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Categoria: Turismo
Pubblicato Mercoledì, 24 Novembre 2010 17:23

Spoleto e il suo Festival

Arte, cultura e tradizioni nel cuore dell’Umbria

Wer die Kunst mit all ihrer Ausdruckstärke liebt, wer denkt, dass die Heilung der Seele mit gleichen Schritten einher geht wie die Heilung des Körpers und wer geistige Nahrung als wichtig erachtet – für den ist das Festival in Spoleto ein Muss. Dieses Kulturspektakel ist weit über die Grenzen Italiens hinaus bekannt, zieht Tausende von Besuchern an und lenkt die weltweite Aufmerksamkeit auf die kleine Stadt in Umbrien.

Franco Casadidio

Se tra le mete delle vostre prossime vacanze estive rientra l’Umbria, non dimenticate di fare un salto a Spoleto nella prima metà del mese di Luglio! Eh sì, perché se una tappa nella famosa Città dei Duchi è comunque d’obbligo trovandosi in Umbria, venire a Spoleto nel pieno di Spoleto Festival è sicuramente un’ esperienza da vivere.
Nato il 5 giugno 1958 con la rappresentazione del Macbeth di Giuseppe Verdi, diretto da Luchino Visconti, con le scenografie e i costumi di Piero Tosi e la direzione musicale di Thomas Schippers, quello che allora venne battezzato come Festival dei Due Mondi, si rivelò ben presto l’evento destinato a cambiare la storia recente dell’antica e gloriosa capitale del ducato longobardo. Tutto ebbe inizio quando Gian Carlo Menotti, musicista
e compositore, varesino di nascita ma americano d’adozione, decise di dar vita in Italia a un festival culturale in cui convivessero diversi generi artistici (dalla musica al teatro, dalla danza alla letteratura), mettendo insieme artisti di fama mondiale ed altri emergenti, creando un prodotto di altissima qualità rivolto però non ad una piccola élite, bensì al grande pubblico. Per realizzare tutto ciò, Menotti aveva bisogno di una città equidistante da Roma e da Firenze (grandi poli d’attrazione artistico-culturali) facilmente raggiungibile, lontana dal turismo di massa, con una struttura urbana capace di fondersi con gli eventi stessi che si volevano proporre: in sintesi, il Maestro aveva bisogno di Spoleto!
Impegnando molte energie, oltre a una cospicua parte dei suoi averi, Menotti restaurò a proprie spese un piccolo teatro quasi dimenticato, il Caio Melisso, rendendolo un piccolo gioiello degno dei più grandi teatri del mondo e, sfruttando le proprie amicizie in ambito artistico internazionale, riuscì in pochi anni a rendere il Festival uno degli eventi culturali più importanti al mondo.
Artisti del calibro di Visconti, Zeffirelli, Nureyev, Thomas Schippers, Ezra Pound e tanti, tanti altri, arrivavano a offrirsi gratuitamente pur di partecipare al grande evento spoletino e poter iscrivere il proprio nome nel cartellone delle rappresentazioni in programma.
Chi c’era fin dagli inizi ricorda un Franco Zeffirelli strepitoso, impegnato contemporaneamente nella regia, nella sceneggiatura e nei costumi de Il giuoco del Barone di Valentino Bucchi; o ancora l’americano Schippers, direttore d’orchestra bravissimo e, al tempo stesso, affascinante come un divo hollywoodiano, capace di far perdere la testa alle donne che per lui, accorrevano a Spoleto da ogni parte d’Italia, non si sa se più per la sua bravura o per il suo fascino irresistibile! Oggi, dopo il passaggio del testimone avvenuto nel 1993 a favore del figlio del fondatore, Francis, nulla è cambiato dell’atmosfera che aleggia a Spoleto durante i giorni del Festival.
Le vie della città si animano come non mai e, fino a notte inoltrata, è possibile incontrare a spasso per i caratteristici vicoli o seduti ai tavolini di uno dei tanti bar del centro storico, artisti di fama internazionale giunti qui da ogni parte del mondo. Nelle due settimane di programmazione è tutto un susseguirsi di balletti, opere, recital, rappresentazioni teatrali, concerti, tutti di altissimo livello.
Negli ultimi anni si è pensato di coinvolgere anche il circondario, programmando eventi anche nei paesi vicini, riuscendo nell’intento di valorizzare il comprensorio spoletino ribadendo, al contempo, il concetto di manifestazione fatta “per la gente” tanto caro al maestro Menotti.
Grande successo hanno ottenuto, ad esempio, gli incontri denominati Musica nell’Umbria Segreta ospitati in chiese, monasteri e conventi della Valnerina, meravigliosa vallata dell’Umbria sud-orientale, lontana dal grande flusso del turismo di massa e ancora, in larga parte, incontaminata.
Le sue chiese, immerse in boschi lussureggianti o isolate sulle pendici delle alte montagne che caratterizzano lavalle, si sono rivelati luoghi ideali dove far convivere l’amore per l’arte e quello per la natura, in un mix difficilmente ripetibile altrove. Non è un caso che, anche in questi primi anni di vita dell’iniziativa, i biglietti per assistere ai concerti in questione siano andati regolarmente esauriti con largo anticipo, con il pubblico entusiasta di poter ascoltare musica di qualità in un ambiente dal fascino unico. Basta leggere il cartellone degli eventi per rendersi conto di come Spoleto Festival sia una manifestazione pensata per essere gustata da tutti; e questo anche per la scelta degli orari in cui vengono proposti gli eventi che, dal primo mattino a notte inoltrata, occupano l’intera giornata
del turista giunto qui appositamente, ma anche dello spoletino che, in quelle due settimane, sente di vivere in una città situata al centro dell’universo culturale internazionale. Anche per il 2006 il Festival, che avrà inizio il 30 giugno per concludersi il 14 luglio con il tradizionale concerto
di chiusura ospitato nella splendida cornice di Piazza del Duomo, offrirà agli spettatori una serie indimenticabile di appuntamenti: dal concerto di apertura della Israel Philharmonic Orchestra al recital di Christine Brewer ad appuntamenti di danza, poesia, musica sacra, teatro, per ribadire al mondo ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, che quella “follia d’artista”, che nell’ormai lontano 1958 spinse Gian Carlo Menotti a impegnarsi anima e corpo per dar vita a quella che sarebbe diventata la “sua creatura”, non era assolutamente un gesto folle, bensì una scelta razionale, dettata dall’amore di un uomo per l’arte (intesa nel senso più ampio del termine) unita al “colpo di
fulmine” che lo fece innamorare di una città che, per dirla con le parole che Hermann Hesse scrisse alla moglie nel 1910 dopo un soggiorno a Spoleto “… è la più bella scoperta che ho fatto in Italia … con una tale ricchezza di bellezze pressoché sconosciute … che sarebbe bello viverci con i nostri bambini per uno o due mesi l’anno”. Quale migliore biglietto da visita per una città?
La capitale del ducato che fu Il nostro viaggio attraverso le bellezze dell’Umbria, iniziato ormai circa un anno fa, ci porta oggi a Spoleto, fino al secolo scorso capitale indiscussa dell’Umbria meridionale, nonché uno dei più potenti ducati italiani del medioevo e baluardo difensivo del potere temporale della Chiesa; per queste e altre ragioni, città ricca di storia ed arte, di fascino irresistibile per il turista che ha la fortuna di visitarla. Situata nella parte meridionale della regione, al confine
tra le province di Terni e Perugia, Spoleto fu, per molti secoli, la seconda città dell’Umbria. Il cardinale Egidio Albornoz la scelse come sua residenza quando Papa Innocenzo VI, durante la cattività avignonese, gli assegnò il compito di ristabilire l’ordine nelle terre dell’Italia centrale in vista di un suo ritorno a Roma. La perfetta posizione strategica nel cuore dei possedimenti pontifici, l’ubicazione sopra un colle, la possente cinta muraria, la provata fede guelfa, fecero di Spoleto un punto fermo nello scacchiere politico-militare dello Stato Pontificio. L’allora diciannovenne Lucrezia Borgia vi abitò dal 1499 al 1503 dopo che il padre, Papa Alessandro VI, la nominò governatrice della città in seguito a uno dei tanti atti di nepotismo che contraddistinsero il suo scellerato pontificato. L’importanza della città trova riscontro anche nelle nomine a vescovo di importanti personaggi, tra i quali spicca il nome di Giovanni Maria Mastai Ferretti, colui che in
seguito sarebbe salito al soglio pontificio col nome di Pio IX. Il declino di Spoleto, se di declino si può parlare, ebbe inizio sul finire del XIX secolo quando, sulla scia della rivoluzione industriale, la vicina città di Terni, fino ad allora poco più che un villaggio di campagna, conobbe una crescita economica e demografica di enormi proporzioni e l’importanza delle industrie (dall’acciaieria agli stabilimenti chimici, alle centrali idroelettriche) portarono la città di Tacito al secondo posto dopo Perugia nel panorama delle città umbre, relegando Spoleto in secondo piano. Un giroturistico di Spoleto non può non avere inizio dal Duomo, straordinario esempio dell’arte romanica, impreziosito al suo interno da molte opere di artisti famosi, tra le quali la cappella Eroli, interamente ricoperta dai meravigliosi affreschi realizzati dal Pinturicchio e l’abside della Cattedrale, affrescata da Filippo Lippi.
A poche centinaia di metri dal Duomo, sulla vetta del colle di Sant’Elia sorge la Rocca dell’Albornoz, possente struttura di origine medievale, costruita sul finire del XIV secolo da Matteo Gattapone su ordine del legato pontificio. La rocca, giudicata di fatto inaccessibile, venne utilizzata
per molti anni dallo stato Pontificio come bagno penale; la destinazione a prigione perdurò anche dopo l’unificazione d’Italia fino al 1983. Trasferiti tutti i detenuti nel nuovo carcere di Baiano, la Rocca è stata oggetto di un’intensa opera di ristrutturazione e restauro che l’hanno restituita al suo antico splendore. Oggi la struttura è aperta al pubblico ed utilizzata come centro convegni e per
allestimento di mostre, oltre che come sede dell’Accademia per il restauro del libro antico.
Il maschio, ovvero la torre più possente della struttura, viene ricordata ancora oggi col nome di Torre della Spiritata, in ricordo, così qualcuno dice, delle crudeltà e delle nefandezze ivi commesse da Lucrezia Borgia durante la sua permanenza nel castello. Adiacente alla Rocca troviamo il celeberrimo Ponte delle Torri, costruito tra il XIII e il XIV secolo ed utilizzato come acquedotto per addurre acqua alla parte alta della città ed in modo particolare alla Rocca. Il ponte, alto 76 metri e
lungo 230, collega il colle di S. Elia al Monteluco, celebre montagna dirimpetto a Spoleto, cara a San Francesco che tra i suoi boschi trascorse lunghi momenti di vita eremitica, fondando un convento francescano tuttora esistente. Uno stretto camminamento permette di percorrere il
ponte in tutta la sua lunghezza, partendo dalle pendici della rocca albornoziana per raggiungere la testa di ponte sulle pendici di Monteluco, utilizzata anticamente come avamposto di guardia a difesa della città. Al centro del ponte si apre una piccola finestra che permette di ammirare l’impressionante baratro disegnato dal sottostante torrente Tessino, ma anche l’incomparabile bellezza della natura circostante, con l’occhio che spazia lungo tutta la valle spoletina, spingendosi fino ai monti più lontani. Una curiosità: due dei dieci piloni che sorreggono il ponte, e più precisamente quelli centrali, sono cavi ed è possibile accedere al loro interno proprio come se si trattasse di due torri indipendenti e non dei pilastri di sostegno di un ponte; una trovata ingegnosa, sicuramente un’extrema ratio in caso di assedio alla città e alla sovrastante rocca, in tempi in cui le battaglie si susseguivano a ritmo impressionante!
Se il Duomo di S. Maria Assunta, la Rocca dell’Albornoz e il Ponte delle Torri rappresentano i monumenti più conosciuti di Spoleto, girovagando per le innumerevoli stradine e i pittoreschi vicoli del centro storico, si resta sorpresi dai tanti luoghi che meritano una sosta, pieni come sono di quel fascino così misterioso che rende questa città davvero unica.
L’Arco di Druso e Germanico, antica testimonianza dell’impero romano, eretto nel 23 d.C. per celebrare le vittorie militari dei due discendenti dell’imperatore Tiberio, fa ancora bella mostra di sé all’ingresso di Piazza del mercato, lungo quello che rappresentava il cardine dell’antica viabilità romana. Nelle immediate vicinanze troviamo poi un’infinità di antichi palazzi appartenuti a nobili famiglie, come Palazzo Leti, palazzo Parensi, Palazzo Orsini e molti altri, tutti lì a testimoniare l’antico splendore della città. Una visita meritano sicuramente l’anfiteatro romano, risalente al I secolo d.C., capace di contenere anche 3000 spettatori e la casa romana, rinvenuta sul finire dell’Ottocento e appartenuta, sembra, alla madre dell’imperatore Vespasiano. La lista delle cose da ammirare potrebbe continuare ancora per molto, tante sono le bellezze storiche e artistiche che Spoleto offre, non ultimi il museo della Diocesi e la Pinacoteca comunale, gelosi custodi di meravigliose opere di artisti quali Filippo Lippi, Domenico Beccafumi, Jacopo Vincioli, Niccolò di Liberatore detto “L’alunno” e molti altri, ma per godere appieno di tutto questo e molto altro, l’unica soluzione è venire a Spoleto e trascorrere qualche giorno in una delle tante strutture ricettive immerse nella quiete della meravigliosa campagna circostante, a due passi dal centro e vivere quell’atmosfera unica, ricca di fascino e storia che questa incantevole cittadina umbra può regalare ai suoi ospiti.

(2006-2 pag 4)

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