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Categoria: Dall'Italia
Pubblicato Sabato, 13 Novembre 2010 17:28

Pino Daniele

Un cuore che cresce con Napoli

Pino Daniele startete seine Laufbahn als Liedermacher auf den Straßen Neapels, bevor er die Besucher bekannter Sommerfestivals begeisterte. Sein Erfolgsweg folgte der Entwicklung Neapels – historische Hauptstadt Süditaliens.

Alessandra Sorrentino

Napoli è una città millenaria: di fronte il Mediterraneo, alle spalle il Vesuvio. Qui da sempre colori, ritmi, sapori del mediterraneo si sono incontrati per fondersi e trasformarsi.
Crocevia di mercanti, poeti, aristocratici e giramondo, è una città che non è mai stata facile da vivere, né tanto meno da raccontare. I vicoli stretti, la confusione, la criminalità e insieme il mare, il sole, la cordialità delle persone, come raccontare tutto questo !?
Pino Daniele ci è riuscito.

Pino Daniele "mascalzone latino", Pino Daniele che voleva la rivoluzione fatta da "Masaniello" ritornato a combattere.
È in questa città, tra partite al lotto clandestino nei vicoli e ballate popolari, che è cresciuto e si è formato come artista. Comincia la sua carriera durante il periodo buio degli anni settanta, quando il degrado di Napoli era visibile ad ogni angolo di strada.
I suoi testi erano rivolti a quelli che "passavan` e guai", che non potevano "suppurtà", a quelli che dallo stato e dalle istituzioni si sentivano abbandonati perché sapevano che i politici e la camorra si stavano "magnann’a città".  Ha cantato per quelli che ogni giorno vedono il mare e sono consapevoli che il mare ti fa "fess’e cuntento". Perché i problemi di tutti i giorni sembrano sempre ben poca cosa rispetto al mare, questo i napoletani lo sanno bene. E sanno anche che passare un paio d’ore in riva al mare ti fa dimenticare dei non sensi che a Napoli sono all’ordine del giorno.
Pino Daniele è il cantore di una filosofia dell’ottimismo "l’aria sadd’cagna", basta aspettare un po' e le cose si aggiustano. Nelle giornate di sole accecante, si deve aspettare e farsi sopraffare dall‘"apucundria", da quel senso di spossatezza che ti costringe a rimanere immobile, a goderti il sole e a bere mille caffè. Ogni movimento potrebbe essere letale, agitarsi non serve, si deve aspettare, qualcosa succederà...
Ha cantato per quelli che volevano vivere "almeno un giorno da leone", quelli che lo stato non li deve condannare perché "io só pazz‘". Quelli per i quali anche la vittoria della squadra di calcio del Napoli al San Siro di Milano, la ricca e opulenta Milano, era un riscatto per le ingiustizie subite, per le possibilità negate.
Quando ha smesso di usare il dialetto per i testi delle sue canzoni è diventato famoso in tutta la penisola, basta con macchine comprate "con un leasing e una cambiale".
In città si respirava un’aria di modernità, di rinnovamento, il momento del vero riscatto economico e sociale era arrivato. La città era cambiata e con lei cambiava anche il suo cantore. Alcuni hanno detto che aveva fatto bene, che questo cambiamento avrebbe contribuito a dare una nuova immagine alla città. Pino non poteva più cantare eventi e situazioni, che sarebbe stato meglio dimenticare. Altri invece raccontano un’altra storia.
Si dice che agli inizi degli anni novanta una giovane donna gli abbia rubato il cuore, da tempo malato, che lui non abbia resistito e sia morto. A quel punto le case discografiche avrebbero tirato fuori un "clone". Il "clone" non cantava più di "Annaré", ma di donne con "sorrisi di plastica" mentre fanno ginnastica e di "gelati all’equatore". Si presentava a manifestazioni canore nazionalpopolari come il "Festival Bar", cantava in duetto con giovani e acerbe cantanti come Irene Grandi. Non giocava al lotto clandestino e non frequentava posti malfamati come Napoli e dintorni.
Nessuno sa quale sia la verità, e non è questo il luogo dove azzardare delle ipotesi.
Ci affidiamo ai posteri per l’ardua sentenza.

2003-3 pg.12

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