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Categoria: L'Italia in Baviera
Pubblicato Sabato, 13 Novembre 2010 17:46

 

La Chiesa dei Teatini

Il vento nuovo dal sud

Der neue Wind aus dem Süden. Wenn sich ein Italiener, der in München lebt, fragt, welches Monument oder welche Persönlichkeit aus Italien die Bayerische Landeshauptstadt wohl am meisten beeinflusst hat, ist die Antwort meist nicht schwierig: Die Theatinerkirche, die Adelaide im 17. Jahrhundert bauen ließ, sorgte mit einem neuen Stil für frischen Wind und ist das wichtigste Monument jener Zeit. Ihr Barockstil wurde Vorbild für das katholische Bayern.

Gianni Minelli

Se i nostri vecchi amici hanno una volta il coraggio di viaggiare verso nord e di venirci a trovare a Monaco, di solito o stanno andando da qualche altra parte, oppure abbinano la loro visita ad un "giro” all’Oktoberfest. Altri riusciamo a convincerli allettandoli con una visita al Deutsches Museum o al Museo della BMW. Ma quando un mio caro amico di Chieti è venuto la prima volta a Monaco a trovarmi, la prima cosa che mi chiese fu di accompagnarlo a visitare la Chiesa dei Chietini, ovviamente. E a nulla valse dirgli che non mi pareva che a Monaco esistesse una chiesa con tale nome. “Ma come?”, mi disse, “sei qui da un’eternità e non conosci il monumento più famoso della cultura italiana a Monaco...?”

 

Enrichetta Adelaide, i Teatini ed il barocco

La Chiesa dei Teatini (Theate era il nome latino di Chieti) fu voluta dalla principessa Enrichetta Adelaide di Savoia e dal suo consorte Ferdinando Maria Principe Elettore di Baviera. La futura principessa di Baviera, nata a Torino nel 1636, non aveva mai conosciuto suo padre, il duca Vittorio Amedeo di Savoia, che morì un anno dopo la sua nascita. La madre di Adelaide, Cristina principessa di Francia, educò la figlia, descritta deboluccia e capricciosa, da vera dama di corte, sognando per lei la corona di Francia.

La vita a Torino trascorreva in un’atmosfera di tolleranza e spensieratezza tra tornei, giochi di corte, feste, balli e spettacoli teatrali, a cui la giovane nobildonna partecipava con entusiasmo e talento. Dopo che nel 1650 venne deciso da sua madre che Adelaide sarebbe andata in sposa al principe ereditario bavarese, per lei sembrò crollare un mondo. Addirittura il delegato bavarese a Torino, inviato dalla madre di Ferdinando per definire i particolari delle nozze, espresse i suoi dubbi che Adelaide potesse essere davvero adatta alla vita di corte severa e formale di Monaco. Ed infatti le nozze vennero dapprima rinviate. Quando però per l’allora quattordicenne Adelaide venne il momento di salire sulla carrozza che la avrebbe portata al di là delle Alpi, si dice che abbia pianto lacrime a fiumi intuendo, a ragione, che non avrebbe più rivisto la città che amava e che la sua vita sarebbe cambiata radicalmente. Adelaide partì portandosi dietro, oltre ad una ricchissima dote, tutta una corte di dame di compagnia, valletti, confessore, cuoco, medico ecc., che vennero però presto rispediti uno dopo l’altro a Torino. Il primo abbraccio "ufficiale” con il futuro timido e taciturno sposo, allora quindicenne, risultò freddino e poco romantico … nel sottofondo di una pioggia scrosciante. E per Adelaide, che conosceva bene il francese ma per niente il tedesco dei suoi ospiti, i primi tempi a Monaco furono assai duri, non abituata all’etichetta e allo stesso tempo alla rudezza dei modi della corte bavarese, così diversa da quella dei Savoia. Anche i rapporti con la suocera erano a dir poco problematici. E Adelaide si rifugiò nella fede e nella preghiera, cosa che risultò poi il primo vero punto d’incontro col suo consorte.

Questi non riusciva, all’ombra della dominante madre e del principe reggente, a prendere piede sulla scena politica, ma sua moglie gli fece sentire di essere dalla sua parte appoggiandolo con consigli e avvertimenti, cosa che le procurò ancora più diffidenza da parte della madre di Ferdinando. Nonostante i suoi tentativi la principessa soffriva per non riuscire ancora a farsi ben volere nella nuova corte tanto più che non era in grado di donare un erede al marito. A 23 anni Adelaide si ammalò di una grave malattia alla quale subentrò anche una depressione: Ferdinando la accompagnò a Starnberg e le fu vicino finché non si riprese. In questa occasione i due fecero il voto di costruire a Monaco una chiesa ed un convento dedicati all’ordine di san Gaetano di Thiene, se il Signore avesse loro concesso la grazia di avere un figlio. L’anno successivo venne alla luce una "bellissima principessa” e l’anno dopo il tanto desiderato erede maschio. Ferdinando acquistò gradualmente forza ed autorità e fece alla moglie regalo di una cospicua quantità di denaro che le permise di realizzare il loro voto. Ottenuto così il consenso del marito, Adelaide fece giungere a Monaco il confessore della sua adolescenza torinese, il teatino don Stefano Pepe. In seguito giunsero uno dopo l’altro nel capoluogo bavarese architetti, artisti e capomastri italiani. Essi portarono con sé nuove idee e nuovi stili, in particolare il nuovo stile dall’Italia, il barocco, che finì per conquistare ed affascinare i loro ospiti. Adelaide introdusse nella corte la passione per l’opera italiana, organizzando nel 1654 la prima rappresentazione in grande stile (La ninfa ritrosa) e iniziando i monacensi ad un amore per l’opera lirica che permane ancora oggi. Anche il nome di Nymphenburg venne dato da lei alla famosa residenza estiva dei reali di Baviera. La passione di Adelaide per il balletto la portò a promuovere numerosi spettacoli con artisti italiani, a cui partecipava con entusiasmo lei stessa. Adelaide scomparve nel 1676 a 40 anni lasciando un compagno inconsolabile e ai suoi sudditi un’apertura verso il Bel Paese, che contribuì assai a far diventare Monaco - come dicono in molti - la città più settentrionale d’Italia.

 

Storia della costruzione e note architettoniche

Marzia Casagrande

Adelaide volle dare l’incarico del progetto della costruzione della chiesa al modenese G. Guarini, monaco dell’ordine dei Teatini. Dopo che questi rifiutò, l’incarico venne dato nel 1962 all’architetto bolognese Agostino Barelli, a cui la principessa avrebbe subito detto che non doveva badare a spese. Quest’ultimo prese a modello Sant’Andrea della Valle a Roma, costruita nel 1591 dal Della Porta, che è precedente di 70 anni. Barelli s’impegnò assai intensamente a questo progetto, tant’è che nell’aprile del 1663 venne posta la prima pietra e il cantiere venne affidato al capomastro Lorenzo Petri, che venne ingaggiato insieme ad una numerosa e qualificata manovalanza dall’Italia. Nel dicembre dello stesso anno furono finiti le fondamenta della chiesa e lo spazio destinato al convento e, nella primavera successiva, il corpo longitudinale e i pilastri di un lato. Nel 1667 Barelli presentava il progetto esecutivo per gli stucchi, e sappiamo che ancora che 1672 lavorava sul progetto della cupola e seguiva personalmente il cantiere, poi diretto dal 1674 da E. Zuccalli. Per il compleanno del principe ereditario, nel 1675, la chiesa fu inaugurata e consacrata senza che fosse del tutto terminata. Come Sant’Andrea della Valle, la pianta longitudinale si interseca con il massiccio transetto che è leggermente più profondo delle cappelle laterali. Lo spazio quadrato, risultante dell’intersezione del corpo longitudinale ed il transetto, è sovrastato dalla cupola ed è ancora di più accentuato dalla luce che irrompe dalle finestre laterali e trova qui la sua massima esplosione. Il corpo longitudinale è costituito dalla navata principale che si prolunga fino a diventare coro e abside (semicircolare) ed è caratterizzata da coppie di semicolonne dell’ordine gigante (corinzio) che irrompono nella trabeazione orizzontale e proseguono nella nervatura trasversale. La continuità spaziale è assicurata dalla trabeazione stessa. Ai fianchi della navata principale sono le cappelle voltate, fra loro comunicanti e arricchite da altari sovrastati da colonne tortili, dove anche troviamo bellissime opere di artisti italiani come le tele di Triva "Le quattro Sante Vergini” e quella raffigurante la beata Margherita di Savoia. I ricchi stucchi di putti, foglie di acanto, con tutte le figure plastiche tipicamente barocche e rigorosamente in bianco caratterizzano l’interno. Essi furono affidati a diversi artisti italiani, come G. Brenni, C. B. Moretti e G. N. Perti e danno un ulteriore contributo a questo gioco di luci ed ombre, di elementi orizzontali e verticali, di pieni e vuoti. Alla facciata vennero aggiunte poi da Zuccalli le due torre campanarie – già in altri esempi come S. Agnese in Piazza Navona a Roma. La facciata venne terminata nella seconda metà del Settecento ad opera di Cuvillíes.

 

L’Ordine dei Teatini, paladini della Controriforma

Marcello Luberti

La Theatiner Kirche prende nome dall’Ordine dei Teatini, un ordine religioso costituito nel 1524 da Gaetano Thiene, con l’importante sostegno del napoletano Gian Pietro Carafa, Arcivescovo di Chieti, che diverrà nel 1555 Paolo IV, conosciuto allora come il "Vescovo Teatino”. Il nome antico di Chieti, città dell’Abruzzo, era infatti Theate. Gli stessi suoi abitanti si chiamano tuttora teatini. La Chiesa rappresenta quindi un segno non marginale della influenza cattolica e italiana nella Germania meridionale. La nascita dell’Ordine va inquadrata nella "reazione” del cattolicesimo alla Riforma protestante, il cui avvio si fa risalire al 1517, data di affissione delle tesi di Lutero alla porta del duomo di Wittemberg. Le motivazioni di San Gaetano Thiene (fu canonizzato nel 1671) non erano dissimili da quelle di Lutero e consistevano nella volontà di contrastare il processo di decadenza della religione cristiana. La fondazione dell’Ordine fu approvata da Clemente VII e avvenne in San Pietro con il solenne giuramento da parte di Gaetano Thiene, il Carafa, Bonifacio di Colla e Paolo Consiglieri Ghislieri, che già vivevano insieme dal 1517. Dopo la morte di San Gaetano (1547) la diffusione dell’Ordine fu assai rapida, perché lo zelo spiegato dai religiosi aveva attirato tra loro molti sacerdoti e anche vescovi, distinti per santità, dottrina e nobiltà. Inizialmente ebbero tre "case” a Roma, cinque a Napoli e una ventina in altre città italiane. Particolarmente attivi furono a Napoli, dove San Gaetano si trasferì stabilmente e dove risposano le sue ceneri, nella Chiesa di San Paolo. Nei secoli XVII e XVIII moltiplicarono le loro sedi e altre ne fondarono in Francia, Portogallo, Austria, Germania e specie nella Spagna. Alcuni chierici si spinsero in Armenia e si insediarono perfino nell’isola di Borneo. A Monaco i teatini rimasero nel loro convento a lato della Theatinerkirche sino al 1801. Nel 1672 Gaetano Thiene venne proclamato Santo Patrono del Land Bavarese. L’attività dei Teatini era basata sulla regola di Sant’Agostino e composta dal Carafa; essi quindi non potevano possedere fondi, rendite né mendicare. L’Ordine influì grandemente sulla riforma della Chiesa Cattolica, sia per ciò che riguarda il clero, tanto che il loro ordine poté dirsi un seminario di futuri vescovi, sia per la restaurazione della vita cristiana nel popolo, perché promossero la frequenza ai sacramenti, ripristinarono l’uso della predicazione, si dedicarono all’assistenza ai moribondi, né trascurarono l’educazione della gioventù. L’istituzione del Collegio di Propaganda Fide a Roma è dovuta ai consigli del teatino Michele Ghislieri, e Urbano VIII sceglieva tra loro i rettori e i maestri per quel suo nuovo istituto. Nel corso dell’Ottocento l’Ordine ebbe un certo declino e la Santa Sede si propose di restaurarlo accorpandolo alla Congregazione religiosa della Sacra Famiglia (1909) e a quella di San Alfonso de’ Liguori (1910). Quest’unione durò fino al 1916 ed attualmente i Teatini, tornati alla regola primitiva, vantano una presenza di alcune centinaia di sacerdoti sparsi per il mondo: si contano le province delle case d’Italia, Spagna, USA, Messico, Colombia, Brasile e Olanda. Non hanno una specializzazione come altri ordini, ma si dedicano a tutto ciò che comporta carità e ubbidienza ai principi della Fede; le loro occupazioni vanno dalle missioni, all’aiuto dei poveri, fino all’educazione cristiana.

(2003-3 pg 16)

 

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