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Lo “svedutismo” di Ludovico De Luigi

Parlare di oggi con il linguaggio di ieri e di ieri con il linguaggio di oggi

„Ludovico De Luigi steht bei Sammlern, Kritikern, Galerien und Museen in allerWelt hoch im Kurs. Zur Fangemeinde des herausragenden Vertreters der Venezianischen Moderne gehören Namen wie Peggy Guggenheim, J.J. Cousteau, Federico Fellini, Oscar Niemeyer, Sir Lawrence Olivier, Carl Orff und Roman Polanski. Im November 2005 wurde De Luigi auf der Espace Pierre Cardin in Paris gefeiert. Seine surrealistischen und poetischen Venedig-Visionen gaben anlässlich der Veneziade 2006 ein Gastspiel auf Schloss Seefeld am Pilsensee.“ (Aus der Einladung zu der Ausstellung im Schloß Seefeld).

M. Cristina Picciolini

Ludovico De Luigi, curioso personaggio unico nel suo genere, artista che fin dal primo incontro ispira curiosità e simpatia, ha presentato all’inaugurazione della sua personale al Castello di Seefeld il 10 febbraio scorso il suo percorso di “viaggiatore dell’arte”. Cioè un“andata e ritorno”, tra passato, presente e futuro, dove l’abilità sapiente, errante e libera, afferra tutto l’indispensabile della tradizione per poi stravolgerla. Ludovico De Luigi è un pittore surrealista, che non rappresenta la fuga dalla realtà, ma, al contrario, visualizza le congetture concrete che inglobano quanto sfugge all’occhio comune.

Reinvestendo e indagando il repertorio iconografico del passato come capitale culturale egli ci fa notare come siano profonde le sue radici. Con uno sguardo di ieri egli studia attentamente il paesaggio vedutista del Canaletto di Venezia, stravolgendo la “fuga prospettica“, ma è un linguaggio che appartiene più alla sfera della sua psicologia e della sua immaginazione piuttosto che a soluzioni di tipo architettonico. La Venezia di De Luigi sembra un “teatro di orrori”, una rovina in un ciclone gremita di sogni e di incubi. Prende Venezia per moltiplicarla, per drammatizzarla, per esorcizzarla. Insomma è come un dramma che si svolge sulla scena, dove la tecnologia sconfina con le sue strutture architettoniche, meccaniche e industriali, e dove la visione irreale di “mostruosi vegetali” ci riporta nel passato diBosch. Per cui il folle capovolgimento di vedute esteriori in visioni puramente introspettive.

Questo è lo “svedutismo” di De Luigi che per essere tale deve turbare e inquietare. De Luigi con il suo spinoso passaggio psicologico ci ha annunciato “la morte di Venezia” e coraggiosamente ce l’ha presentata, attraccando direttamente all’anima della sua cara città. Noi spettatori, artisti e non, siamo rimasti di fronte ad un unico canto d’amore misto di humour e disperazione: non ci resta che ammirarlo. Magari a Venezia, presso la Galleria
Rafagnan in Piazza San Marco 50 A. Ludovico De Luigi nasce nel 1933 a Venezia, dove vive e lavora. Dal 1950 ha soggiornato in Francia e negli Stati Uniti. Dal 1965 tiene le sue prime mostre personali. Accanto a Venezia ha mescolato i temi dell’entomologia, della fantascienza, del surrealismo utilizzando tecniche artistiche avanzate come l’elaborazione al computer delle immagini. Ludovico De Luigi ha esposto in Italia, Germania e Stati Uniti e ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1986. Una sua opera si trova al Guggenheim Museum di Venezia.

www.ravagnangallery.com


(2006-2 pag 22)

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