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Alla ricerca della Terra Promessa

Una storia di bambini contesi, tra Monaco di Baviera e Milano

Die Trennung von Marinella und Tobias schien wie jede andere Trennung zu verlaufen. Als jedoch das Jugendamt in Erscheinung tritt wird alles kompliziert. Die Leidtragenden sind vor allem die beiden Kinder, die Gegenstand einer bitteren rechtlichen Auseinandersetzung zwischen München und Mailand werden.

Pasquale Episcopo

Monaco di Baviera e Milano hanno in comune l’iniziale e molto altro. La ricchezza ad esempio. Milano è una città industriale tra le più note al mondo, centro fieristico di importanza internazionale. La stessa cosa vale per Monaco. I due capoluoghi primeggiano anche nell’offerta culturale e artistica. Vantano importanti musei e pinacoteche che ospitano raccolte di notevole valore. Con la Scala e il Nationaltheater, sono sede di grandi eventi musicali. Paragonabili anche l’estensione territoriale, la dimensione demografica e la ubicazione geografica. Entrambe le città sono a ridosso delle Alpi, vicino a laghi e montagne di bellezza straordinaria. Queste caratteristiche fanno di Monaco e di Milano due luoghi dove la qualità della vita ha un livello assai alto. Naturalmente tra le due città esistono anche differenze considerevoli, prima tra tutte la lingua e con essa la cultura e la mentalità. Ma le differenze, per chi crede nella biodiversità e fino a prova contraria, sono da considerarsi un ulteriore valore aggiunto.

Tra Monaco e Milano negli ultimi tre anni si è consumata una storia singolare e inquietante che non basta in sé a rappresentare una prova contraria del grado di civiltà raggiunto dalle due città e tuttavia rappresenta un indizio di quanto, nonostante le apparenze, le cose possano essere molto diverse dalla realtà. Un indizio che apre uno squarcio su questioni delicate la cui conoscenza è importante se si vuole capire quanto lavoro c’è ancora da compiere per costruire l’Europa e farne un luogo di civile convivenza. I fatti di cui parleremo riguardano una famiglia mista, padre tedesco, madre italiana e i loro due figli, di undici e sette anni, bambini con due culture e due lingue. Che bello, penserete. Sono questi due bambini, le loro due lingue e queste due città che svolgono un ruolo centrale nella vicenda. Questi due bambini sono stati oggetto di un reato il cui nome è “sottrazione internazionale di minori”. Per ben due volte la madre li ha portati via dalla città di Monaco. A Milano lo hanno fatto i carabinieri. Con la forza. Dunque “sottratti” tre volte. Almeno finora. Nel momento in cui scriviamo forse sono in Polonia, ma nessuno sa esattamente dove.

Prima di addentrarci nei particolari della vicenda desideriamo precisare che ogni riferimento, che si farà a persone reali e fatti accaduti, sarà voluto e necessario. Il motivo della precisazione è presto detto. È la madre dei bambini che ha voluto raccontare in prima persona mettendo in moto una vera campagna di informazione verso i mass media. Con dichiarazioni, proteste e denunce, ha creato molto rumore intorno alla sua vicenda riuscendo a mobilitare le coscienze della gente, ma anche sollecitando ed auspicando per lei, per i figli e per l’ex-marito una soluzione definitiva al loro dramma. Con questo articolo intendiamo dare un contributo a quell’auspicio. Riporteremo i fatti occorsi attingendo alle svariate interviste rilasciate da questa donna e madre italiana che giornali e televisioni hanno portato all’attenzione del grande pubblico. Riporteremo anche il punto di vista del suo ex-marito, così come appare nell’unica intervista concessa ad un giornale italiano. Descriveremo il ruolo svolto dallo Jugendamt. Cercheremo poi di comprendere il quadro giuridico internazionale e di descrivere il ruolo giocato dalle istituzioni. Ci cimenteremo infine in un tentativo di analisi critica della situazione presente e azzarderemo una previsione sul possibile epilogo della vicenda.

La storia

Marinella C. e Tobias R. si conoscono e mettono su famiglia a metà degli Anni novanta. Tobias è di Monaco e qui i due stabiliscono la propria residenza. Vivono presumibilmente felici per alcuni anni. Dalla loro unione nascono due bambini, Leonardo e Nicolò. Poi qualcosa si incrina. Nel mese di novembre del 2006 si separano. Il tribunale di Monaco stabilisce la residenza dei due bambini presso la madre. Tobias può vederli ogni due fine settimana e trascorrere con loro metà delle vacanze. Entrambi i genitori mantengono la potestà genitoriale. All’inizio del 2007 Marinella riceve la prima visita dello Jugendamt. Successivamente queste visite si intensificheranno. Nelle sue interviste Marinella parlerà dei modi e dei metodi dei funzionari dell’ufficio. All’inizio del 2008 la ditta in cui lavora decide di chiudere l’ufficio di Monaco e le propone il trasferimento nella sede di Milano. Un’offerta che Marinella vorrebbe accettare. Ne parla con Tobias impegnandosi a portargli i bambini una volta al mese. Si rivolge al tribunale per chiedere l’autorizzazione al trasferimento e per poter regolare le visite del padre. Lei e i bambini vengono nuovamente interrogati dallo Jugendamt. Primavera 2008. La presenza dello Jugendamt nella vita dei due genitori e dei loro bambini si fa sempre maggiore e alimenta il conflitto tra i due ex-coniugi. Marinella ha difficoltà economiche e accusa Tobias di non sostenerla adeguatamente. A giugno il tribunale respinge la richiesta di trasferimento. Marinella fa ricorso.

Lo Jugendamt continua la sua azione. I bambini sono spaventati. Piangono. Marinella promette ai figli che non permetterà più che venga loro fatto del male. Decide di reagire e di difendersi e cerca aiuto. Viene a conoscenza dell’esistenza del CEED (Conseil Européen des Enfants du Divorce – Consiglio europeo dei bambini del divorzio) un’associazione di genitori di bambini vittime di sottrazioni internazionali, e la contatta. Apprende che il suo caso non è isolato. Viene a sapere di bambini sottratti ai loro genitori dallo Jugendamt, senza preavviso e assegnati a famiglie affidatarie. Decisione drastica e al stesso tempo drammatica, il 14 settembre 2008 è in viaggio con i figli. Destinazione Milano. Qualche giorno dopo li iscrive a scuola. Ottobre 2008. Marinella viene a sapere di essere ricercata dalla polizia. Il 27 ottobre si costituisce e apprende che contro di lei è stato spiccato un mandato di arresto europeo, emesso a Monaco già il 24 agosto quando si trovava ancora in Germania e mentre i figli erano in vacanza con il padre. Rischia fino a cinque anni di prigione. “Strano che il due settembre, presentandomi a Monaco all’udienza di ricorso per il negato trasferimento, ricorso anch’esso respinto, non sia stata arrestata” dichiara Marinella. Ma quel giorno aveva già capito, sono sue parole, che si stava costruendo un caso per impedire che i figli lasciassero la Germania, e per toglierle l’affido. Trascorre una notte nel carcere di S. Vittore. Il giorno dopo viene rilasciata con l’obbligo di firma settimanale.

Il due dicembre 2008 il Tribunale dei Minori di Milano sulla base della documentazione ricevuta dalla Germania dispone il rimpatrio immediato dei bambini. Marinella denuncia anomalie ed irregolarità nella documentazione prodotta dai giudici tedeschi. Ciò in particolare per quanto riguarda la correttezza delle traduzioni il cui testo, non conforme all’originale, assegna al padre l’affidamento esclusivo dei figli. Marinella, delusa dalla decisione dei giudici italiani, decide di non mandare più a scuola i figli e li nasconde. Il giorno dopo le arrivano in casa i carabinieri. Da quel momento dà inizio alla sua azione di informazione, di denuncia e di protesta. Contatta giornali e televisioni e scrive alle Istituzioni italiane ed europee. Tra gli altri, al Presidente della Repubblica e al Ministro della Giustizia. Il 26 gennaio 2009 i giudici della Corte d’appello rendono noto di aver rilevato “condizioni ostative” alla concessione dell’estradizione e che pertanto non accolgono la richiesta delle autorità tedesche. Marinella resta in Italia. Ciò non serve ad impedire che rimanga oggetto non solo di uno, ma di due procedimenti a suo carico, uno in campo penale e l’altro in campo civile. Uno, per il reato di sottrazione di minori, l’altro per non aver dato luogo al rientro dei bambini ordinato dai giudici. Nel mese di marzo avanza ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale dei Minori di Milano. I tempi tecnici dei ricorsi in Cassazione sono lunghi e Marinella non può e non vuole tenere a lungo i figli nascosti. I suoi avvocati contattano quelli dell’ex-marito e tra le parti ha così inizio una mediazione stragiudiziale con lo scopo di arrivare a sottoscrivere un accordo con il quale Tobias rinuncia al rimpatrio dei figli e Marinella si impegna a far riprendere i contatti tra lui e i bambini. Aprile 2009. Firmato l’accordo Leonardo e Nicolò riprendono la scuola. Otto maggio. Marinella va a prenderli a scuola, ma non li trova. Li hanno presi i carabinieri, per consentirne il rientro in Germania.

Dopo quell’otto maggio Marinella accentua la sua campagna di informazione e di denuncia. L’eco che ne deriva è forte. Rilascia interviste a quotidiani, riviste e televisioni, e contatta parlamentari italiani ed europei. Tra questi l’on. Alessandra Mussolini, Presidente della Commissione Parlamentare per l’infanzia, che in una trasmissione di Canale 5 si impegna ad andare a fondo nella questione e dice persino di volersi recare personalmente in Germania. Il venti maggio il ministro Frattini istituisce una task force interministeriale sulla sottrazione internazionale dei minori.

Questo in Italia. E in Germania?

In Germania Tobias è impegnato nella delicata fase di normalizzazione della vita dei figli. Raggiunto da un cronista italiano de “il Resto del Carlino” rilascia per la prima volta un’intervista che viene pubblicata l’otto giugno, a un mese dal rientro dei bambini. Tobias dichiara che Leonardo e Nicolò stanno bene e che hanno ripreso con piacere la scuola e parla di come trascorrono la giornata ed i fine settimana. Poi parla anche della stampa italiana che si dimostra “priva di senso critico”. E delle “bugie dell’ex-moglie: non appena si è accorta che io e i ragazzi eravamo felici di stare insieme, ha cercato di andarsene per sempre in Italia. In questo modo voleva ridurre i miei incontri con i bambini, e alla lunga di impedirli. Solo a questo punto ho spiegato al nostro consulente coniugale, ai periti del tribunale e al giudice che i due bambini avevano un bisogno profondo e urgente del loro padre; della sua tenerezza per bilanciare il rapporto rigido e duro con loro madre, e con i suoi interventi duri e possessivi”. Sono le parole di Tobias, che continua: “In Italia è stata violata la mia sfera privata. In Germania il caso è conosciuto per fortuna solo da poche persone coinvolte. Purtroppo, è proprio la signora C. che non conosce limiti. Finora ho potuto tenere lontana la stampa e continuerò a farlo, con la sola eccezione di questa intervista. Io desidero solo una cosa: vivere in pace con i miei figli. Mi rammarico molto per come estranei si immischiano nelle nostre faccende e cercano di aizzare gli animi. Mi appello a tutti, e in particolare alla signora C.: preservate la nostra sfera intima e privata”.

Signor R. siamo qui a parlare di Lei, dei Suoi figli e della Sua ex-moglie, e Lei penserà che non abbiamo ascoltato il Suo appello. Vorremmo però tranquillizzarLa. La Sua vicenda ci sta a cuore. Non la seguiamo con occhio inquisitore, bensì desideriamo sinceramente che per i Suoi figli presto si trovi una soluzione che permetta ciò che è un loro sacrosanto diritto, avere una casa, una vita serena e l'affetto dei loro genitori.

Torniamo in Italia. Marinella non ha notizie dei figli, non le è permesso sentirli tanto meno andarli a visitare. Nonostante non possa mettere piede sul suolo tedesco, il 22 giugno il Tribunale di Monaco la diffida dall’avvicinarsi a meno di 200 metri dall’abitazione dei bambini o dalla scuola pena una multa di 250.000 euro o in alternativa sei mesi di prigione. Il sette luglio quattro parlamentari italiani inoltrano un’interrogazione scritta al Presidente del Consiglio e ai Ministri degli Esteri e della Giustizia chiedendo quali azioni si intendano intraprendere, in sede comunitaria, al fine di persuadere il governo di Berlino ad aprire un dialogo con i rappresentanti dello Jugendamt. A questa interrogazione ne seguono svariate altre che restano senza risposta. La vicenda ha ormai assunto una dimensione internazionale e tocca il delicato intreccio dei rapporti tra le diplomazie dei due Paesi. Marinella raccoglie oltre 1.500 firme per una maxi-petizione. L’eco della sua battaglia giunge al Parlamento Europeo di Strasburgo dove il 25 novembre l’on. Cristiana Muscardini presenta un’interrogazione alla Commissione.

Inizio 2010. Tutte le iniziative fin qui messe in azione, le conferenze stampa, le interviste giornalistiche e televisive, le petizioni e le interrogazioni non bastano a consentire che Marinella possa rivedere i figli. La donna è disperata. Il 19 febbraio 2010 è a Monaco. Vede i figli per strada, li chiama. I tre non si vedono da dieci mesi. Si abbracciano e vanno via insieme. Di loro da quel giorno non si ha più traccia. Qualche giorno dopo Radio 24 diffonde questa dichiarazione:

“Buongiorno a tutti, sono Marinella C. Avrete già ormai tutti sentito che Leonardo e Nicolò sono di nuovo con me. Stiamo bene, siamo contenti. (...) Io sono dovuta andare da sola a riprendere i miei figli perché, era chiaro, una volta rimandati in Germania, dall’Italia nessuno sarebbe più andato a liberarli. E in Germania qualsiasi prova io possa portare delle illegalità che sono state fatte nei miei confronti non interessa a nessuno. (...) Erano dieci mesi che non potevo vederli senza nessuna ragione chiara. (...) Quindi ho dovuto farlo. Non ho fatto niente di speciale, ho fatto quello che qualsiasi genitore responsabile nei confronti dei propri figli avrebbe fatto. Io spero soltanto adesso che, finalmente, vengano riconosciuti i diritti dei miei figli, anche quello di avere due genitori, e questo potrà succedere solo in Italia”

Jugendamt

Nella vicenda C.-R. lo Jugendamt ha svolto un ruolo importante e merita un approfondimento. Letteralmente la parola “Jugendamt” vuol dire “ufficio della gioventù”. L’Ufficio è la principale istituzione tedesca a sostegno dell’infanzia e della gioventù e fa parte dell’amministrazione comunale. Gli Jugendamt assistono e supportano i tribunali dei minori in merito a tutte le questioni riguardanti la potestà genitoriale e il diritto di visita. Partecipano e collaborano nelle cause e nei dibattimenti processuali.

Sicuramente sono moltissimi i casi in cui gli Jugendamt svolgono opera meritoria. Sussistono tuttavia molteplici situazioni che gettano ombra sull’istituzione e richiamano critiche dall’interno e dall’esterno della Germania. Numerosi episodi di ingerenza nella vita delle famiglie sono stati denunciati dai media. In una trasmissione del 22 gennaio 2009 il canale ARD (prima TV tedesca, ndr) parla di centinaia di casi di genitori ai quali sono stati tolti i figli e che non hanno chance di riaverli e afferma che in nessun altro Paese europeo i servizi sociali hanno un potere paragonabile a quello degli Jugendamt tedeschi. Il 18 marzo scorso la TV americana CBN ha denunciato senza mezzi termini lo strapotere del servizio sociale tedesco che “terrorizza e distrugge le famiglie e fa affari sulla loro pelle”. Questi sono solo alcuni esempi della pessima reputazione che si è andata formando intorno a questo servizio sociale tedesco. Ad essi si aggiunge quello della signora C. Nelle sue interviste Marinella racconta di minacce, ricatti e tentativi di manipolazione dei funzionari dell’ufficio. Questi interrogano i bambini uno alla volta e a porte chiuse e tentano a più riprese di mettere in cattiva luce la madre. Una psicologa le fa visita per verificare se è idonea a svolgere il ruolo di madre. Un curatore legale, “Verfahrenspfleger”, scrive al giudice evidenziando il rischio che i bambini non siano accettati in Italia per il loro accento tedesco. Anche Tobias nella sua unica intervista commenta l’operato dello Jugendamt. “Le accuse allo Jugendamt sono assolutamente ingiuste” egli dice. “Durante il processo ha dato il suo parere solo due volte, sostenendo che era meglio per i bambini vivere con il padre in Germania, piuttosto che con la madre in Italia. Simili consigli sono giunti anche da parte del perito che il tribunale ha voluto consultare”. Insomma affermazioni diametralmente opposte. Comprensibile, visto che si tratta di persone che hanno un contenzioso.

Esistono però pareri sicuramente meno soggettivi. A Strasburgo ad esempio la questione Jugendamt è ben nota. Il Parlamento Europeo ha dichiarato come ammissibili molte delle petizioni pervenute negli ultimi anni. Il 22 dicembre 2008 la commissione per le petizioni del Parlamento ha reso pubblico un documento di lavoro che tratta delle numerose petizioni relative a “presunte misure discriminatorie e arbitrarie compiute dallo Jugendamt” e ha affermato che “il suo operato rappresenta una questione di reale preoccupazione per molti cittadini europei e deve quindi essere affrontata con urgenza dalle autorità responsabili a livello nazionale”. Il documento cita tra le altre la “Petizione dei dieci genitori” inviata dal CEED che afferma che lo Jugendamt non trova corrispettivi negli altri Stati di diritto e che i suoi poteri sono molto estesi giungendo a comprendere quelli propri di un giudice. Obiettivo della petizione è che lo Jugendamt venga dichiarato illegale e di conseguenza abolito. Il 20 gennaio 2010 la Commissione Europea risponde all’interrogazione dell’on. Muscardini del 25 novembre 2009. E afferma che “le materie inerenti all’esercizio della responsabilità genitoriale, anche nei casi con implicazioni transnazionali, sono competenza degli Stati membri e non già dell’Unione europea”. Non è una bella risposta, ma così è.

Il dieci marzo scorso a Strasburgo si è tenuta una conferenza stampa sui metodi dello Jugendamt. Alla conferenza hanno partecipato alcuni europarlamentari tra cui il polacco on. Zimasky e gli italiani on. Muscardini, on. Pittella, on. Angelilli. Presenti numerose famiglie, soprattutto tedesche, nonché il CEED con il suo presidente Olivier Karrer. Quest’ultimo ha menzionato numerosi casi di abusi compiuti dallo Jugendamt e ha affermato che lo scopo dell'ufficio è quello di difendere gli interessi tedeschi contro i cittadini stranieri.

Insomma pare proprio che un “problema Jugendamt” esista e sia piuttosto grave. Da più parti nel mondo l’istituzione è sotto accusa. Se anche soltanto la metà degli abusi e delle discriminazioni denunciate a suo carico risultassero vere, la Germania, paese fondatore dell’UE, ha il dovere di indagare e correre ai ripari anche alla svelta. Una drastica correzione dei metodi e delle procedure e una riforma in senso democratico dell’istituzione appaiono indifferibili.

Il quadro giuridico e normativo

Vogliamo ora collocare la nostra storia nel quadro normativo vigente. Ciò è importante per capire come mai determinati eventi siano potuti accadere e per formulare ipotesi sugli sviluppi a venire.

Nel quadro giuridico un posto preminente è occupato dalla Convenzione dell’Aia del 1980. Questa ha il fine di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti. Per quanto riguarda i casi di sottrazione internazionale, con la Convenzione dell’Aia gli Stati firmatari hanno stabilito procedure tese ad assicurare l’immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale, nonché a garantire la tutela del diritto di visita. Il fulcro organizzativo intorno al quale ruota la sua concreta attuazione è l’istituzione, in ciascuno Stato contraente, di un’Autorità centrale incaricata di adempiere agli obblighi imposti dalla Convenzione. Questi organi centrali “devono promuovere la cooperazione tra le autorità competenti nei loro rispettivi Stati, al fine di assicurare l’immediato rientro dei minori”. Il presupposto sul quale si basa il buon funzionamento della Convenzione è quindi quello della reciproca fiducia tra gli Stati firmatari. Oltre alla Convenzione dell’Aia, in ambito più strettamente europeo c’è il Regolamento 2201/2003, noto come “Bruxelles II bis”. In estrema sintesi, il regolamento stabilisce che foro competente per le decisioni in merito alla sottrazione è quello dello Stato di abituale dimora e che i tempi di rientro dallo Stato dove il minore è stato trasferito debbono essere rapidissimi (sei settimane). Il regolamento stabilisce che “le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento”, senza “procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine” e che “in nessun caso la decisione del giudice può formare oggetto di un riesame del merito”. In pratica sia Convenzione che Regolamento affermano il principio della reciproca fiducia.

Molto bene. Tuttavia, tale assunto può rivelarsi problematico. Infatti la sua validità sussiste solo se norme e procedure applicative dei diversi Stati contraenti sono basate su criteri giuridici comparabili. In parole semplici il sistema funziona così: io, Stato A, riconosco a te, Stato B, l’autorità di procedere a carico di un mio cittadino in quanto assumo che le tue procedure interne, ancorché diverse dalle mie nella prassi organizzativa, soddisfino requisiti della correttezza formale, della legittimità e della non incompatibilità. Ma ciò è sempre vero? Lo è stato nel caso dei coniugi C.-R.? Insomma si può porre la domanda, se l’assunto sia sempre valido o se la sua validità non sia invece da dimostrare. Porsi cioè in contraddittorio con esso. In fondo stiamo parlando di sottrazione di minori e non di furto di biciclette. Se l’assunto della reciproca fiducia viene meno, dobbiamo allora porci la questione se non possano verificarsi situazioni in cui nocivo sia non il trasferire il minore in un altro Stato, bensì il mantenerlo dov’è. Se in tali situazioni non possa diventare opportuno, e perfino necessario, allontanare il minore dallo Stato di abituale dimora. Farlo proprio allo scopo di garantirne la protezione. Porsi la questione di chi debba ravvisare le circostanze nocive per il minore e compiere le azioni orientate a contrastarne i pericoli. Deve essere un’autorità dello Stato? Deve essere un genitore? E cosa succede se è proprio lo Stato a rappresentare il pericolo per il minore? Se un genitore abusa dei suoi diritti di custodia, lo Stato può (e deve) intervenire, ma cosa deve (e può) fare un genitore se ad abusare è lo Stato? Se ad abusare sono cioè le istituzioni che dovrebbero garantire protezione e incolumità del minore? Cosa deve fare in particolare il genitore straniero che vive in un altro Stato e ravvisa scorrettezze gravi da parte proprio dei funzionari che lavorano nell’organizzazione statale? Può rivolgersi all’autorità giudiziaria del proprio Stato e denunciare il comportamento anomalo delle istituzioni straniere? La Convenzione dell’Aia sarebbe di aiuto o di impedimento? Il caso della signora C. può essere fatto rientrare nella suddetta fattispecie?

Un altro aspetto che rende discutibile l’assunto della reciproca fiducia è la grande diversità delle norme di diritto di famiglia degli Stati europei. Con il regolamento Bruxelles II bis l’Europa, invece di tentare di eliminare le anomalie tra le norme nazionali e procedere ad una armonizzazione, ha preferito realizzare un dispositivo che fa rientrare ogni disputa transnazionale entro i confini dello Stato in cui risiedono le persone fisiche interessate al contenzioso. Ovvero entro l’ordinamento giuridico vigente all’interno di tali confini. Affermando di voler assicurare che i diritti di custodia e di visita previsti in uno Stato siano rispettati negli altri Stati contraenti, di fatto sia la Convenzione dell’Aia sia Bruxelles II bis legittimano le contraddizioni tra gli ordinamenti. E in virtù della reciproca fiducia estendono meccanicamente le anomalie giuridiche di uno Stato ad un altro che ne è privo.

Un altro tema importante, ma parimenti critico, è quello della mediazione. Nel testo della Convenzione dell’Aia la parola “mediazione” non appare. Non ce n’è traccia. Nel Regolamento Bruxelles II bis è invece nominata. Soltanto una volta. Vediamo: “le Autorità centrali provvedono, direttamente o tramite le autorità pubbliche o altri organismi a facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale, ricorrendo alla mediazione o con altri mezzi, e ad agevolare a tal fine la cooperazione transfrontaliera”. Non è molto, ma meglio di niente. Cooperazione transfrontaliera è una bella espressione solo che resta poi difficile capire chi deve cooperare con chi. Nel caso di Tobias e Marinella c’è stata cooperazione tra gli Stati? C’è stata almeno la mediazione? Qualcuno (e chi se non lo Jugendamt?), ha provveduto a facilitare un accordo fra i due genitori? A giudicare dalla descrizione dei fatti si direbbe che l’unico tentativo ha avuto luogo nella primavera 2009 e aveva l’obiettivo di far uscire i bambini dal luogo nascosto dove la madre li teneva, far loro riprendere la scuola e consentire al padre di poterli vedere. Il Tribunale dei Minori di Milano ha cercato di favorire la mediazione convocando le parti. L’accordo è stato firmato dagli avvocati e i bambini hanno ripreso la scuola. L’atto è stato poi trasmesso anche alle Autorità centrali dei due Paesi ed al Tribunale di Monaco. Dopo poche settimane però l’avvocato tedesco ha mandato un fax al Tribunale di Milano, ma non alla controparte, dicendo che la mediazione non interessava più e che i bambini dovevano immediatamente tornare in Germania. Il Procuratore del Tribunale dei Minori di Milano ha dato seguito alla richiesta e ha inviato la forza pubblica a scuola. Il resto lo conosciamo.

Alla conferenza stampa del dieci marzo l’on. Angelilli, vicepresidente del Parlamento Europeo, ha affermato di essere stata nominata, a partire da gennaio 2010, mediatrice del Parlamento Europeo per i casi di sottrazione internazionale e di aver già ricevuto 50 casi, tutti con entrambi i genitori disponibili alla mediazione. La precedente mediatrice e parlamentare europea, l’on. Gebhardt, tedesca, nel 2007 ha predisposto un’interessante relazione in cui emergono le difficoltà di collaborazione con le Autorità centrali e ciò proprio perché la Convenzione dell’Aia non contempla affatto la mediazione. Cosa che sapevamo già. La relazione termina con una serie di raccomandazioni orientate a promuovere il ruolo della mediazione e a facilitarne l’adozione. Insomma, per quanto sicuramente importante, l’esistenza della figura di mediatrice europea svincolata dalla Convenzione dell’Aia, ha valore più che altro politico e di indirizzo. E fin quando convenzioni e trattati non incorporeranno l’esigenza di impiegare la mediazione a basso livello, tale indirizzo è destinato a rimanere frustrato. Inoltre per motivi geografici la figura della mediatrice europea rimane lontana da gran parte dei casi individuali che avvengono in Europa. Lontana e direi anche sconosciuta. Si impone dunque che la mediazione si conquisti un posto di rilievo, che ottenga riconoscimento e rispetto, che rappresenti l’approccio da preferire già in fase preliminare. Dirò di più: che diventi obbligatoria. Trattati, regolamenti e convenzioni sono solo un meccanismo di difesa, a effetto ritardato, che entra in funzione quando eventi drammatici sono già accaduti. Un meccanismo che non previene e che non agisce sulle cause, ma solo tardivamente sugli effetti. Sulle cause potrebbe invece agire la mediazione. Ma a questa, a quanto pare, non è dato spazio. Nelle convenzioni, come nelle istituzioni, come nei fatti.

Europa, sei Tu la Terra Promessa?

Il 24 febbraio 2010 l’on. Muscardini ha avanzato una proposta di risoluzione al Consiglio ed alla Commissione invitando i due massimi organi europei a valutare la necessità di istituire un Ente centrale per il diritto di famiglia nell’ambito dello Spazio giuridico europeo e ad affidare ad esso la competenza di farsi carico in tempi brevi dei ricorsi eventuali delle parti in conflitto che si ritengono discriminate dalle decisioni di un tribunale nazionale di uno Stato membro dell’Unione diverso dal loro. La risposta non si è fatta attendere a lungo e il 16 aprile scorso la Commissione ha testualmente dichiarato che “ai sensi del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e del trattato sull'Unione europea, l'Unione europea non sembrerebbe disporre delle competenze necessarie per istituire un Ente centrale europeo per il diritto di famiglia, come suggerito dall'onorevole parlamentare”.

È noto a tutti che la Costituzione Europea è naufragata nel 2005 a seguito dei referendum di Francia e Olanda. Il Trattato di Lisbona ha poi ripreso in gran parte il vecchio testo e ora è stato approvato. Vi si legge: “le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali sono stabilite dal Consiglio, che delibera secondo una procedura legislativa speciale. Il Consiglio delibera all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo. (…) I parlamenti nazionali sono informati della proposta. (…) Se un parlamento nazionale comunica la sua opposizione entro sei mesi dalla data di tale informazione, la decisione non è adottata. In mancanza di opposizione, il Consiglio può adottare la decisione”. Insomma se un solo Paese UE si oppone ad una decisione presa dai restanti 26, questa salta. È chiaro che il modello parlamentare europeo, assai bello sulla carta, rischia operativamente la paralisi.

Avremo un giorno un diritto di famiglia europeo?

Scetticismo e pessimismo generali lasciano poco spazio a questa speranza. C’è tuttavia un’altra domanda alla quale qualcuno dovrà pur dare una risposta. E anche presto. Che ne sarà di Leonardo e Nicolò? Chi si farà carico di trovare una soluzione al loro dramma? Il 17 marzo a Roma al “Palazzaccio” c’è stata un’udienza della Corte di Cassazione sul ricorso contro la decisione del Tribunale dei Minori di Milano del dicembre 2008, quella che aveva disposto il rientro in Germania dei bambini. Il Procuratore Generale ha riconosciuto la fondatezza del ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento. Va detto però che da dicembre 2008 molte cose sono successe. I drammi personali hanno velocità e tempi diversi da quelli istituzionali. I bambini, forzatamente rimpatriati prima, sono stati poi ripresi dalla madre recidiva. Tutto ciò non potrà non avere un impatto sulle future decisioni dei tribunali. Svariate e molteplici le domande che si pongono. Vediamole.

Se la Cassazione confermerà l’accoglimento del ricorso, madre e figli potranno rientrare a Milano? I bambini potranno rivedere il padre? Potranno essere ascoltati da un giudice? I coniugi C.-R. potranno chiedere aiuto alla mediatrice europea per una soluzione stragiudiziale della vicenda? Potrà esserci un intervento delle diplomazie che aiuti nel superamento dei limiti giurisdizionali degli ordinamenti nazionali? Ci sarà collaborazione tra i Tribunali di Monaco e Milano?

Insomma un bel groviglio di questioni, non c’è che dire. Un groviglio che rende difficile prevedere se e quando il calvario di questa famiglia avrà fine. Se non ci sarà una soluzione europea, qualcuno ha ipotizzato che Marinella lascerà l’Europa. Lei e i suoi figli se ne andranno in un’altra terra, diversa dalla Baviera e dalla Lombardia, e i bambini rischieranno di perdere il padre. Rischieranno anche di perdere le loro due lingue, e le culture che dietro quelle lingue soggiacciono. Per chi scrive, cittadino europeo e padre, questa ipotesi appare come una sconfitta dolorosa. Una sconfitta per le persone interessate. Una sconfitta per il Vecchio Continente.

Leonardo e Nicolò sono solo un caso, emblematico se si vuole, ma solo uno dei tanti, e sono migliaia e migliaia. Bambini discriminati, figli di famiglie miste penalizzate da leggi, trattati, convenzioni e regolamenti insufficienti e inadeguati. Oggetto di ingiustizie perpetrate ai loro danni da parte di una Terra di nome Europa che fino ad oggi li ha traditi, mostrandosi incapace di mantenere le sue promesse.

Riferimenti:

Convenzione dell'Aia - 1980
http://www.gesef.it/leggiesentenze/convenzione_aja.htm

Regolamento Bruxelles II bis - 2003
http://www.giustiziaminorile.it/normativa/brux_2003.pdf

Relazione mediatrice EU per i casi di sottrazione internazionale (2007) http://www.europarl.europa.eu/pdf/mediator_children/2007_05_16_midter m_report_combined_it.pdf

Documento di Lavoro sugli Jugendamt della Commissione petizioni del Parlamento EU (2008) http://www.europarl.europa.eu/activities/committees/workingDocsCom.do ?language=IT&body=PETI


Servizio televisivo ARD sugli Jugentamt (22.01.2009)
http://daserste.ndr.de/panorama/media/panorama188.html


Intervista del Resto del Carlino al signor Tobias R. (8.06.2009)
http://graffitidaberlino.corriere.it/giardina.pdf

Petizione Marinella C. e On Muscardini con Nota-esplicativa (5.11.2009)
http://dibattitopubbl.ucoz.com/_fr/1/ETIZIONEPARLAME.pdf

Servizio Radio 24 - Sole 24 ore (24.02.2010)
http://www.radio24.ilsole24ore.com/popup/player.php?filename=100224-it alia-in-controluce.mp3

Servizio TV americana CBN sugli Jugentamt (18.03.2010)
http://www.cbn.com/cbnnews/world/2010/March/Child-Welfare-Agency-Ec hoes-Nazi-Germany/

Interrogazione scritta dell'On Muscardini (Parlamento EU) alla Commissione: Convenzione dell'Aja e ruolo dello Jugendamt (23.02.2010). Sullo stesso sito è disponibile anche la risposta (16.02.2010).
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+W Q+E-2010-0908+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT

Proposta di risoluzione dell'on. Muscardini al Consiglio EU sull'istituzione di un Ente centrale per il diritto di famiglia nell'ambito dello Spazio giuridico europeo (24.02.2010).
http://www.europarl.europa.eu/sidesSearch/search.do?type=MOTION&lan guage=IT&term=7&author=1073

(2010-2 pag 27)

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