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- Categoria: Cultura italiana a Monaco
- Pubblicato Mercoledì, 08 Dicembre 2010 10:27
Tra le rive del Tevere e i prati dell'Holledauer
Intervista all’artista romano Antonio Cigna
Seit über 25 Jahren lebt und wirkt der Römer Antonio Cigna in Bayern. Sein besonderes Interesse galt stets dem Klassizismus, welcher sich auch in seinen Werken widerspiegelt. Er verfeinerte seine Techniken und bereicherte sie in seinen Grundelementen, behielt aber dennoch immer die wesentlichen Grundzüge bei. Das Ergebnis ist der „Magische Realismus“, den ihn bereits Luciano Arcella bestätigte.
Gianni Minelli
„Im Magischen Realismus wird die Gegenwart in eine einzige Realität eingeschlossen. Er verwandelt sie in einen nicht zu durchlaufenden Raum, in einen Zeitabschnitt, der
geschichtlich nicht einzuordnen ist; das zeigen insbesondere Cignas Bilder, wie „Piazza
Antica“, die sowohl von ihrer eigentlichen Ungebung als auch von ihrer Aktualität losgelöst sind, eingetaucht in wässriges Licht, ein Raum ohne menschliche Elemente, da er in seiner Dichte undurchdringbar ist“. (Prof. Piero Roselli)“
INTERVenti (IV): La domanda di rito, Antonio. Da dove, quando e perché sei venuto in Germania?
Antonio Cigna (AC): Sono venuto da Roma. Perché? Perché sono un “vagabondo dell’arte”. L’artista infatti è sempre un po’ vagabondo, sempre alla ricerca di nuove esperienze. Mi è capitata l’occasione e l’ho presa al volo. Era previsto che sarei rimasto solo un anno, ed invece ne sono passati già 25.
IV: Perché sei rimasto così a lungo?
AC: Soprattutto perché ho riconosciuto un’identità comune tra la cultura bavarese e quella romana. E qui ho potuto lavorare ricercando questi valori comuni. Nei primi tempi mi sono infatti occupato dello studio artistico di alcune fontane dei centri bavaresi come Monaco, Augusta, Ratisbona e Norimberga. Il tempo per questa ricerca, i contatti e la produzione artistica mi hanno occupato per moltissimo tempo. E gli anni passano così senza accorgersene, perché un artista impegnato non ha tempo neanche per rendersene conto.
IV: Parlaci allora della tua attività artistica, come hai cominciato e quanto è importante ora per te.
AC: Ho cominciato molto presto. Probabilmente sono nato con in mano matita e foglio di carta. E poi ho sempre curato questa passione, anche durante i miei studi di applicazione delle tecnologie nucleari all’Istituto Sperimentale Enrico Fermi di Roma. Infatti nel pochissimo tempo libero la sera o, per meglio dire, la notte frequentavo la Scuola del nudo e gli studi di alcuni artisti da cui ho potuto apprendere le più disparate tecniche. E quindi la mia vita si svolgeva sempre tra via del Babbuino, via Margutta, piazza di Spagna, piazza Navona ed il Pantheon. A proposito, ho riconosciuto su di una foto di Trinità de’ Monti, pubblicata sulla vostra rivista, quell’angoletto dove veniva spesso ad incontrarmi de Chirico, quando esponevo. Come mi vedeva, scendeva dalla sua mansarda, con i suoi capelli “bianco-candido”, curatissimo, sempre con il suo vestito color marrone bruciato. Sembrava che avesse solo quello... Non me lo posso mai dimenticare, soprattutto per le sue parole di apprezzamento e di incoraggiamento.
IV: Quali sono le tecniche che adoperi?
AC: Per quanto riguarda la mia produzione artistica posso dire che adopero diverse tecniche. Dopo quarant’anni di professione penso di dominare quasi tutte le tecniche pittoriche.
IV: E le fontane?
AC: Ne avevo già disegnate alcune a Roma e poi ho continuato questa serie anche qui. In occasione di una grande manifestazione organizzata dalla ditta Hertie “Alle Wege führen nach Rom” (io invece ho fatto all’incontrario, verso la Baviera) sono stato invitato a preparare una mostra: “Roma tra sogno e realtà”. Infatti per l’anniversario dei duemila anni di Augusta il signor Naßwetter, un rappresentante della ditta Karstadt, mi ha incaricato di creare una composizione proprio per celebrare questo avvenimento. Ed allora ho realizzato in sanguigna la Augustusbrunnen, che è diventata il motivo principale dell’intera serie di composizioni. Oltre alla già citata fontana ho ritratto anche le altre che, secondo me, sono l’aspetto più bello e i veri “personaggi” di Augusta. Basta vedere la Maximilianstrasse che parte dalla Rathaus (Palazzo del Comune ndr) con la Augustusbrunnen e, più in là, la Herculesbrunnen e la Merkurbrunnen. Come anche a Norimberga, dove c’è la Tritonenbrunnen in pietra porosa, costruita 30 anni dopo l’omonima fontana romana del Bernini.
La mia tecnica di disegno è una riproposta delle sanguigne del Rinascimento in chiave moderna e con un affinamento tecnico: infatti applico la tecnica usata dagli scultori, cioè estrarre anziché aggiungere, mediante la gomma per cancellare. Per cui mi sono sentito quasi in dovere di riproporre queste forme artistiche, risultato di anni di studio e lavoro continuo. Soprattutto perché l’anima di noi e la cultura creatasi in migliaia di anni di storia non si cancelli e sacrifichi in nome di un modernismo o “pseudo-tale”. Perché se si cancella la memoria non si può costruire più nulla.
IV: Quali sono i tuoi rapporti con la comunità italiana di Monaco? Hai molti amici tedeschi?
AC: Innanzitutto io non faccio una grossa differenza tra tedeschi e italiani. Per me sono importanti i valori ed io semmai distinguo solo tra chi li possiede e chi no. Questi valori, che io cerco nell’arte e nella vita, creano naturalmente amici e non-amici. Diffidenza e discriminazione ci sono soltanto per quanto riguarda l’aspetto economico delle attività, mentre nell’aspetto culturale la via è più libera. Anzi un motivo che mi ha convinto a rimanere qui è stato questo amore dei bavaresi in particolare, ma anche di tutto il popolo germanico, per il classicismo. Non ci scordiamo che la Nuova Residenza di Monaco, la Chiesa dei Teatini e tanti altri edifici sono stati costruiti o abbelliti con il contributo di artisti italiani. A Monaco ho tanti amici e conoscenti italiani. Colgo l’occasione per ricordare l’amico Procida, purtroppo da alcuni anni scomparso, che ha avuto la volontà e la capacità di creare un avamposto della gastronomia italiana a Monaco. Parliamo degli anni ‘80 e ’90. I successori non ne sono stati all’altezza e non sono riusciti a dare la giusta immagine alla gastronomia italiana. Ed infatti oggi essa è meno considerata causa anche la globalizzazione ma soprattutto perché non c’è quasi più nessuno che la fa con l’animo dell’artista, necessario come nella musica e nella pittura. Anche per questo sarebbe necessario adesso rivedere la posizione delle istituzioni italiane, come ad esempio dell’Istituto Italiano di Cultura, che ho sempre considerato fondamentale per la promozione dalla cultura italiana all’estero. Io ero stato definito il “cavallo di battaglia” dell’Istituto per le molteplici manifestazioni ad altissimo livello che ho organizzato in Baviera come in Italia. Queste manifestazioni avevano una forte eco sui mass media locali e nazionali, dando spunto a recensioni e critiche: a me come ad altri artisti italiani erano dedicati ampi spazi e intere pagine sui giornali più importanti, servizi radio e televisivi.
IV: Ritieni che le istituzioni italiane diano abbastanza spazio alla cultura italiana locale di qui?
AC: Purtroppo non più. Nel passato c’era questa possibilità, ma non c’erano i mezzi che ci stanno oggi. A questo proposito debbo dire che lo scorso anno mi sono rivolto alle associazioni italiane di Monaco, organizzando un incontro al Comune di Monaco e coinvolgendo anche il Consolato Italiano, al fine di trovare una soluzione condivisa a tanta dispersione ed isolamento. Negli ultimi dieci anni c’è stato un forte declino dell’immagine degli italiani in Baviera. Si svolgono solo piccole iniziative private le quali non acquistano però un’importanza tale da attrarre l’attenzione dei media bavaresi. Anzi negli ultimi anni questi ci hanno proprio “mollato”, come si dice a Roma.
IV: Che potrebbero fare le istituzioni per favorire la cultura italiana in Baviera?
AC: Innanzitutto chiarezza, applicando il concetto della meritocrazia per i contributi alle associazioni operanti in Baviera ed escludendo quelle create con arroganza da “minestrari ed ortolani” che non si preoccupano dell’interesse comune. Secondo me è necessario organizzare annualmente una manifestazione con la partecipazione di tutte le associazioni, con la supervisione del Consolato e dell’Istituto Italiano di Cultura, privilegiando le città bavaresi che sono gemellate con comuni italiani e dando vita ad una serie di iniziative per riguadagnare quell’immagine dell’Italia che molto interesse ha creato nei media.
IV: Tu sei il presidente ed il fondatore di” Pro Europa Una e.V”. Puoi parlarci un poco di questa associazione?
AC: Si tratta di un vero e proprio movimento culturale non solo locale ma a livello internazionale nato sotto i simboli dell’uva e del luppolo. Dalla cultura di queste piante nascono le bevande più diffuse nel mondo che sono il vino e la birra. Questi simboli esaltano soprattutto i valori comuni: anche qui infatti, come da noi in Italia, gli aspetti culturali ed artigianali più importanti sono regionali e sono soprattutto basati sulle tradizioni del mondo agricolo. La nostra associazione organizza regolarmente la “Festa dell’Uva e del Luppolo” attraverso la quale cerchiamo di favorire incontri e di divulgare e rispettare i nostri valori etici e culturali. Solamente preservando questi valori e tradizioni si può arrivare secondo me ad una vera integrazione europea.
IV: Cosa ne pensi dell’Italia di oggi? Sogni anche tu di tornare tra i bei colli di Roma?
AC: In verità anche se sono nato a Sabaudia, vicino a quel mare meraviglioso, sono romano a tutti gli effetti. Mi chiedi se desidero ritornare… Io non ho mai interrotto i miei rapporti con l’Italia. Per me, che viva qui o a Roma non cambia niente perché… è solo un salto, come si dice. Ci vogliono solo un’ora e un quarto con l’aereo. Mi sento insomma come in Italia, e Roma sta qui, la mia Roma sono io. L’unica cosa di cui mi rammarico, quando vado giù, è che la mia città diventa sempre più “straniera” perché c’è un forte flusso di persone, di genti e di cose che cercano di deformarla. Non ritrovo più l’atmosfera romana: la stanno cancellando in nome di un’economia non so di quale tipo, che si preoccupa della globalizzazione e, con tutto il rispetto, delle feste africane, indiane, cinesi, e così via.
Ma non bisogna cambiare a discapito della cultura e tradizione romane. Un giorno qualcuno ci spiegherà perché negli ultimi dieci anni certi politici hanno distrutto completamente lo spirito di questa città. Non è possibile che non ci siano manifestazioni di livello e trasmissioni dedicate ad esempio a Trilussa o a Belli, o alle tradizioni e alla lingua romana, mentre qui, in Baviera, è stata addirittura fondata un’Università della lingua bavarese. Io sostengo che queste tradizioni non debbano scomparire poiché dall’amore della cultura del proprio paese si può sviluppare la nostra Europa.
IV: Insomma non devi per forza tornare a Roma?
AC: No, poiché io sono sempre a Roma, anche quando sono a Pfaffenhofen. Hai visto oggi, quando mi hai detto che non avevi tempo di rimanere a pranzo? Ho fatto “prepara’ du’ tramezzini”. Cioè io “magno” romano, vivo romano, oppure mangio bavarese e vivo bavarese. E poi guarda, ho lo scudetto della Lazio sulla finestra, quindi come fa a mancarmi la mia terra? Io già la mattina quando mi sveglio dico: forza Lazio e viva Roma caput mundi!
(2009-3 pg 4)