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“Imparare la vita”

Intervista a Sante Recca

Der Künstler aus Senigallia (Provinz von Ancona / Marken) lebt seit fast 30 Jahren in München, das er als seine zweite Heimat bezeichnet. Recca arbeitet in verschiedenen Bereichen der Kunst, wie Skulpturen schaffen, Keramik und Malerei, schreibt Gedichte und macht Musik. „Zentrales Thema meines Schaffens ist der Mensch in seinem Verhältnis zu Natur und Gesellschaft. Mit meinen Arbeiten will ich den Verlust der Verbindung zwischen Körper und Geist darstellen. Meine Kunst verstehe ich als experimentelle Suche, als ein Lernen: Das Leben lernen“

Gianni Minelli

Siamo andati a trovare Sante Recca nel suo attrezzatissimo atelier di Gräfelfing presso Monaco, dove l’artista crea le sue sculture con diversi materiali, tra cui l’alabastro ed il marmo, lavora la ceramica e dipinge. Recca ha pubblicato anche due libri di poesie, organizza serate musicali in alcuni locali di Monaco, dove canta e suona la chitarra, e fa parte della ristretta cerchia degli artisti italiani di Monaco professionisti.

 

INTERVenti (IV): Sante, raccontaci un po’ di te. Che cosa ti ha portato in Germania?
Sante Recca (SR): Sono nato nel ’49 a Senigallia, in provincia di Ancona. In Germania sono venuto per la prima volta nel ’79: allora ebbi l’opportunità di presentare a Ismaning una mostra di fotografie. La mostra ebbe successo e trovai subito molta risonanza alla mia attività artistica. La Germania mi piacque molto e poi m’innamorai, così che rimasi qui fino all’’85, quando tornai di nuovo in Italia.

 

(IV): Ancora non era venuto il momento per rimanere definitivamente?
(SR): Infatti, ma non tornai a Senigallia, dove ho ancora tutta la mia famiglia, ma a Fano. Qui continuai la mia attività artistica mentre la mia donna aveva aperto in questa città un negozio di scarpe.

 

(IV): Ma il richiamo dal nord si fece poi risentire?
(SR): Sì. A Fano, dove nacque mio figlio, siamo rimasti cinque anni. In Italia la situazione era molto precaria (non che adesso però sia molto meglio) e allora abbiamo pensato che proprio per il bambino fosse meglio tornare in Germania, dove avrebbe potuto studiare ed imparare un mestiere, essendo inoltre la madre tedesca. La seconda ragione è che in Italia io mi sono sentito abbastanza vecchio.

 

(IV): Cioè?
(SR): In Italia c’è un’altra mentalità. Lì quando sei sposato ed hai una certa età, anche se magari hai solo 35 anni, sei considerato vecchio. Qui invece sono meno categorici. Forse giocava anche un ruolo il fatto che Fano sia una città molto più piccola di Monaco. Qui infatti ti senti un po’ più anonimo. Io ricordo che facevo sempre questo paragone: allora giocavo a pallavolo e quando andavo a giocare in Italia mi facevano sentire come il vecchietto, invece qua ti accettavano per quello che eri, perché giocavi e basta. Ma anche per l’arte. Infatti le stesse opere che allora vendevo qui per 1.500 marchi in Italia le dovevo vendere per 200. Insomma c’erano abbastanza ragioni per poter tornare quassù. E poi la mia donna voleva tornare al suo lavoro di sociologa.

 

(IV): Noi ti conosciamo più che altro per la tua attività artistica figurativa. Ma tu scrivi e fai musica, anche.
(SR): Sì, scrivo poesie, specialmente sulla vita e sull’amore, e da poco ho iniziato a scrivere un romanzo, che sinceramente al momento riesco solo a portare avanti a stento perché il tempo non mi basta per fare tutto. Forse faccio troppo. E poi vado un po’ a periodi: ho quello per l’arte, quello per la musica e quello per scrivere. Per cui, penso che prima o poi arriverà anche il periodo per finire il romanzo.

 

(IV): E la musica?
(SR): La musica l’ho fatta da sempre, è una cosa che mi riempie l’animo. Quando per esempio sei un po’ depresso, prendi la chitarra in mano e questo ti rimette in vita. Ho iniziato a suonare in un gruppo quando avevo 14 anni, facevamo la musica in voga negli anni ’60 e ’70, rock e queste cose qua. Allora suonavo il basso, poi ho imparato la chitarra e più tardi anche il sassofono. Mi sono sempre detto che la musica per me è come una terapia. E così non c’è bisogno che venga da te, me la faccio da solo, capito, ‘sta terapia, e mi aiuta veramente molto.

 

(IV): Suoni anche in pubblico?
(SR): Sì, mi piace moltissimo suonare in pubblico, infatti l'apprezzamento della gente mi dà molta forza. E ne ho bisogno per fare tutte le cose che desidero, sennò non viene fuori niente.

 

(IV): Torniamo alla tua attività artistica figurativa. Non solo dipingi ma lavori con diversi materiali come il legno e il bronzo. Qual’è il materiale che ti è più congeniale?
(SR): Anche in questo vado un po’ a periodi. Ci sono dei periodi ad esempio in cui mi concentro in particolare sul legno. Però mi piacciono tutti i materiali, perché per potersi esprimere si può usare di tutto. Perfino con la carta ti puoi esprimere, dipende da quello che ci fai. Ci sono periodi nei quali mi dedico soprattutto all’alabastro, oppure alla pittura o alla ceramica. Insomma

dipende da come mi sento. Ancora non ho trovato il materiale a me più congeniale.

 

(IV): Quindi il tuo scopo è quello di imparare e migliorare fino a raggiungere il risultato migliore.
(SR): Sì, imparare. Che poi è come la stessa vita. Da quando nasci è sempre un imparare. Non si smetterà mai. Finché non arrivi alla “livella”, come diceva Totò.

 

(IV): Nel tuo sito web leggiamo che nei tuoi lavori cerchi sempre di “rappresentare la perdita del contatto tra la mente ed il corpo nella ricerca dell’armonia e dell’unione”. I soggetti delle tue opere sono soprattutto soggetti umani: anche in questo la ricerca consiste nel riuscire a mettere in contatto le persone?
(SR): Sì. Io cerco di far incontrare e ritrovare la gente, perché mi sembra che la gente si sia persa. Non so, mi sento così e penso che per tutti gli altri sia anche la stessa cosa. La gente è sola, siamo soli. Quando scrivo m’immergo in un mondo tutto mio, non sono più qui, sono in un mondo che costruisco come vorrei che fosse, dove l’amore è fondamentale. Noi viviamo troppo sul materiale e forse manca proprio quest’amore. Ed è per questo che, penso, la gente non si ritrova. Quando scrivo ci metto sempre l’amore. E mi sento così bene quando scrivo... guarda che è ‘na roba fantastica! Io sono via da tutto, non vedo più niente. Anche se sono in un bar… Perché mi capita di scrivere dappertutto, mi basta un pezzetto di carta. Io ho scritto anche una poesia che ho dedicato alla penna e ad un tovagliolo. Perché un giorno ero in un bar e mi sono messo a scrivere su di un tovagliolo…

 

(IV): Tieni anche corsi di ceramica e di scultura dell’alabastro?
(SR): Sì, è da tempo che faccio questo genere di corsi, di solito qui nel mio atelier. E di tanto in tanto ci partecipano anche due italiani. Siccome però quando mi metto a scolpire comincio contemporaneamente tre cose, non una, nell’atelier ho di solito un bel casino. E allora non mi piace se poi viene gente… Quindi prima mi occupo delle mie cose e poi quando ho un po’ di tempo ed ho messo a posto, allora mi dedico all’insegnamento. Ho insegnato anche in una scuola d’arte a Kufstein, esperienza che mi è piaciuta moltissimo.

 

(IV): Qual è l’attività artistica che preferisci?
(SR): Penso che sia la scultura. La scultura mi piace perché tu già vedendo una pietra t’immagini la vita che c’è dentro. Io vado a procurarmi le pietre a Volterra, in particolare gli alabastri. Conosco un tale che possiede una cava: lui mi porta lì sulla cava e osservo le pietre… e vedo subito quello che già c’è dentro e quello che ne verrà fuori. Insomma vedo la vita che è contenuta nel materiale. E questo mi piace moltissimo, perché in effetti è la natura l’artista più bravo: ci sono delle cose fantastiche che l’uomo non riuscirà mai ad eguagliare.

 

(IV): Consideri la Germania la tua seconda patria? Quali rapporti hai ancora con l’Italia?
(SR): Negli ultimi tempi mi sono reso conto che vado in Italia solo in vacanza. Là ancora ho tutti i parenti, tutti e sette i fratelli e mia figlia, che vive ad Urbino, e lei ha fatto anche un po’ d’arte. Mia figlia è nata a Londra, dove ho anche vissuto, e poi è andata a vivere in Italia. Mio figlio invece è nato in Italia e vive adesso in Germania. Io penso che questa è una cosa bella oggigiorno, perché loro parlano un paio di lingue e si sentono già europei. Perché oggi ci dobbiamo sentire europei. Io qui in Germania ed in particolare a Monaco mi sono trovato subito molto bene. Specialmente con la gente che considero un po’ come gli italiani del nord. I primi anni in cui ero qui sentivo sempre da altri italiani parlare di discriminazione da parte dei tedeschi. A me non è mai capitato né sono mai stato trattato male. Quindi più di questo cosa vuoi? Forse mi sono sentito meglio qui che in Italia. Per me Monaco e la Germania sono la mia seconda patria ed alla fine ho quasi vissuto più qui che in Italia. Quindi non so se mi devo sentire tedesco o italiano. Quando io dico a mio figlio “sei tedesco” lui s’arrabbia, sebbene abbia vissuto solo due anni in Italia. Io invece qualche volta mi sento “anche” tedesco. Quando ora torno in Italia però non la sento più come la sentivo prima. Anche la gente mi sembra cambiata. Forse non ho più l’obiettivo di ritornarci. Posso vivere qui ma potrei vivere anche là, forse potrei vivere dappertutto. Che poi, penso, dipende sempre da te stesso e da come riesci ad adattarti nei diversi ambienti.

 

(IV): Tu sei ormai da diversi anni attivo sulla scena artistica di Monaco che conosci molto bene. A Monaco vi sono diversi artisti italiani. Quali sono i rapporti tra di loro?
(SR): Non penso che ci siano tanti rapporti tra di loro. Gli artisti italiani non si vedono, non si trovano, non s’incontrano. Quello che sempre mi chiedo è: ma perché non lo fanno? Visto che non siamo tanti, se ci mettessimo insieme potremmo fare molto di più. La mentalità è un po’ cambiata: la cultura è vista come: “pensa per te e pensa a campare”. E poi c’è la gelosia. Ma perché? Quello riesce a fare mostre lì, ma perché lui sì e io no? Io ho rapporti soprattutto con Enzo Arduini e con pochi altri. Ma mi trovo bene con tutti. Perché poi faccio le mie cose, Enzo viene da me ed io vado da lui. Alla fine vieni sempre influenzato. Ci sono degli amici che sono andati a vedere una mostra di Enzo e hanno pensato che fossi io ad esporre perché hanno visto un suo pezzo che era simile ad uno mio. Perché probabilmente l’influsso c’è: lui viene da me a cuocere le sue ceramiche e naturalmente si guarda in giro. Quando vado da lui anch’io mi guardo in giro. Penso che questa sia una cosa normale. A me non dispiace che lui si prenda un’idea e la faccia a modo suo; io poi prendo un’idea da lui e la faccio a modo mio. Per questo a me della gelosia non importa assolutamente niente. Perché penso che quello che tu puoi fare lo fai lo stesso. Quindi non puoi dire: “ah, lui mi copia!” Pensa che un altro nostro amico artista, quando Enzo era andato a trovarlo in studio, non l’ha fatto entrare perché aveva paura che avrebbe potuto copiare.

 

(IV): Dalle istituzioni italiani di Monaco arriva appoggio od aiuto a voi artisti italiani?
(SR): Assolutamente niente di niente. Io ci ho provato un paio di volte, però non ho assolutamente avuto alcun riscontro. Anzi ogni volta che vai a chiedere qualcosa ritorni via frustrato proprio come se avessi preso un pugno in faccia. Quindi anch’io ho imparato a non andarci più, a non chiedere più niente.

 

(IV): Cosa pensi che potrebbe aiutare gli artisti italiani di Monaco?
(SR): Vengono invitati artisti dall’Italia, ma per quelli che vivono qui c’è bisogno di spazi espositivi, specialmente per gli artisti non professionisti. Soprattutto quelli che non sono ancora conosciuti non vengono aiutati per niente. Le istituzioni dovrebbero prendere per mano questa gente e aiutarla e accompagnarla un po’, specialmente all’inizio, mettendo loro a disposizione posti per fare mostre o aiuti economici. Io ribadisco sempre la stessa cosa: l’amore è la cosa più importante, anche da parte delle istituzioni.


Info: www.sante-recca.com


2008-3 pg 33

 

 

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