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Il valore del cibo

Per favore, non ci toccate la ciotola!

Die beängstigende Wirtschaftskrise scheint den Italienern den Appetit ganz und gar nicht zu verderben. Ausgefallene Kochsendungen haben großen Erfolg, bekannte Chefköche werden vergöttert, gesunde und qualitativ hochwertige Speisen werden bevorzugt, die Empfehlungen der Slow Food Bewegung werden aufmerksam verfolgt. Viele italienische Männer fühlen sich in der Küche einfach wohl und darauf sind sie stolz.

Nazzarena Barni-Fritsch

Roma, 25 novembre 2011
Cosa alimenta il proliferare, nei palinsesti di tutti i canali televisivi dei paesi occidentali, di trasmissioniche hanno come tema il cibo, la sua preparazione, le cene a sfida o i consigli dei piccoli e grandi chef?

Se vent’anni fa presentare come fidanzato in famiglia un "cuochino"

non era il massimo delle aspirazioni di genitori e figlie, e donne in cucine professionali significavano la mamma che cucina nella trattoria-ristorante a carattere familiare, ora le cose sono molto, molto cambiate e l’appeal dei cuochi stellati rasenta quello degli attori famosi.

Gli uomini non solo hanno capito che mostrare di saper cucinare “fa scena” con le donne, ma il numero di allievi più o meno costanti ai corsi di cucina ha raggiunto, se non superato, quello delle allieve. Le donne sono abituate a (dover) cucinare tutti i giorni, gli uomini… quando hanno l’estro, creativo, naturalmente! L’aumento di nuclei familiari single impone anche agli uomini di intendersi di bucato e di cucina, ma la spiegazione non è solo questa. Il cibo è diventato un piccolo surrogato di quello di cui non ci si può più permettere. Rinunciamo ai grandi acquisti, alla ristrutturazione dell’appartamento, a cambiare l’auto e facciamo a meno delle vacanze.

Però, almeno per gli italiani, vale: non mi toccate la ciotola. Il cibo per noi non rappresenta solo un mezzo per sopravvivere, ma un piacere, legato al consumo nell’ambito familiare o con amici, un cibo non solo per il corpo, ma anche per l’anima; e Dio solo lo sa, se in questo periodo di rinunce e sacrifici, non ce lo meritiamo e concediamo!

Gli italiani sono persone che, mentre stanno mangiando, raccontano di cosa hanno mangiato di buono l’ultima volta e di quando faranno una bella mangiata alla prossima occasione. Godendo così del prima, del durante e del dopo.

Non so se è una differenza genetica o solo culturale, ma gli uomini tedeschi in gruppo parlano, di preferenza, di soldi e tasse, gli uomini italiani invece parlano di donne e di grandi mangiate. A ognuno il suo.

Il cibo ha per noi un valore che va ben al di là del nutrirsi. Ci si nutre per vivere, e allora parliamo di calorie, proteine, grassi, carboidrati e oligoelementi. O ci si nutre per con-vivere, con coniuge e figli, con i parenti nelle grandi riunioni familiari, con gli amici e in un certo senso con tutti quei compagni di s-ventura con cui dividiamo i nostri giorni e da cui speriamo di ricevere e ricambiare partecipazione alla nostra quotidianità. Per l’italiano il cibo unisce; è amore, casa, identificazione, protezione e conforto.

Gli italiani non vogliono mortificarsi a proposito di cibi e bevande. Sono disposti ad andare fuori a cena di meno, ma si vedono più spesso con gli amici e questa socializzazione porta anche al fenomeno dei cosiddetti “acquisti intelligenti”: più persone che si uniscono per comprare beni dello stesso tipo che, dato il numero richiesto, vengono offerti a prezzi migliori. Sono disposti a diminuire i loro consumi nella frequenza, ma non a rinunciare alla qualità. Meno spesso, ma con più consapevolezza. È nata così la categoria dei foodies, quelli che si confidano l’un l’altro i fornitori dove trovare quel prodotto di nicchia o a rischio di estinzione, e per tale ragione sostengono la filosofia del movimento Slow Food. Sono disposti a pagare un prezzo non politico per permettere ad agricoltori e allevatori di curare la specificità senza mettere a rischio la sopravvivenza, e pianificano le loro vacanze scegliendo località attraenti non solo dal punto di vista paesaggistico e culturale, ma anche per la presenza di ristoranti, trattorie, aziende agricole e agriturismi consigliati, per un’esperienza culinaria e socializzante completa.

Ritornando all’inizio della dissertazione, e quindi alle ormai onnipresenti competizioni ai fornelli via etere, fa piacere assistere a programmi in cui i partecipanti siano conoscitori e profondamente rispettosi di quello che rende l’Italia il paese enogastronomico per eccellenza, e mi perdonino i cugini gallici se ritengo che abbiamo inarrestabilmente minato il loro predominio. Le nostre disciplinari di tutela sono le più severe in campo europeo e almeno di questo ce ne possiamo far vanto.

Ora, invece di chef pluristellati che propongono ingredienti che mai e poi mai hanno visitato le nostre dispense, o personaggi più o meno famosi in cerca di un cambio di stagione, è un piacere vedere la costellazione di solidi personaggi apparsa nel talent show culinario “La Scuola-Cucina di classe 2” del Gambero Rosso Channel, mandata in onda su Sky 411 questa primavera e di cui si attendono le repliche. Potrebbe essere uno dei tanti talent show per riempire i vuoti del palinsesto, ma non lo è.

La seconda edizione ha presentato uno zoccolo duro di appassionati dei fornelli, di quelli “si diffida perditempo”, tanto per capirci. Se i loro background personali e professionali sono molto diversi, una cosa accomunava e ha continuato ad accomunare, anche a conclusione dello show, questi partecipanti. Una grande conoscenza per i prodotti tipici regionali, il rispetto e l’esaltazione dei sapori nei piatti che si sono cimentati a proporre e una passione sfrenata per la preparazione e il consumo del cibo. Già durante i colloqui di selezione, i racconti delle loro esperienze precedenti la dicevano lunga. Cominciando con Mariella Di Meglio, professoressa universitaria di Napoli che si era già “compromessa” aprendo un ristorante con amici nella città partenopea, oppure con Alessandra Ruggeri che, oltre alla attività di vendita per una multinazionale, offre con più che discreto successo un servizio catering che vive bene già del solo passaparola, o con il vincitore del programma Matteo Tassi, broker finanziario e “serial griller”, come si è intitolato un seguente programma televisivo da lui condotto sulla cottura al barbecue. Ma i concorrenti erano sedici, e ognuno aveva una dipendenza da gastronomia significativa. Così tanto intensa e marchiante si è dimostrata la vita in comune come brigata di cucina, vissuta per varie settimane a stretto contatto di gomito, che hanno voluto mettersi alla prova con una cena a pagamento, e quindi senza pietà nelle aspettative e nei giudizi, che fosse il loro battesimo di sangue con un pubblico non più di soli amici. Così, grazie all’intraprendente Riccardo Guardabasso, è nata “L’Unità d’Italia nel piatto”, due serate a Vescovado di Murlo (Siena), in cui hanno cucinato impiegando, come protagonisti, ingredienti presidio Slow Food e hanno dimostrato di sapersi muovere e interagire come una brigata di cucina professionale. La missione di questi cuochi coscienziosi è stata di far apprezzare la differenza fra pietanze prodotte usando ingredienti della grande distribuzione (tremo ancora pensando ai resoconti del libro Kitchen Confidencial), rispetto ai prodotti di qualità come alici di Menaica, bottarga di Orbetello, pecorino della montagna pistoiese, pomodorini del piennolo, fagioli di Sorana, tutti presidi Slow Food. Ingredienti incapaci di competere a livello di costi con quelli di bassa qualità, ma… avete mai provato la differenza? La soddisfazione del pubblico - le due serate hanno registrato il tutto esaurito - lascia sperare che questa sia la loro strada giusta e la strada giusta italiana, a prescindere se decideranno di intraprendere la carriera professionistica o semplicemente mantenere la loro filosofia alimentare nel privato.

Così come per tutti gli italiani, in Italia e nel mondo, rendiamoci conto di quale valore culturale hanno i prodotti agro-alimentari che il nostro Paese produce. Conosciamoli, difendiamoli e gustiamoli.

Perciò: fateci andare a piedi invece che in auto, autodiminuiamoci le vacanze o rimaniamo a casa a ferragosto, ma per favore non toccateci la ciotola.

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