- Dettagli
- Categoria: Cultura
- Pubblicato Lunedì, 06 Dicembre 2010 10:33
Filippo Lippi
Prato ed uno dei suoi artisti più prolifici: Filippo Lippi, tra passione amorosa ed arte
Im 15. Jahrhundert war der Maler Filippo Lippi (auch Fra Lippo Lippi, * um 1406 in Florenz, † um den 8. Oktober 1469 in Spoleto) in italienischen Städten tätig. Mit seiner Kunst begeisterte er seinen Meister Tommaso Cassai, genannt Masaccio und einer der bedeutendsten italienischen Maler der Frührenaissance, ebenso wie König Alfonso, die Medicis und Papst Eugenio IV. Mit dem Namen Filippo Lippi sind die Gemälde des Doms von Prato, der Kirche von Sant’Ambrogio und Santa Croce in Florenz verbunden. Angeblich war sein Leben durch seine Leidenschaft zu Frauen und Affären geprägt.Leonardo Chen
Prato è una città industriale, la più grande produttrice di tessile in Italia. È una città dalla popolazione cosmopolita, che annovera una comunità straniera ed una piccola Chinatown. Purtroppo oggigiorno Prato non è considerata un centro turistico, sebbene non manchino monumenti storici ed artistici. Nel Medioevo era città importante per la difesa di Firenze, veniva definita infatti la “porta” della Repubblica Fiorentina. Chi riusciva a conquistare Prato diveniva padrone di Firenze, così come fecero i francesi nel ‘500. A Prato operò il pittore Filippo Lippi, in particolare nel Duomo, considerato il suo capolavoro. Filippo Lippi nacque a Firenze nel 1406; la madre morì dopo il parto e il padre Tommaso, macellaio di Firenze, morì quando Filippo aveva due anni. Il piccolo fu affidato alle cure della zia paterna, Mona Lapaccia. All’età di otto anni, la zia lo fece entrare nel convento deiCarmine, affinché ricevesse un’ istruzione e diventasse poi frate. Invece di dedicarsi agli studi, il piccolo Filippo preferiva passare il tempo disegnando sui quaderni che avrebbe dovuto usare per scrivere. Il priore si risolvette allora nel dargli l’opportunità di imparare l’arte di dipingere e lo mandò da Masaccio; questi all´epoca stava lavorando alla cappella dei Carmine. In poco tempo il giovane Filippo riuscì ad imparare così bene il mestiere di pittore che il maestro Masaccio lo lasciò dipingere da solo le figure di San Marziale e di San Giovanni Battista. Una volta che la Natività fu terminata, Cosimo de’ Medici mostrò l’opera a Papa Eugenio IV, che ne rimase entusiasta e impiegò Filippo presso alcune chiese nei dintorni di Firenze e di Fiesole. Dopo Firenze Filippo fu mandato a Prato, per dipingere le mura del Duomo. Le scene da rappresentare erano la Cena di Erode e la Decapitazione di Giovanni Battista. Filippo richiese una modella per dipingere la Madonna e venne scelta una monaca di nome Lucrezia, figlia di Francesco Buti di Firenze. Mentre la ritraeva, Filippo se ne innamorò e, dopo aver finito l’opera, se ne andò da Prato con l’amata e la sposò. Dal matrimonio nacque un figlio, Filippo, detto anche Filippino, il quale diventò a sua volta un grande artista. Il ritratto di Lucrezia si trova oggi nella chiesa di S. Francesco a Prato.
Secondo il Vasari, Filippo fu mandato all’età di 17 anni dal suo maestro a lavorare nelle Marche, vicino ad Ancona; un giorno, mentre era in barca con alcuni amici, fu catturato dai pirati e trasportato in catene in Marocco, dove venne venduto come schiavo. Dopo circa 18 mesi di duro lavoro il ragazzo ebbe occasione di fare un ritratto del suo padrone; l’uomo ne fu così entusiasta che decise di affrancarlo e lo mandò a Napoli per fare un ritratto di re Alfonso, allora duca di Calabria. Dopo aver dipinto la cappella del castello del re, Filippo tornò a Firenze, dove realizzò una tavola nella chiesa di Sant’Ambrogio.
La tavola fu vista da Cosimo de’ Medici, al quale piacque così tanto che questi fece lavorare l’artista nella chiesa di Santa Croce e gli fece dipingere una scena della Natività nella cappella di Casa Medici. Sempre secondo il Vasari, Filippo era un grande amatore e a volte si assentava dal lavoro per giorni interi a causa della sua passione amorosa. Per essere sicuro che si dedicasse al lavoro, Cosimo de’ Medici lo rinchiuse in casa. Dopo due giorni di lavoro intenso Filippo tagliò a strisce un lenzuolo e riuscì a calarsi dalla finestra; tornò solo una settimana dopo. Cosimo de’ Medici non se ne ebbe più a male e da quel momento lasciò Filippo uscire e rientrare a piacere.
Nel 1437 Cosimo de’ Medici chiese a Filippo di dipingere per la comunità di Spoleto: questi cominciò a lavorare alla cappella della chiesa principale, ma non poté portar a termine il lavoro in quanto venne avvelenato da alcuni parenti della donna da lui amata, come scrive il Vasari, “essendo tanto inclinato a questi suoi beati amori”. Morì dunque nel 1438 a Spoleto all’età di 57 anni, lasciando il figlio, di 10 anni, alle cure del vecchio amico dall’epoca del noviziato Fra’ Diamante del Carmine e del suo allievo Sandro Botticelli; questi scolpirà poi il marmo della tomba dell´artista nella chiesa di Spoleto.