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Categoria: Mito
Pubblicato Lunedì, 08 Aprile 2019 10:03

Malana, sulle tracce di Alessandro Magno

Ma è davvero così lontano da noi quel mondo di eroi e di miti, che tanto adoriamo?

Laura Benatti

Como, 30 aprile 2019.
Esiste ancora oggi una sperduta località indiana ai piedi dell’Himalaya, completamente avulsa dal contesto sotto il profilo sociale, politico, linguistico, religioso: si tratta di Malana. Secondo un’accreditata interpretazione si tratterebbe di una comunità composta da individui discendenti dai soldati di Alessandro Magno! La descrizione dei luoghi e dei popoli incontrati ci è nota grazie agli Indikà,"Resoconti dell'India", dello storiografo greco Arriano (92-175 d.C.).
Quasi tutta l’India nord-occidentale era già stata messa in ginocchio e conquistata da Dario I, il Gran Re dei Persiani, che regnò dal 522 al 486 a.C., quindi molto tempo prima dell’avvento di Alessandro. All’arrivo del re macedone, la regione era suddivisa in tanti piccoli domini, violenti e in continua lotta reciproca. Egli sottomise il Regno di Gandhara quindi proseguì fino al Punjab con un nuovo esercito formato quasi completamente da popolazioni asiatiche, mentre solo gli alti comandanti erano di etnia macedone. Qui, come ci racconta il biografo Plutarco nelle sue “Vite parallele”, affrontò il pericolosissimo Re Purushotthama, noto sui libri di storia come Re Poro, vincendolo sulle rive del fiume Idaspe, oggi Jhelum. Siamo nel 326 a.C. Alessandro, per la dolorosissima e inconsolabile perdita del compagno fedele e inseparabile, il cavallo Bucefalo, fondò l’attuale città di Jhelum, allora Alessandria Bucefala (nel Punjab, Pakistan). Per l’enorme difficoltà incontrata nel corso di questa sanguinosa battaglia, nonostante la vittoria fosse stata dei Macedoni, l’esercito si rifiutò di seguire Alessandro nella sua inarrestabile marcia verso est. I suoi uomini si fermarono al fiume Beas, allora Ifasi, e il condottiero fu costretto a pensare seriamente al ritorno. Come percorso seguì la valle dell’Indo, fino alla città di Pattala.

 

Malana, secondo accreditate ipotesi, sarebbe abitata dai discendenti di quei Macedoni e Asiatici che si rifiutarono di seguire ulteriormente Alessandro. Alle pendici dell’Himalaya, come dicevamo, rimasta lontana dal progresso a causa dell’altitudine e dall’impraticabilità delle strade d’accesso, rappresenta un mondo completamente a se stante. Gli abitanti, al di là del loro aspetto assai trascurato, sono ben altro che poveri: è triste a dirsi, ma campano sul traffico di droga (“malana cream”, derivata dalle piante di cannabis) e persino la polizia non osa addentrarsi in questo villaggio. Molto spesso chi si immette in queste valli, non trova più la strada per uscirne. Un panorama non certo allettante, ma che rende molto bene l’atmosfera dell’indicibile difficoltà che caratterizzava le campagne di Alessandro. 
Sulla base di quali elementi affermiamo che Malana è abitata dai discendenti dei soldati del conquistatore macedone? Possiede ancora una forma di democrazia che ricorda molto da vicino quella ateniese del V sec. a.C.: le decisioni che riguardano la comunità vengono infatti assunte collegialmente nella piazza del villaggio (proprio come avveniva all’interno dell’agoránelle pόleisgreche). Gli abitanti parlano il Kanashi: tale idioma è presente solo in questo villaggio e non assomiglia per nulla ai dialetti dei villaggi vicini, è un ibrido composto da sanscrito, lingue tibetane e greco classico. Sulla comunità di Malana dominano quattro famiglie, di cui una è la più importante e qui è evidente l’affinità con il concetto greco di ghénos, “stirpe illustre discendente da dei o eroi”. 
Il loro sistema giudiziario affonda le radici nella notte dei tempi e… non è mai stato modificato!!! Ancora oggi chi si impossessa di un oggetto sacro viene legato e gettato da una rupe  proprio come usavano fare gli Spartani nei confronti di prigionieri, traditori e criminali! 

Noi sappiamo, inoltre, quanto fosse difficile secondo la mentalità greca modificare una legge, in quanto si riteneva che derivasse direttamente da ispirazione divina. Il culto religioso di Malana è completamente differente da quello dei popoli confinanti, come le strutture architettoniche sono uniche nella zona e ricordano da vicino modelli greci. Il tempio principale del villaggiocon le sue elaborate decorazioni in legno è degno di nota per la sua particolarità architettonica. Corna di animali sacrificati nel tempio sono fissate sulla facciata.È noto che, nella mitologia greca, Dioniso era dotato di piccole cornada capretto, mentre lo Zeus dell'oracolo di Ammone veniva raffigurato con corna di ariete. Alessandro, discendente, secondo il mito, da Zeus Ammone e legato al culto di Dioniso era spesso raffigurato sulle monete con le corna! Gli stessi tratti somatici degli abitanti sono eccezionali rispetto al contesto: capelli e occhi chiari. Da ultimo: un terribile incendio ha devastato Malana nel 2008 e nel corso della ricostruzione sono riemerse tra le macerie monete d’oro e d’argento di fattura greca in grande quantità.

Ancora, nell’attuale Afghanistan, nell’area orientale, è presente, fin dai tempi delle campagne di Alessandro, uno dei più antichi gruppi etnici del Paese, i Nur. Questi, nei secoli scorsi, sono stati letteralmente isolati dal resto della popolazione, in quanto ritenuti “diversi”, “miscredenti”, e sono stati costretti alla fine a convertirsi all’Islam. Ma ciò che stupisce di più è che, a differenza degli altri abitanti, la loro origine è indoeuropea!

Nel “Libro dei Maccabei” Alessandro è ricordato in termini assolutamente negativi, come esempio di orgoglio sfrenato e di ambizione senza limiti. Nella tradizione persiana, nel “Vero Libro della Legge”, VI d.C., “il maledetto Iskander” è un inviato sulla Terra di Ahriman, il Dio del male.Ancora oggi, Iskanderun in Turchia, Muhammarah in Iraq, Merv in Uzbekistan, Khanu e Hormuz in Iran, Herat e Kandahar in Afghanistan, Uchh e Karachi in Pakistan ricordano con grandissimo orgoglio di essere state fondazioni di Alessandro Magno. I loro abitanti custodiscono con gelosa devozione il suo nome, come quello di salvatore dell’umanità. 
Lungo tutto il corso dell’Amu Daria e del Wakhsh, l’antico Osso, gli indigeni segnalano il passaggio a cavallo di Iskandar. A Derbent essi mostrano il luogo di nascita di Rossana o Roshana, sua sposa. Le guide turistiche dell’Uzbekistan tuttora raccontano con soddisfazione ai turisti di tutto il mondo le imprese di Alessandro in occasione delle sue campagne in Sogdiana. La città di Marghilan, nel Ferghana, si vanta di conservare uno dei suoi stendardi e ne mostra persino la tomba. Nella valle della Kunar, l’antica Euaspla, a nord-est di Djalabad, gli uomini “dagli occhi azzurri” dichiarano di discendere da Alessandro. A qualche chilometro da Taxila, nel Pakistan, dove l’esercito ha posto le tende nell’inverno 327-326 a.C., a Mankiala, gli indigeni credono che, al centro della pianura, Alessandro in persona abbia sepolto il suo cavallo Bucefalo e, fatto curioso, essi continuano ancora oggi a chiamare allo stesso modo i loro cavalli.
In Iran, in Afghanistan e in Pakistan anche persone di bassa cultura sono in grado di raccontare in dettaglio le imprese di Alessandro secondo la tradizione locale e l’insegnamento dei loro predecessori.

La storia d’Iskandar, conquistatore del mondo e portatore della vera religione, è penetrata con l’islam persino a Giava, nel XV secolo. I pescatori di Giava invocano, ancora ai giorni nostri, la protezione di Iskandar, prima di affrontare le onde del mare dal quale traggono quotidianamente sostentamento.

Alessandro è morto a soli 33 anni, probabilmente, secondo una tesi recentissima, sepolto mentre era ancora in vita, in quanto non era stato capito che era in coma, ma a lui, comunque siano andati i fatti, dedico questa frase in tedesco che trovo assolutamente adatta al personaggio “ Es kommt nicht darauf an, dem Leben mehr Jahre zu geben, sondern den Jahren mehr Leben zu geben” (Non bisogna dare alla vita più anni, ma dare agli anni più vita).

 

 

La ricostruzione di Melana  

 

 

 

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