la realtà con una tale precisione, da superarla in realismo, così da creare nell'osservatore una forte sensazione di estraneità. Se le prime realizzazioni di tale corrente sono state pittoriche e fotografiche, i risultati più convincenti sono stati però raggiunti (almeno a opinione di chi scrive) nel campo della scultura, soprattutto da artisti come Duane Hanson e John De Andrea, i quali, nella meticolosa riproduzione dei loro soggetti, sono ricorsi a materiali sintetici come le resine e i polivinili, proprio per esasperare la realtà, in modo da renderla altro da sé. Per questa ragione Hanson ha raffigurato nei suoi lavori soprattutto il ceto medio americano, fissato nel suo tempo libero e nel suo abbigliamento casual (camicie a fiori, bermuda, sandali, pantaloni a quadretti), mentre De Andrea ha invece privilegiato il nudo, creando perfette riproduzioni di corpi il più delle volte armoniosi e atletici. Vedere nella sala spoglia di un museo individui come se ne incontrano in strada o al supermercato, ma assolutamente immobili, oppure corpi nudi fissati in un atteggiamento di assoluta indifferenza, provoca in effetti nel visitatore una strana sensazione, dovuta alla totale incongruità di quelle figure con il contesto in cui si trovano. Il risultato è appunto la sensazione di estraneità cui sopra si è accennato.
Nella scia dell'iperrealismo si può a mio parere (che non sarà quello di molti e soprattutto non sarà quello dell'interessato) inserire il padovano Maurizio Cattelan, il quale oltre ad essere uno degli artisti italiani contemporanei più apprezzati, è anche (e di conseguenza) uno dei più quotati, nel senso che le sue opere raggiungono valutazioni alla portata di poche tasche. Chi pure di lui non abbia sentito parlare, ricorderà certamente, poiché ne hanno riferito le cronache, i tre bambini (finti ovviamente) impiccati in piazza XXIV maggio a Milano nel 2004, o l'Hitler inginocchiato, orante e contrito del 2001, o papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite del 1999, o ancora, restando ai nostri giorni, il colossale dito medio sollevato, che tutti milanesi possono contemplare qualora decidano di passare per piazza Affari. Si può discutere molto dell'arte di Cattelan, come del resto di tutta l'arte contemporanea, ma va dato atto al suo realizzatore di possedere, non solo un'indubbia originalità, ma anche quelle doti tecniche che gli consentono ritratti di perfetta somiglianza; doti che del resto non possono mancare a un iperrealista quale, a mio ostinato parere, Cattelan è e rimane.
Il meglio di sé però l'artista padovano l'ha prodotto recentemente, quando il 18 settembre scorso una delle sue installazioni (parlare di scultura con Cattelan è riduttivo) si è affacciata dagli schermi dei più importanti canali televisivi italiani. Stavolta il maestro ha davvero superato se stesso: non solo ha replicato perfettamente le sembianze di un noto pregiudicato milanese, ma è riuscito a fornire la sua creatura di parola, di movimento e addirittura di lacrime. La somiglianza era ovviamente straordinaria, ma la fedeltà ai dettami dell'iperrealismo ha imposto a Cattelan di esasperare certi particolari, proprio al fine di provocare nello spettatore quella sensazione di estraneità che è il vero scopo della corrente artistica. Anzi, qualora sia lecito dare un giudizio estetico o comunque di valore su un'opera iperrealista, questo potrebbe essere misurato sul suo effetto estraniante; vale a dire che quanto più grande è il disagio nell'osservatore, tanto più l'opera si può dire riuscita. E il disagio, assistendo alla performance della figura cattelaniana è stato stavolta davvero profondo. Come ci si può del resto non sentire a disagio di fronte a una statua di cera che parla e si muove come un individuo in carne e ossa? Una figura che avrebbe forse provocato addirittura un'adesione sentimentale da parte dello spettatore (come avviene del resto a teatro, nel luogo cioè deputato alla finzione), se il doppiopetto che essa indossava non fosse stato così privo di pieghe, se quei capelli non fossero stati così aderenti al cuoio capelluto, se il viso avesse avuto qualche ruga e se gli occhi non fossero stati così fissi, perché imprigionati in una palpebra, la quale, essendo di fibra non possiede certo l'elasticità dei tessuti umani. Ma per ricordarci che ci trovavamo di fronte a una finzione, Cattelan, ha aggiunto quel tocco che fa di lui un maestro. Alla fine del suo strampalato discorso l'installazione ha portato la mano destra all'altezza della tasca interna della giacca, quella che di solito contiene il portafogli, e ha gridato “viva l'Italia!” Ecco, grazie al ricorso al grottesco, che è sempre un'esasperazione della realtà, Cattelan ha raggiunto i vertici della sua arte; e la sensazione di estraneità in noi spettatori ha raggiunto l'apice. “Grande” abbiamo pronunciato entusiasti. La stessa parola che qualche giorno dopo nell'aula del Senato avrebbe pronunciato anche il primo ministro Letta, dopo che quella stessa installazione era stata esposta anche a Palazzo Madama.