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Categoria: lettres italiennes
Pubblicato Lunedì, 13 Luglio 2020 17:46

Quand nous en serons au temps des cerises, sifflera bien mieux le merle moquer

Lettres italiennes

Corrado Conforti

Monaco di Baviera, 12 luglio 2020.
Chissà quanti dei miei pochi lettori conoscono questa canzone francese. Non molti forse. Ed è un peccato, perché la canzone, che in Francia è famosissima, è molto bella. Per questo, se vi viene voglia di sentirla, andate su Youtube, dove avrete, riguardo all'interprete, solo l'imbarazzo della scelta. L'incisione più famosa è forse quella di Yves Montand, ma ce ne sono di altrettanto belle. Si può dire anzi che non ci sia cantante francese che non ne abbia registrata una sua versione. La canzone ha poi la particolarità di essere al tempo stesso un canto d'amore e un inno politico, anche se nel suo testo non c'è nessun riferimento alla lotta o ad altro che con la politica abbia qualcosa a che fare. 

Il fatto è che diventò popolare durante l'assedio della Comune di Parigi e che i comunardi la cantavano nell'attesa dell'attacco finale dei “versagliesi”, l'esercito francese che collaborava con gli  occupanti prussiani. “C'est une chanson qu'on chante aves des larmes aux yieux" (è una canzone che si canta con le lacrime agli occhi) mi disse anni fa un'amica parigina. Sicuramente. Ma io qui non voglio parlare della Comune di Parigi, e nemmeno della sua più famosa canzone. Voglio invece parlare delle ciliegie la cui stagione, le temps des cerises appunto, è finalmente arrivata.

Le ciliegie sono frutti che hanno una loro carnalità, oserei dire una loro sensualità. A Roma, quando ancora l'amore si esprimeva attraverso le parole, la bocca dell'amata veniva spesso paragonata a una ciliegia. E non solo a Roma. Ma le ciliegie suggeriscono pensieri gioiosi oltre che languidi: per quel loro colore intenso, per la loro sostanza polposa e perché ci informano che la primavera è al suo momento più alto e che si dispone ad aprire le porte all'estate. La loro presenza è sempre associata nel nostro immaginario alla gioia di giornate lunghe e luminose. Le ciliegie sono insomma  un'immagine di felicità. E anche di allegria. E, a questo proposito, ricordo con quanto divertimento lessi, da bambino, quell'impresa del barone di Münchhausen nella quale il più grande contafrottole della letteratura mondiale, raccontava di quando, trovandosi un giorno a caccia e avendo finito le palle di piombo, aveva sparato a un cervo una scarica di noccioli di ciliegia. L'animale, colpito in piena fronte, fuggì, ma l'anno seguente aveva tra le corna uno splendido ciliegio. La fantasia di Rudolf Erich Raspe, autore del libro, era davvero straordinaria, unita poi ai disegni di Gustave Doré, faceva galoppare la fantasia di un bambino che frequentava ancora le scuole elementari.

Ero già al liceo invece quando lessi quel bellissimo racconto di Puškin, Il colpo di pistola, al quale fra l'altro il cinema italiano nel 1942 dedicò un film. L'intreccio è presto detto: offeso da un suo parigrado, Silvio il protagonista, ufficiale dello Tzar, lo sfida a duello. L'avversario, che spara per primo, manca il bersaglio e attende poi con indifferenza il tiro del suo antagonista, mangiando ciliegie dal cappello militare e sputandone i noccioli. Silvio, irritato da tanta calma, ripone la pistola ma promette di sparare il suo colpo quando l'avversario avrà finalmente cara la vita. Cosa che poi farà. Ma non voglio qui svelare il finale.

Voglio invece, a proposito di noccioli di ciliegia, raccontare un aneddoto riferitomi da mio padre.

Negli anni della guerra c'era in Sardegna, lì dove lui era stato destinato, una prostituta che riceveva i suoi clienti su una branda accanto alla quale era una sedia con sopra un piatto pieno di ciliegie. Mentre svolgeva la sua professione, la donna allungava la mano, prendeva una ciliegia, la metteva in bocca e poi girato il collo sputava il nocciolo. Dopodiché metteva in bocca la successiva. Tutto questo, lo ripeto, "nell'esercizio delle sue funzioni". Pare allora che un giorno uno dei suoi clienti le abbia detto "Non ti chiedo di dirmi che mi ami, ma almeno evita per un attimo di mangiare". Ma la donna non se ne diede per intesa. Certo la poveretta non conosceva le buone maniere.

Uno che invece le buone maniere dovrebbe conoscerle è un nostro addirittura senatore il quale qualche settimana fa, seduto accanto al presidente della regione Veneto che riferiva della morte in ospedale di alcuni neonati, guardando fisso in camera con il solito sguardo che non rivela la minima intelligenza, si riempiva la bocca di ciliegie e, nella stessa vaschetta dalla quale attingeva, sputava  i noccioli. Inevitabilmente qualcuno gli ha fatto poi notare la sua mancanza di tatto, al che il Nostro ha reagito irritato dicendo "Adesso non posso neanche più mangiare?".

Uno così a Roma, per non nominarlo, proprio come io sto facendo, lo si chiama "l'amico cerasa", riferendosi alla larva che spesso si trova all'interno delle ciliegie. All'interno. Chi ha assitito alla scena ha invece avuto modo di scoprire che "amici" della stessa sostanza morale, si possono incontrare anche all'esterno. E aspirano addirittura a diventare presidente del Consiglio.

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