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- Pubblicato Mercoledì, 13 Marzo 2013 17:15
Figli di un dio minore
Approvata dal parlamento tedesco la riforma della potestà dei genitori non sposati.
Das Sorgerecht für nicht verheiratete Eltern wurde durch den Bundestag neu geregelt. Die Position der Väter wird künftig gestärkt. Kritiker der neuen Rechtsprechung äußern ihre Bedenken und stellen die Verfassungsmäßigkeit in Frage.
Monaco, 19 marzo 2013.
In Germania i figli di coppie non sposate nascono sotto una cattiva stella. Il parlamento ha da poco approvato la riforma della potestà genitoriale sui figli nati da genitori tra loro non sposati. Molti, a cominciare dalla stampa, hanno accolto la nuova legge con favore e l’hanno persino definita un evento storico nella storia del diritto di famiglia tedesco. La riforma infatti ha corretto una norma che era stata dichiarata discriminatoria e anticostituzionale. Ma la correzione introdotta non merita alcuna lode, tutt'altro: essa è incompleta e non rimuove affatto disparità e anomalie. Col risultato che la nuova legge continua ad essere discriminatoria e anticostituzionale. Vediamo.
Con la nuova legge un padre che voglia esercitare la potestà e non ottenga l’assenso della madre potrà farne richiesta al giudice. Basterà una semplice domanda. Il giudice notificherà la domanda alla madre e, se questa entro sei settimane non si opporrà con motivi gravi per la salute e l’interesse del minore, conferirà la potestà anche al padre. Il tutto avverrà senza coinvolgere lo Jugendamt (i servizi sociali, ndr) e senza convocare e ascoltare i due genitori. Insomma ottenere la potestà si tradurrà in una procedura burocratica fatta di comunicazioni e notifiche scritte. Semplicemente. Velocemente. Banalmente. Che bello, direte.
E invece non è bello per niente e la nuova legge non può essere definita una vera riforma. Nella sostanza essa lascia inalterata la disparità tra i genitori: se un bambino nasce da una coppia non sposata - cosa che statisticamente in Germania accade in un terzo dei casi - è solo la madre che riceve inizialmente la potestà. Si tratta quindi di una riforma incompiuta che lascia un profondo senso di amarezza e di delusione per una ingiustizia troppo a lungo perpetrata. Una ingiustizia che non può essere rimossa con il colpo di spugna rappresentato dalla semplificazione della nuova legge. Con essa si è solo passati da un estremo all’altro: prima la negazione poi la banalizzazione dell'importanza del significato del rapporto padre-figlio. Questo rapporto trova nel diritto naturale la sua ragione d'essere. Esso si manifesta attraverso la coesistenza di due fattori non coercibili, interdipendenti e inscindibili: l'amore e la responsabilità. Fattori che non sono appannaggio esclusivo delle madri.
Anche i padri sono in grado di svolgere il loro ruolo sulla base dell'amore e della responsabilità. Questa loro attitudine la formalizzano fin dalla nascita del proprio figlio attraverso un libero quanto potente atto di volontà, quello che compiono col riconoscimento della paternità. È al compimento di tale atto che la nuova norma avrebbe dovuto subordinare la potestà e non alla mediazione di un giudice. Perché nessun giudice può conferire a un padre un diritto che già gli appartiene in virtù della legge naturale universale. Può eventualmente toglierglielo, nel caso ciò si renda necessario per il bene del minore, ma ciò rientra nel diritto positivo che ben altra cosa è rispetto al diritto naturale. Questo è contemplato dalla stessa Costituzione tedesca: “la cura e l'educazione dei figli sono un diritto naturale dei genitori e loro precipuo dovere” ... “la legge assicura ai figli naturali le stesse condizioni dei figli legittimi” (Articolo 6). Lascia sgomenti che anche con la nuova legge il diritto naturale sancito dalla Costituzione sia automaticamente riconosciuto soltanto alle madri, mentre ai padri continua ad essere negato a priori.
Peccato, la Germania avrebbe potuto compiere un salto di qualità dandosi una legge moderna in linea con la maggior parte dei Paesi europei. E invece ha preferito partorire una legge iniqua e offensiva della dignità della persona. Una legge che ancora incorpora le anomalie della norma precedente, il paragrafo 1626a del codice civile tedesco, dichiarata prima discriminatoria dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (2009) poi anticostituzionale dalla Corte Costituzionale (2010). Peraltro questa norma, in vigore dal 1998, era stata varata per correggere la legge precedente che pure era stata dichiarata non conforme alla Costituzione.
Come si vede la serie di leggi incostituzionali riguardanti il tema della potestà dei padri naturali è lunga e sembra non aver fine. Una serie che esprime un accanimento politico-giuridico che ha avuto ed ha effetti sull'intera società e di cui ne fanno le spese soprattutto loro, i più deboli e indifesi, figli evidentemente di un dio minore: i bambini nati da genitori non sposati.
In queste ultime settimane grande risonanza hanno avuto alcune sentenze, pronunciate da varie corti europee, che hanno sancito la legittimità delle unioni omosessuali e il diritto dei partner di tali coppie ad adottare i figli naturali dell’altro partner. Decisioni che riflettono apertura, considerazione e rispetto della società verso nuove forme di famiglie e di convivenze. È tutto molto bello, moderno e progressista, e tuttavia la facilità e la velocità con cui sono stati riconosciuti i diritti di tali persone, stride con il permanere degli impedimenti, delle limitazioni e dei divieti di cui sono ancora oggetto i padri naturali - scusate la precisazione - eterosessuali non sposati. In Germania dopo decenni di proteste, che hanno portato alle due sentenze di Strasburgo e di Karlsruhe sopracitate, si è aperto un dibattito parlamentare durato quasi quattro anni, tanto lungo quanto improduttivo e deludente. Un dibattito che non è riuscito a ristabilire giustizia ed equità in una materia tutto sommato semplice, e il cui risultato appare oggi goffo, tardivo e umiliante. Umiliante per tutti, singoli individui, famiglie, istituzioni piccole e grandi, e per l’intera società. Tutti travolti dall'effetto valanga della banalizzazione del loro ruolo e delle loro responsabilità. Oggi tale banalizzazione è presente in tante compagini della società e situazioni della vita e rappresenta un tarlo invisibile e silenzioso, causa ed effetto della decadenza e della crisi di valori del nostro tempo.
La nuova legge che presto entrerà in vigore, espressione tangibile di questa tendenza, umilia, degrada e svilisce il ruolo svolto da una larga parte della società, dagli individui come dalle istituzioni. Famiglie, servizi sociali, università, giudici, politici e parlamentari ne sono coinvolti. Affinché diventi legge manca solo la firma del capo dello Stato. Un uomo cui è lasciato un compito di grande responsabilità, nell’interpretazione del mandato ricevuto. Egli potrà, se vorrà, compiere un gesto di grande valore e però in controtendenza: astenersi dal promulgare la legge e rimandarla al legislatore perché ne faccia una legge giusta. La storia di questi giorni ci insegna che la possibilità che simili gesti avvengano è estremamente rara e tuttavia esiste.