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- Categoria: Dall'Italia
- Pubblicato Martedì, 07 Dicembre 2010 09:20
GiàVi1Vo
Sigle ed abbreviazioni fanno ormai parte del linguaggio usuale degli sms e delle mail. “GiàVi1Vo - MSIDT - CTACTC? - HoBiDiTe - ITA - AmXSe - MaQMiAm - OOM - RiS - RiSS ”
Abkürzungen und Kurzformen werden bei E-Mails und SMS immer häufiger und beliebter. Wem diese Art der Verständigung nicht geläufig ist, steht vor einem Buch mit sieben Siegeln. Da wünscht sich so mancher die Zeit zurück, in der man noch mit Gedichten und Liebesbriefen kommunizierte.Alessandro Gambaro
Colta alla sprovvista, credetti, all’inizio, in un guasto del telefonino; poi cominciai a sospettare che si trattasse di un comunicato in codice criptato, che, per errore, fosse stato inviato al mio numero. Ma dopo aver accertato che il telefonino non aveva guasti e stabilito che fin dalla nascita non ho mai partecipato ad alcuna setta segreta, non sono mai stata iscritta a logge coperte, e neanche a logge scoperte (dove peraltro ci si abbronza di più), e dato che i servizi segreti di Stato, giusti o deviati che siano, non mi hanno mai degnata del loro interessamento (è anche vero però che, se lo avessero fatto, non lo avrei comunque potuto sapere), determinai che non si poteva pensare ad un messaggio rivolto a me; più semplicemente si doveva trattare di un errore di indirizzo. Tuttavia il comunicato, nella sua impermeabile concisione, suscitava in me una certa ansietà e soprattutto non capivo se sarebbe stato meglio rispondere al numero da cui appariva inviato il messaggio o se invece fosse più prudente cancellarlo immediatamente ed evitare ogni ulteriore contatto con il misterioso mittente. Allora presi una decisione che, nella sua semplicità, mi confermava che avevo ancora mantenuto un adeguato livello di lucidità e di capacità operativa. Prima di tutto trascrissi il messaggio e il numero di provenienza sul foglio del giorno della mia agenda e poi cancellai tutto dal telefonino. So bene che ogni comunicazione intercorsa tra due telefonini qualsiasi resta incisa per sempre in qualche misteriosa memoria suprema - molto simile alla divinità ipotizzata da Hume - ed accessibile, solo in caso di assassinio, agli organi di polizia ma, visto che assassinio non c’era stato (ancora), pensai che forse potevo, con il mio gesto, far sparire per sempre il comunicato. Tuttavia non passarono molti giorni che, avvertita dal consueto plin plin del telefonino, vidi, con qualche preoccupazione, un nuovo messaggio in codice: LUDEMO – APTA – OOMP. Cercai immediatamente l’agendina dove avevo scritto il messaggio precedente e vi scrissi il nuovo messaggio, corredato di data e ora. Poi cancellai la memoria del telefonino. Il tempo continuò a passare, come è sua abitudine, scandito dai battiti del cuore, dalle albe e dai tramonti e da tutta la paccottiglia romantica che ci hanno insegnato a scuola, sulla base delle più tetre e disperate poesie ottocentesche. Ma anche da altri messaggini, più o meno lunghi, ma tutti ugualmente misteriosi. Un primo scampolo di spiegazione, del tutto parziale invero, mi venne dalla mia cuginetta dodicenne, che, dopo aver armeggiato con il suo telefonino, mi disse, quasi per caso: “Luigino mi ha mandato un CiVePo perciò ora debbo andare, Ba – TDP” Tentai di saperne di più, e, pur senza scoprirmi, accennai alla presenza di sigle ignote nel mio telefonino. La risposta, immediata, ma, appunto, parziale, fu: “Tu sei fortunata: quelli sono messaggi d’amore. E che messaggi! Come gli antichi scrivevano le poesie o mandavano le lettere, ora ci sono i messaggi. Svegliati! Tu che sei così fortunata. Ora però non ho tempo per Bla di te, devo andare.” Avrei voluto parlare ancora, ma già la cuginetta era scomparsa. Restai molto perplessa, tuttavia la sicurezza con cui lei si era espressa e la sua nota conoscenza delle moderne metodologie di trasmissione delle informazioni mi fornivano una certa garanzia circa la veridicità delle sue affermazioni. Ecco! Ma certo! Come avevo potuto non pensarci? Sono proprio una ragazza del secolo scorso! Non sono ancora entrata appieno nella nuova era digitale. Sicuramente dietro queste sigle misteriose si celano dolci pensieri d’amore: versi soavi, rime inconsuete, ardite metafore che la poesia del nuovo secolo esprime in forme sincopate, veloci, appena accennate, in cui la fantasia deve completare ciò che l’occhio non legge e il cuore suggerire ciò che la mente non percepisce. Ma da dove cominciare per cercare di individuare il significato vero e anche (magari fosse possibile!) il mittente dei testi che occupano le pagine della mia agendina? Scorro una, due volte le sigle misteriose: non ci riesco a trovare nè rima, nè provenienza. E se provassi nel senso inverso? E se cominciassi a cercare nei testi antichi, e anche in quelli moderni? Una ricerca “random”, si dice così, oggi. Una ricerca casuale, come fanno, mi dicono, i computer quando esplorano le memorie: sarà vero? Io provo: “Col suo riso protervo Didima Mi prese: e ahimè, mi sciolgo Come cera al fuoco, se la guardo. È bruna: che importa? Neri Sono anche i carboni, ma splendono, Quando li accendi, come rose in fiore.”(1) Certo, Asclepiade di Samo , nel terzo secolo A.C. sembra parli di me: mi dispiace un pò quel “che importa?” come se le brune valessero meno ai suoi occhi. Chissà se, continuando, troverò la chiave dei miei misteriosi messaggi. E poi: “Mi devasta l’anima Amore, Come vento che si abbatte Sulle querce del monte.”(1) Questi tre versi sono espliciti, forse troppo, e sono della divina Saffo, che nel VI secolo A.C. cantava ed amava le fanciulle in fiore. Evitiamo questo terreno scivoloso, e proseguiamo. Nuovo click ed ecco Brecht (2): questa breve poesia mi incuriosisce perché è in tedesco e perché parla di me in prima persona. „Der, den ich liebe Darum Hat mir gesagt Gebe ich auf mich acht Dass er mich braucht Sehe auf meinen Weg und Furchte von jedem Regentropfen Dass er mich erschlagen konnte“ (3) A mio ricordo, nessuno mi ha detto che ha bisogno di me. Ma se fosse proprio questo il significato delle scritte che occupano il mio telefonino? Siamo dunque tanto avanti? Davvero sarebbe bellissimo. Ma non è possibile. D’altro canto la cuginetta aveva parlato di lettere, non solo di poesie d’amore. E allora, dove e come cercare ancora? Se davvero quei messaggini sono sintetiche lettere d’amore, quale miglior guida di un “segretario galante” mi potrebbe aiutare a rendere espliciti i turbamenti, le ansie, le attese di un innamorato misterioso e modernissimo, devoto in pari misura a me e alla tecnologia, a individuare le fantasie e le promesse di un sognatore forse troppo timido per palesarsi in termini chiari e che nasconde un sentimento intenso e profondo, o a smascherare le mire di un moderno Casanova, appena adombrate da un linguaggio tanto ignoto quanto, a suo modo, coinvolgente? Ma ecco, finalmente: dopo aver frugato in profondità nella cassapanca dei libri vecchi emerge un libricino un po’ slabbrato: indubbiamente è passato per molte mani. La copertina di colore scialbo riporta un disegno in cui si intravedono, in un locale che potrebbe essere un ufficio di pubblica scrittura, alcuni personaggi, individuabili come scrivani professionisti intenti al loro lavoro; altri, palesemente i clienti (di cui uno in piedi con il cappello in mano), attendono che si compia il miracolo di vedere esposti per iscritto in modo chiaro e comprensibile i propri messaggi, i propri desideri, i propri problemi. La data è 1864 ed il titolo appare piuttosto pretenzioso: “Il grande segretario italiano, ossia modelli di lettere sopra qualsiasi argomento”. E il sottotitolo esplicita: “cioè: lettere famigliari, consigli, informazioni, congratulazioni, auguri, raccomandazioni ufficiose - ahi,ahi, anche allora! Non è dunque cambiato proprio niente - e complimenti”. Doni, lettere di conforto, scherzo, amorose (ecco quello che fa per me!); lettere d’affari, di ringraziamento, descrittive, proposte di matrimonio (e se fosse questa la sezione giusta in cui cercare?), viglietti (antenati dei nostri banalissimi messaggini), ecc. ecc.. Partiamo con la nostra ricerca: “ Madamigella, dacchè ebbi il sommo bene di vedervi per la prima volta, la vostra bella immagine dolcemente mi perseguita e non mi lascia tregua di sorte. In mezzo ai miei lavori, credo sempre di vedere l’amabile vostro viso, di udire l’incantatrice vostra voce, di assistere all’aggradevole e cara vostra conversazione, in una parola io credo di avere la felicità di bearmi dell’amabile vostra presenza….” Questa prima lettera mi pare già molto intrigante. Tuttavia proseguiamo con un’altra lettera, forse si chiarisce meglio la situazione: “Madamigella, egli è già da lungo tempo ch’io desidero di parteciparvi la viva inclinazione che io sento per l’amabil vostra persona…” (anche qui l’attacco, non c’è dubbio, è elegante; démodé, ma coinvolgente al punto giusto). E proseguendo la lettura si entra nel vivo delle motivazioni della missiva “…epperò, non potendo più oltre tenervi occulta la passione che mi avete ispirata, affido alla mia debol penna l’espressione di un’amore (ahi ahi, quell’apostrofo indebito!) vivo e sincero”. Qui non c’è solo un problema di “inclinazione” , ma ci si spinge verso tematiche fortemente coinvolgenti come “un amore vivo e sincero”. Il passo successivo potrebbe essere agganciare al ponte Milvio il classico lucchetto tipo “Tre metri sopra il cielo”. E già alcuni aspetti risultano così delucidati. Ma ecco infine una terza lettera che mi pare di un certo interesse per la mia ricerca: “Signorina, - e qui siamo già ad un livello moderno e spigliato - voi serbate un silenzio che mi opprime: mio Dio come deggio interpretarlo?… Voi non cercate di lenire le ferite che avete aperte nell’anima mia colla poca premura che vi prendete per rispondermi”. Ora c’è addiritura un rimprovero per non aver risposto tempestivamente ad una lettera (magari consegnata nottetempo da un servo o lasciata mimetizzata in un andito sconosciuto ai più, ma noto ai trepidi corrispondenti). Improvvisamente rientra la cara cuginetta, scorre rapidamente le lettere che sto leggendo sul vecchio libro e mi dice: “Ma guarda quante parole e quanto tempo sprecavano. I messaggini che hai trovato nel telefonino dicono esattamente le stesse cose e magari anche qualcosa in più: Già Vi 1 Vo = ci siamo già visti una volta M S I D T = mi sono innamorato di te C T A C T C = Ciao ti amo, come ti chiami? Ho Bi Di Te = Ho bisogno di te I T A = In tua adorazione Am X Se = Amore per sempre Ma Q Mi Am? = Ma quanto mi ami? O O M = Ora o mai più Ri S = Rispondimi subito Ri S S = Rispondimi subitissimo Ecc. ecc.”. Io resto un po’ interdetta e azzardo: “Ma le sigle che mi hai detto tu cosa sono? Mi hai detto che Luigino ti ha inviato un Ci Ve Po e che non hai tempo per Bla di me e poi hai aggiunto T D P. Cosa significa tutto ciò?” Dopo una franca risata la cara cuginetta rivela: “Ci Ve Po vuol dire Ci Vediamo Poi. Bla significa Parlare. Se ricordi, in quel momento stavo scappando via. Avevo talmente premura che ti ho detto anche T D P ,cioè Togliti Dai Piedi e ora mi scuso per essere stata piuttosto sgarbata. Adesso però abbiamo tempo e possiamo parlare”. A questo punto sono io che non ho più interesse a parlare. Cosa darei per una lettera che cominciasse con “Madamigella”, da leggere nascostamente e tenere poi al sicuro, mcelata agli altri, o per una poesia che mi paragonasse ai neri carboni da accendere al fuoco di una grande passione. Cosa darei per poter partecipare in forma “aggradevole e cara” ad una dolce, lenta conversazione e non dover soltanto rispondere a chi mi invia incomprensibili sigle, digitando, a velocità folle, altre sigle, altri messaggini, altri stereotipati T V B (ti voglio bene), o altri T O Y (Thinking of you), volendo chiudere in tono meno banale una conversazione inesistente. Sono occorsi tanti secoli perchè l’umanità imparasse a scrivere, cercando di fissare in modo sempre più accurato il proprio pensiero: sulle tavolette di legno o di pietra, sui fogli di papiro, sulle pelli conciate, sulla carta e, infine, in pochi anni, eccoci caduti in una finta comunicazione verbale, sclerotizzata e anemica. Pazienza. Risponderò al mio ignoto interlocutore creando nuove sigle, nuove abbreviazioni, dietro le quali nascondere le parole che dai tempi dei tempi gli innamorati si scambiano in prosa, in poesia o anche scrivendo sull’acqua. Note: 1 - Lirici greci. Ed. Dall’Olio 2 - Bertold Brecht. Poesie Ed. Einaudi 1992 3- “Da leggere mattino e sera” Quello che amo Mi ha detto Che ha bisogno di me Per questo ho cura di me stessa Guardo dove cammino e Temo che ogni goccia di pioggia Mi possa uccidere 2009-1 pg 24