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Categoria: Sport
Pubblicato Mercoledì, 24 Febbraio 2016 09:45

Intervista alla calciatrice Raffaella Manieri

Contributo italiano al successo del calcio femminile in Germania

Pasquale Episcopo

Monaco, 23 febbraio 2016.
Abbiamo fatto la sua conoscenza domenica 14 febbraio nel Grünwalder Stadion in occasione della partita Bayern München - Köln, vinta 1 a 0 dalla squadra di Monaco. Ma non stiamo parlando di calcio maschile. Nel Grünwalder Stadion gioca, ormai da anni, esclusivamente la squadra femminile del Bayern, prima in classifica della Bundesliga. Raffaella Manieri, 29 anni, marchigiana di Pesaro, professione calciatrice. È l’unica italiana della squadra e gioca nel ruolo di difensore. 

INTERVenti (IV): Raffaella, tu vivi a Monaco da tre anni. Cosa ti ha portato in Germania?
Raffaella Manieri (RM): In Germania mi ha portato la voglia di mettermi in gioco in una realtà professionistica. Per me è stata una sfida: volevo capire a che punto ero e a che punto potevo arrivare. Volevo conoscere una realtà diversa, comprese la cultura e la lingua tedesche. Aldilà di questo, la decisione è nata anche dal desiderio di praticare semplicemente calcio, cosa che in Italia a volte viene a mancare. 

IV: 135 presenze nella serie A, sia in Italia che in Germania, e 34 reti fatte. Nella tua carriera qual'è il momento che ricordi con più piacere?
RM: In Italia ho sempre giocato da titolare. In Germania sono arrivata nel 2013 e il primo anno come titolare ho giocato solo sei mesi. Il secondo anno l’ho fatto tutto. Quest’anno sto giocando meno. Di ricordi piacevoli ne ho parecchi. Ricordo con particolare piacere il mio esordio nel Bayern München contro la migliore squadra europea, il Wolfsburg, che non aveva ancora mai perso e che aveva vinto la Champions League. È stata una partita bellissima che abbiamo vinto 3 a 1. La difficoltà maggiore l’ho avuta all’inizio. È stata il cambio di allenamento e di mentalità, il cambio di vita. Mi sono trovata da sola in un contesto nuovo, difficile, in uno “spogliatoio“ (squadra, ndr) ben formato in cui è stato difficile integrarsi. Ho lavorato in silenzio e in disparte per riuscire ad acquisire il ruolo importante che ho adesso nella squadra.

IV: Ti alterni tra Bayern Monaco e nazionale italiana. Lo spirito con cui giochi nelle due formazioni è lo stesso e, se no, cosa cambia?
RM: No, beh… sicuramente lo spirito è lo stesso... a me piace giocare a calcio, quando entro in campo mi brillano gli occhi. Quello che penso è sempre di dare il massimo. Il mio desiderio è quello di crescere in ogni situazione. Quello che cambia tra le due formazioni è che sicuramente quando indossi la maglia della nazionale tu stai rappresentando il tuo paese e questo è un motivo di orgoglio personale. Essere tra le migliori undici in Italia è una bella sensazione. Cantare l’inno nazionale è una grande emozione. Ma è anche una grande responsabilità.

IV: Parliamo di calcio maschile: Qual è squadra italiana che preferisci, sempre che tu ne abbia una, e qual è il giocatore italiano o no al quale ti puoi riferire come esempio di buon calciatore?
RM: La squadra che ho sempre seguito fin da piccola è la Juventus. Un giocatore preferito non ce l’ho. Ce ne sono alcuni che mi hanno emozionato e che ancora mi emozionano. Tra questi Zidane, Baggio, Del Piero e ora Pirlo. Sono quelli che mi hanno ispirato e che mi hanno trasmesso la passione che poi porto in campo. Spero che in futuro questa stessa domanda possa essere posta relativamente a una squadra femminile e ad una calciatrice. Lo spero per le tante giovanissime ragazze che iniziano a praticare questa disciplina oggi. Sarebbe molto bello, penso, sarebbe un cambiamento molto importante. 

IV: Il calcio femminile è più seguito in Germania o in Italia?
RM: In Germania. In Germania è professionistico, in Italia invece siamo ancora dilettanti. In Italia comincia lentamente a smuoversi qualcosa e credo e spero che nel giro di cinque, forse dieci anni avremo anche noi un calcio femminile professionistico. Qui in Germania il calcio femminile è partito più di quarant’anni fa. Ormai è un meccanismo che va e va bene. C’è un riconoscimento da parte del pubblico e le calciatrici sono super-seguite e sono molto apprezzate.

IV: Nonostante l’alto grado di emancipazione femminile, qui in Germania e ancor più in Italia, non sono sporadici fenomeni di mobbing e di sessismo. Questo riguarda anche il mondo del calcio femminile?
RM: Certo. Le calciatrici sono costantemente discriminate e questo succede in Italia più che in Germania. Veniamo etichettate a causa dell’omosessualità. Spesso si parla di calcio femminile per l’omosessualità delle calciatrici e non per i loro meriti e il loro valore. È dei meriti di chi pratica uno sport che bisognerebbe parlare, non delle scelte personali e private. Personalmente ci sono abituata. Penso che ci sia molta ignoranza e spero che le cose cambino. D’altra parte questo fenomeno non riguarda solo il mondo del calcio femminile. Riguarda tutto lo sport in quanto ambiente che, per via dell’agonismo e nonostante la competizione, avvicina coloro che lo praticano, donne o uomini che siano.

IV: Cosa ti senti di dire a chi inizia a praticare il calcio femminile?
RM: Mi sento di incoraggiare le giovani ragazzine. Spesso ricevo lettere di giovanissime che mi scrivono che le madri non le lasciano frequentare i campi di calcio, che neanche le fanno provare questo sport. Questo è un problema legato alla cultura. Non ci si può permettere di bloccare la felicità di un bambino. Lo sport, in particolare quando si è piccoli, è divertimento puro e aiuta a sviluppare in modo sano la propria personalità. Personalmente sono stata fortunata perché i miei genitori non mi hanno ostacolato, hanno permesso che giocassi in mezzo ai ragazzi e mi hanno incoraggiata. 

IV: Cosa ti ha insegnato lo sport?
RM: Lo sport è una scuola di vita in cui si acquisiscono le regole per stare in mezzo agli altri. Personalmente mi ha dato dei valori fondamentali e mi ha fatto crescere. Mi ha insegnato il rispetto e la gratitudine.

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