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- Categoria: Cultura
- Pubblicato Lunedì, 06 Dicembre 2010 17:31
Invito alla dèrive (di Debord)
Un’introduzione alle tecniche ed agli artisti della Street Art
Alle, die mit den Begriffen „Street Art“, Post Graffiti“ und „Urban Art“ noch nichts anzufangen wissen, bekommen hier eine Einführung in die kontroverse Welt der Kunst, für die es in Galerien und Ausstellungen keinen Platz gibt. Es ist die Kunst der Straße, welche wir in Form von „Stickers“ und „Stencils“ täglich in unseren Metropolen erleben.
Street art, post graffiti, urban art, comunque si scelga di chiamarlo, questo fenomeno potrebbe non dirvi nulla. Se questo è il caso, ecco una piccola iniziazione al controverso mondo degli interventi grafico-pittorici abusivi che anche gli abitanti più distratti cominciano a notare nelle metropoli. Si tratta di pratiche strettamente legate ai preesistenti graffiti con cui condividono gli spazi ed alcuni aspetti sostanziali quali la traccia segnica come espressione d’identità, la ripetizione ossessiva e l’illegalità. Verso la fine degli anni ’80, primi anni ’90, sono proprio alcuni writer come i newyorkesi Cost e Revs che, acquisita la lezione di Jean-Michel Basquiat e Keith Haring, hanno sperimentato nuove tecniche artistiche in strada. Contemporaneamente anche in Europa si diffondevano logotipi costituiti da elementi figurativi che, cercando un dialogo con la gente, con i passanti, prendevano le distanze dall’autoreferenzialità propria del graffitismo più ortodosso (per lo più indecifrabile). Un’invasione piuttosto discreta che, nonostante la diffusione capillare, richiede un occhio allenato per essere individuata, ben diversa dalle grandi pitture murali che colorano chiassosamente le zone suburbane. Sticker (fig.1) e stencil (fig.2) (per le immagini vedere per favore sul pdf 2008-3 pag 4-) sono le forme di street art più diffuse. I primi sono adesivi di piccolo formato, realizzati in modo professionale, plastificati, prelevati dalle comunità degli skateboarder, dalla grafica dei tatuaggi rockabilly e dal punk rock. Gli stencil invece, sono ricavati dall’incisione di un supporto (i cartoni delle pizze da asporto si prestano particolarmente bene ) con un cutter affilato realizzando così una matrice con la quale si possono stampare le immagini su diverse superfici. Piuttosto diffusi sono anche i wheatpaste (fig.3), sagome ritagliate che prendono il nome di un liquido composto da farina e acqua usato come collante e l’uso del materiale adesivo fornito gratuitamente in molti paesi dagli uffici postali che viene stampato o disegnato. I legami con le nuove tecnologie sono stretti e rendono le possibilità infinite: con programmi di grafica si crea il proprio poster, il logo da stampare su carta adesiva o, magari rielaborando una foto scannerizzata, si dà vita ad uno stancil. Le strade di tutto il mondo si fanno teatro di sorprendenti forme d’espressione: mosaici, disordinazioni segnaletiche (fig.4), ironici ritocchi ai cartelloni pubblicitari (strizzando un occhio al culture jamming) (fig.5) ed installazioni curiose (fig.6-7). Particolarmente divertenti ed ecologici i light graffiti (proiezioni luminose) o i reverse graffiti che si realizzano a colpi di sapone, spugna ed olio di gomito nei tunnel (dalla “galleria d’arte” all’arte in galleria). La voglia di emulare cresce perché è estremamente difficile esprimere capacità artistiche attraverso canali ufficiali mentre in questo modo si può lanciare un messaggio nella bottiglia, provare la sensazione di trasgredire o quella di appartenere a un gruppo che, per quanto indefinito, rappresenta un tentativo di comunicazione alternativa. Inoltre su internet si possono rintracciare informazioni sui lavori individuati in strada e risalire ai realizzatori che spesso hanno web page intitolate ai loro pseudonimi mentre gli appassionati possono acquistare magliette e spille degli street artists meno fedeli agli ideali no profit. L’anonimato è protetto ma ci si apre a nuovi contatti e si appaga la voglia di essere riconosciuti. Infatti se per Oscar Wilde “rivelare l’arte senza rivelare l'artista, è il fine dell’arte” per gli street artist rivelare il proprio nome significa essere legalmente perseguibili e, anche se spesso l’identità dei più famosi è nota, su altri aleggia ancora il mistero. Non dimentichiamo che è sempre la rete a fare si che la street art sopravviva: paradossalmente la fotografia è tutto ciò che resta di un lavoro riproducibile all’infinito; ogni intervento urbano infatti ha un suo luogo ed un suo tempo, risultando perciò irripetibile ed inseparabile dal suo contesto, proprio come piaceva alle avanguardie. La moltitudine di personaggi che popolano la scena dell’urban art ha modalità spesso in antitesi, ma tra essi vi sono innegabilmente figure trainanti, con consapevolezze maggiori che spiccano per capacità tecnica e personalità che si esprime in lavori innegabilmente artistici, come le creazioni oniriche dei gemelli Osgemeos, le imprese rocambolesche (tra cui incursioni nei musei) dell’affermato Bansky, i ritagli pazienti e delicati di Swoon, il genio di Ericailcane e, se non siete ancora convinti, saranno i ricercati trompe l’oeil di Dan Witz a farvi capitolare (fig.8). Nel confuso fermento odierno dipanare questioni spinose come l’inserimento del fenomeno street art nel panorama artistico non è facile, ma intraprendere una passeggiata senza meta divertendosi a trovare parte dei tasselli ironici che lo compongono sì. Girovagando a Monaco, ad esempio, ho trovato alcuni stancil di Sucht (molto attivo e conosciuto in città- foto 9 e 11), riproduzioni di scimmie un po’ inquietanti nella zona universitaria, qualche piccolo sticker firmato Senor B ed uno, anonimo, che censura misteriosamente l’omino sulle strisce pedonali del segnale stradale (foto 10). Aguzzate la vista. 2008-3 pag 4