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Categoria: Sport
Pubblicato Martedì, 27 Ottobre 2015 13:55

Gli sport nell'antichità

(seconda parte)

Laura Benatti

Como, 26 ottobre 2015.
Le Olimpiadi assunsero un'importanza fondamentale anche per la scansione del tempo che imposero su tutta la Grecia. Il 776 a.C.(anno della prima Olimpiade) venne preso come punto di riferimento per la datazione di tutti gli avvenimenti: ad esempio, la famosa battaglia di Salamina del 480 a.C. cadde nel primo anno della 75a Olimpiade (74x4=296, 776-296=480 a.C.).

Fu proprio grazie alle Olimpiadi che i Greci divennero consapevoli della loro unità, nonostante fossero tra loro fortemente divisi sia per la natura del territorio sul quale vivevano (la Grecia è prevalentemente montuosa e le barriere naturali diedero luogo, con il passare del tempo, ad un particolarismo linguistico, culturale e politico) sia per motivi storici. Si pensi che tanto erano importanti queste performances che, addirittura, venivano sospese tutte le attività belliche nel mese immediatamente precedente ed in quello immediatamente successivo alle Olimpiadi stesse. Molti celebri scrittori,gli oratori Lisia ed Isocrate, ad esempio, diedero pubblica lettura delle loro opere proprio in occasione delle Olimpiadi.

Queste manifestazioni ebbero luogo per circa 1.170 anni, anche se con alterne vicende, fino a quando non furono vietate categoricamente dall'imperatore Teodosio nell'anno 392/394 d.C. (Editto di Costantinopoli). Tale drastica decisione venne indotta, probabilmente, da una lettera di Sant'Ambrogio.Teodosio, infatti, aveva proclamato il Cristianesimo religione ufficiale dell'Impero Romano e in tale clima di fervore religioso i Cristiani non indugiarono ad opporsi a tutte le manifestazioni che si ispiravano a feste pagane. 

Ma per quali ragioni le Olimpiadi andarono sempre più perdendosi? Innanzitutto perchè gli ideali originali si erano trasformati con il tempo: da occasione di confronto leale tra atleti erano divenute competizione tra città che cercavano di ingaggiare gli sportivi più valenti sulla piazza per superarsi in prestigio. Inoltre l'atleta stesso non era più una figura legata alla religione e al mito, ma un professionista retribuito dallo Stato.

Il colpo letale arrivò comunque con la conquista romana della Grecia (146 a.C.): le Olimpiadi si trasformarono in puro spettacolo,anzi, arrivarono a confondersi con i ludi circensi che avevano come unico fine quello di saziare i bassi istinti della folla. Si stava verificando una vera e propria decadenza morale che annullava ogni differenza tra stadio greco e circo romano.

Ma come commentavano gli autori antichi i giochi olimpici? Il filosofo Socrate (470/399 a.C.) aveva messo in evidenza il forte divario tra gli ideali intellettuali e queste gare atletiche; il famosissimo tragediografo Euripide (485-407 a.C.) “...di tutti gli innumerevoli mali che stanno affliggendo la Grecia (lui stesso visse nel periodo di massimo splendore delle Olimpiadi) nessuno è peggiore degli atleti: da giovani credono di essere gli idoli della loro città, ma non si rendono conto che quando sopraggiunge la vecchiaia, essi sono messi da parte come inutili mantelli“.

L'insigne medico Galeno (129-199 d.C.), nonostante avesse sostenuto l'importanza dell'attività sportiva non solo per il corpo ma anche per la mente, criticò aspramente gli eccessi degli atleti: “La loro mente non può avere nessun pensiero chiaro, è ottusa come quella dei bruti. Non capiscono la loro stupidità per cui sono arroganti e presuntuosi. Anche fisicamente sono disprezzabili: essi ritengono di avere salute e forza in misura superiore rispetto agli altri uomini, ma non sono nè belli, nè forti, nè coraggiosi perchè la loro forza e ardore iniziano e finiscono nella polvere dell'arena. Non sono validi nè per esercizi militari nè per marce.“

Diverso fu il pensiero di autori cristiani, San Paolo (5-10 - 64-67 d.C.) nella Lettera ai Corinzi “...voi sapete che corrono in tanti nelle corse in pista, ma vince solo il primo; correte anche voi ed impegnatevi a conseguire la vittoria“. Sant’Ignazio di Antiochia (morto nel 110 d.C.) nella Lettera a Policarpo, Vescovo di Smirne “...un vero campione trionfa, nonostante i colpi inferti al suo corpo; così noi dobbiamo resistere alle sofferenze in nome di Nostro Signore“. 

 

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