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Ragione e sentimento: amici o nemici?

Da recenti studi di neuropsicologia emergono nuovi aspetti sul rapporto ragione – sentimento

In der abendländischen Philosophie wird – und wurde – das Gefühl häufig der Vernunft gegenübergestellt. In diesem Zusammenhang hätte die Vernunft bzw. der Verstand eigentlich die führende Position einnehmen müssen. Das Thema wurde nicht nur im Rahmen der Philosophie behandelt, sondern vielmehr auch in der Literatur, der Musik und der Malerei. In der „Settimana filosofica“ in Brenzone wurde das Thema erneut aufgegriffen.

Miranda Alberti

Ne abbiamo discusso a Brenzone sul Lago di Garda dal 19 al 25 agosto durante una di quelle settimane che l’associazione culturale Nuova Accademia di Bologna in collaborazione con lo Studio Filosofico Domenicano organizza nei cosiddetti luoghi del silenzio, luoghi per meditare, per tornare a guardarsi dentro con l’aiuto di filosofi professionisti del livello di un Massimo Cacciari.
Del sentimento si è tornati a parlare di recente non tanto come ribellione irrazionale al razionalismo imperante del pensiero occidentale, ma anche da un nuovo punto di vista che, dati alla mano, ne riscopre e ne rivaluta la natura intimamente pragmatica e sinergetica ai processi vitali e referenziali dell’uomo.

Nuovi studi di neuropsicologia, infatti, mettono in evidenza la complessità dei processi mentali e l’intensa interazione che questi sviluppano con le emozioni e con i sentimenti. Nei processi creativi (anche di quelli scientifici), nei processi decisionali,per esempio, è impossibile prescindere da quell’intuito che, in ultima istanza, determina le nostre scelte o le nostre scoperte. Rüdiger Vaas scrive. “Spesso si è posta la ragione al di sopra delle emozioni e dei sentimenti … ma dal punto di vista biologico e psicologico è molto più plausibile considerarli partner alla pari. (Der blaue Reiter, p.60)

Ma quale è stata veramente la posizione del pensiero occidentale nei confronti del sentimento?

Risalendo verso le sue origini osserviamo la ferma volontà di separare il pensiero razionale nascente dal caos della fantasia poetica, dalle angosce suscitate dalla tragedia, dal fatalismo impotente, dalla tirannia di divinità capricciose. La metafora di Platone in cui l’anima è raffigurata come un carro tirato da due spavaldi cavalli alati che senza la salda guida dell’auriga non avrebbe nessuna possibilità di avanzare con successo testimonia di una scelta antica che ha messo in mano alla ragione le salde redini del comando, sancendone la supremazia su tutti gli altri impulsi umani. Gli stoici acuirono tale dottrina arrivando a fare del saggio un uomo tutto ragionamento e senza afflizione alcuna. Un apatico, come si volle definire, uno che nulla più sente e desidera, ma che tutto comprende con la sola forza del pensiero. Secoli dopo Cartesio trovò la strada pronta alla sua teoria della separazione netta tra corpo e anima, una separazione che annullava la possibilità mediatrice del sentimento sostituito soltanto da una “ghiandolina” che si trovava, a suo parere, alla base del collo (!).

Insomma siamo nel pieno del trionfo del razionalismo, asso pigliatutto, dell’evoluzione umana e del successo tecnico-scientifico a cui ha portato.

Ma se si va a guardare attentamente fra le pieghe di quella sfolgorante carriera finiremo per scoprire che tutti quei sistemi teorici non potrebbero mai funzionare senza l’apporto del sentimento. Già in Platone è l’amore che, in ultima istanza, sospinge l’uomo a progredire sulla strada della conoscenza e che lui lo identifichi con l’amore per la verità, ciò non toglie nulla al suo vigore erotico. Una ragione senza passione è, di fatto, uno strumento morto che nulla produce e nulla ricerca.

Il sentimento è, nella storia del pensiero occidentale, una presenza assente, un’energia costantemente attiva a cui non si è voluto negare la dignità di un riconoscimento. Una condizione, questa, che le donne ben comprendono condividendone il destino. Presenza assente, assenza presente, è la dialettica che ha accompagnato a lungo la loro esistenza e che ancora oggi non è del tutto superata. Sarà per questo motivo che le donne/filosofe di questo ultimo secolo abbiano voluto, in modi diversi, testimoniare a favore di questa parte dell’anima a lungo trascurata. E la scienza sembra darci ragione!

(2006-4 pg 25)

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