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Categoria: Cultura italiana a Monaco
Pubblicato Lunedì, 13 Dicembre 2010 19:59

Tra un collage surrealistico, versi di un canto e una battuta teatrale...

Intervista con l’artista Luciano Florio

Luciano Florio aus Neapel ist ein vielseitiger und faszinierender Künstler, der seit einigen Jahren in Deutschland lebt und mit seinen Werken die Aufmerksamkeit auf sich zieht.
Das Interview mit Luciano scheint einem Ausflug in eine Welt, welche uns durch Pinselstriche und Verszeilen verzaubert.

Pamela Lanciotti

Conobbi Luciano Florio all’Incontro di letteratura spontanea presso l’Istituto di Cultura Italiana di Monaco. Arrivò in ritardo, entrò in scena sul finale, in punta di piedi. Si sedette in un angolo. Lo osservai attentamente, i suoi capelli scompigliati gli coprivano il volto. Poi Giulio, il mediatore dell’incontro, gli chiese se avesse portato qualcosa.
Lui tirò fuori dalla borsa la sua agendina nera e sussurrò i seguenti versi:

 

Versi di un canto
Ascolto gente che porta giù dal mare
versi di un canto che vive qua
vicino a me un bambino
mi dice amico mio guarda verso là
così intravedo gli anelli intorno al sole
di un astro che emana in eternità.
Nel gioco tra la vita e la morte
non cambia la fonte ma la città.


La stanza mi apparve all’improvviso buia e per un momento ebbi l’impressione che ad illuminare Luciano, a circoscrivere la sua figura, fosse sceso un occhio di bue.
Lo fermai a fine incontro e iniziammo a parlare. Pittore, musicista, poeta e attore. Il suo curriculum sgorgava di tanta arte. Eppure continuava a tenere lo sguardo basso, come di chi ha timore di esporsi e resta incredulo, diffidente verso tutti quelli che gli rivolgono domande perché interessati alla sua arte.

 

INTERVenti (IV) Luciano, iniziamo per così dire dalla fine. Perché hai scelto di vivere a Monaco di Baviera? E come vivi la città?
Luciano Florio (LF): Sono venuto in Germania assieme ai miei genitori all’età di diciassette anni, numero sfortunato a Napoli. Sono originario di Napoli ma ho lasciato l’Italia quando ero ancora un ragazzo e ne sono spesso triste. Ho vissuto per diverso tempo a Landsberg am Lech, una cittadina di circa trentamila abitanti. All’inizio vivevamo in un paesino di mucche, nei pressi di questa città, ciò fu per me un grande cambiamento e allo stesso tempo uno shock culturale; ci sono voluti diversi anni per elaborare e accettare la situazione. Poi ci trasferimmo a Landsberg dove nel giro di poco tempo divenni piuttosto noto. Ero conosciuto da quelle parti, mi chiamavano l’artista o anche il francese, non ho mai capito il perché: molti sanno che io sono italiano e mi incoraggiavano per quello che facevo nel campo dell’arte. Adesso vivo da quattro anni a Monaco di Baviera, città che comunque frequentavo da tempo, e la trovo davvero molto bella, si vive davvero bene qui. In realtà, se mi chiedono se mi sento più tedesco o italiano, non ho mai la risposta pronta. No! Non è cosi! Mi sento italiano e sono orgoglioso di esserlo, per la sua cultura, storia, spirito d’intelligenza e animo. Sono altrettanto tifoso della nazionale italiana di calcio, di cui seguo accanitamente ogni partita, anche se la Germania è un bel paese per sé. Considero entrambe le città la mia casa, ma a Napoli non ci potrei più vivere, troppo caos, smog, ecc. Forse in una cittadina tranquilla nei pressi di Napoli o, perché no, in qualche bella città del centro Italia.

IV: Un tuffo nel passato: come hai scoperto la tua vocazione di pittore?
LF: Io disegno fin da bambino. Ero il migliore della classe, nonostante abbia ripetuto la prima media ben quattro volte, non ci crederete, ma è vero (ride). Comunque ho conseguito la licenza media con il miglior punteggio. All’epoca vinsi due concorsi, uno in educazione artistica, l’altro in latino. All’età di ventitré anni conobbi Mike Mischkowski, anche lui ambizioso e alle prime armi con la pittura. Fu lui ad incoraggiarmi a dipingere: all’epoca avevamo uno studio insieme in un vecchio appartamento di quattro stanze, dove convivevo con mio fratello. Si dipingeva - il nostro interesse era diretto verso il cubismo - e ci ispiravamo a vicenda. Ricordo qualche litigio, ma è normale, credo, e si respirava un’atmosfera di bohemien. Poi col passar del tempo ho intrapreso diverse strade artistiche vissute con delusioni e successi, ma non ho mai smesso di dipingere. Beh, di tanto in tanto mi viene qualche crisi creativa, che compenso dedicandomi ad altre attività come ad esempio la poesia, la musica ed il teatro. Devo confessarti una cosa: ho spesso l’impressione di essere un medium artistico. Non di rado la gente dice, o sono addirittura io a dire a me stesso: non ci credo che questi quadri li hai fatti tu... mi sa che qui c’è la mano e la mente di qualcun’altro...

IV: Medium artistico? In che senso?
LF: È come se qualcuno dall’aldilà, attraverso la mia persona o il mio spirito, mi mandasse degli impulsi e delle idee. Ho l’impressione di ricevere quella carica d’ispirazione che mi porta a dipingere o scrivere. È una strana sensazione, non sono in grado di spiegarti come avviene in realtà... Spesso le mie tele restano incompiute per giorni, mesi o a volte per anni, anche naturalmente a causa di altri impegni, fi nché poi un giorno ritrovo l’ispirazione e riprendo a lavorarci, magari con nuove idee.

IV: Tutto questo ha a che vedere per caso con un discorso di religione?
LF: Ciò non ha assolutamente a che fare con qualunque forma di religione: non credo che sia da Dio che traggo l’ispirazione. Potrebbe essere un’anima o un personaggio del passato o chissà da dove. Non sono un grande esperto di questo argomento, ma allo stesso tempo credo che qualcosa ci debba essere. Come quando ci capita di incontrare persone mai viste prima ma con le quali abbiamo subito una sorta di empatia. Inoltre spesso mi viene da chiedermi perché io abbia questo talento. Se vuoi avere una risposta, Pamela, sì, ti dico che sono cattolico, anche se vado raramente in chiesa. Spesso dichiaro di esserlo come scusa o scudo per non essere infastidito dalle altre religioni. C’è chi cerca di convertirmi: ho amici mussulmani, testimoni di Geova alla porta (ride) ed altri... Ma non sono convinto di credere fino in fondo in Gesù Cristo, ma in qualcuno o qualcosa di soprannaturale. Sono nato in una famiglia cattolica ma quello che per me è importante è l’anima. Per me ad esempio, i cipressi simbolizzano l’anima (Luciano mi mostra i suoi quadri sui cipressi e poi continua), un giorno ho  scritto “Margine”. E dal verso “come un cipresso nella notte”, ho realizzato una serie di dipinti su questo tema.

IV: (Continuo ad osservare alcune delle sue opere e resto attratta da “Meridiana”). Noto che esiste nella tua pittura più di un fi lo conduttore, un denominatore comune, oltre al mare come simbolo esistenziale. In “Meridiana” ad esempio, mi sembra di scorgere il simbolismo visionario di Moreau o anche l’astrazione lirica di Kandinsky... Note di surrealismo, per intenderci...
LF: Oltre al mare che è la vita, appaiono spesso nei miei quadri appunto i cipressi, come simboldell’anima, figure di donne simboleggianti la musa ispiratrice, la chitarra, che per me è come una compagna segreta, e l’universo che è l’immenso eterno da dove noi veniamo e da dove viene tutto. Ma queste figure non entrano sempre a far parte delle mie opere, alcune scompaiono dai miei quadri e ne appaiono altre nuove. Il loro significato varia da quadro in quadro e il tutto mi appare come un rebus, da decifrare. Forse neanche io sono talvolta capace di svelare il mistero che si cela in ogni mia opera e anche per questo motivo mi piace dipingere. Per quanto riguarda il surrealismo di Moreau, non credo di averne una gran conoscenza, ma per le opere che ho potuto ammirare trovo che sia un artista molto affascinante e interessante, se non sbaglio ha ispirato diversi surrealisti. Mentre di Kandinsky sono sazio: resta comunque un grande artista e la sua arte ha mosso stati d’animo in me che non riesco a descrivere. Penso che il surrealismo sia una corrente artistica in cui combaciano perfettamente l’artigianato, la fantasia, il senso creativo e il mistico. Molti artisti surrealistici hanno preso i loro spunti dall’ermetismo e dalla psicoanalisi, considerando che l’anima si esprime attraverso il sogno. Ma anche dall’arte medioevale e rinascimentale, come ad esempio Giotto, Bruegel, Bosch ed altri. Dicono che Giotto, che io ammiro molto, sia il padre della pittura realistica come arte perfetta, ma secondo me anche lui ha influenzato i surrealisti, vedi ad esempio l’opera “Sogno di Innocenzo III”. La mia arte si può considerare come il risultato dell’incontro tra l’inconscio, l’intenzione poetica e il gesto pittorico. Non è una ricerca, perché altrimenti sarebbe un esperimento, è un’azione completa in cui il mio lavoro – senza alcune barriere morali e razionali ma sempre rispettando l’animo e la personalità di coloro che osservano le mie opere – vuole cercare di dare un messaggio nel presente e per il futuro. Spesso ho l’impressione che i miei quadri, quando la nostra generazione non esisterà più, verranno capiti in un modo diverso e forse più profondo. Perciò non potrei mai sentirmi un pittore fallito anche se i miei quadri non vanno a ruba. Sono legato al quadro “Meridiana” in un modo molto personale. Quando lo dipinsi, era un periodo difficile della mia vita... sono partito con l’idea di dipingere un oceano che inonda una città ma volevo mantenere l’atmosfera serena in cui ogni abitante vive la sua vita senza problemi. Come quel ragazzo che tranquillo suona la chitarra sulla terrazza.

IV: Cos’è per te il teatro? Hai di recente interpretato il ruolo di musicista nella spettacolo “Man baut sein Haus nicht auf der Straße”. Com’è Luciano Florio nelle vesti di attore?
LF: Dicono che sono bravo e mi capita spesso di ricevere complimenti, sia come attore, sia come musicista di teatro, non solo in questa produzione. Ho una grande passione per ambedue i campi e credo di avere buone idee, tanto più che mi piace immedesimarmi in un ruolo ed anche accompagnare con la musica ciò che accade sulla scena, ma non sono molto portato come scenografo. In questo campo mi mancano le idee giuste, forse perché non ho mai approfondito questo settore. In verità, in tutto ciò che faccio sono autodidatta, “Quereinsteiger”, come si dice in tedesco. La mia intenzione è quella di migliorarmi anche se dal mio punto di vista l’arte non deve essere mai perfetta, perché, come dice Marx Ernst che io ammiro molto, “chi trova se stesso è perso”. Per me il teatro è l’insieme di tutte le arti. Esso racchiude la pittura e la scultura attraverso la scenografi a, i costumi, i testi con le loro forme poetiche, la performance e la musica. Il teatro è magia, esso guida lo spettatore in un altro mondo, amplia gli spazi della sua fantasia e lo rende complice. Quando sono sul palco, anche se ad ogni prima ho sempre un po’ di “Lampenfi eber”, mi sento come se stessi a casa mia e su di un altro pianeta, o viceversa...

(Decidiamo di fare un breve break. Caffè e sigaretta. Luciano prende in mano la sua chitarra e inizia a cantare una sua canzone dal ritmo davvero coinvolgente...)

IV: (Terminata la piacevole esecuzione, riprendiamo il discorso interrotto. Noto che Luciano ripone con molta cura la sua chitarra nella custodia). Scommetto che la porti sempre con tuo rapporto con la musica...
LF: Sono sempre stato attratto dalla musica, e allo stesso tempo l’ho sempre considerata una specie di enigma. Ricordo che mia madre amava la musica leggera mentre io la trovavo piuttosto banale, stranamente da bambino mi attraeva la musica jazz. Quando mi trovavo dai miei parenti, a Lecce, c’era mio zio che suonava il pianoforte, era un organista di chiesa. Ammiravo la sua capacità di saper suonare brani classici e canzoni napoletane. Ricordo che ascoltavo alla radio l’hit-parade, all’epoca davano sempre Lucio Battisti che con il tempo ho imparato a conoscere meglio ed apprezzare. Quando venni in Germania iniziai a conoscere la musica rock: ero un fan dei Jethro Tull e di molti altri gruppi rock di allora. A casa c’era già mio fratello più piccolo che suonava la chitarra (e l’altro la batteria) ed io volevo imparare a suonare il fl auto traverso, ma non me lo potevo finanziariamente permettere, e inoltre non trovavo un buon maestro. Ebbi così l’idea di imparare a suonare la chitarra, costava meno e attirava le ragazze (ride). Entrai così in un negozio di musica e ne uscii con una chitarra folk indosso. Devo ammettere che ci sono voluti anni prima di poter riuscire a suonare le canzoni che conoscevo e che mi piacevano. Iniziai poi a “comporre” canzoni a modo mio. Ho sempre cercato di diventare membro di un gruppo, ma non so per quale ragione non ci sono mai riuscito. Fatta eccezione per alcuni progetti, purtroppo falliti dopo la prima esecuzione. La musica è però stata sempre una mia compagna, e anche un modo per conoscere gente, ma soprattutto una mia espressione personale. Per diversi anni ho scritto canzoni in italiano, alcune in inglese e intedesco, sono un appassionato di diversi stili come il Rock degli anni settanta, la Bossa Nova, la musica Etno e dei cantautori italiani: De André, Battisti, De Gregori e altri. Mi piace molto suonare per il teatro. In questo campo ho riscosso maggiore successo rispetto alle band. Ho spesso l’impressione che col teatro io possa esprimere al meglio le mie capacità musicali. Amo il suono della chitarra e mi piace molto suonare le percussioni, talento che ho scoperto di recente. Sono gli strumenti che suono più volentieri e devo ammettere che ricevo un ottimo feedback. Il ritmo è per me come il battito del cuore, il pulsare del sangue, mentre la chitarra rappresenta l’anima, mi parla, come nella pittura. Nei miei viaggi porto spesso la chitarra con me, sia per comunicare sia per conoscere e scrivere nuove canzoni, e logicamente non smetterò mai di suonare perché la musica mi fa dimenticare quel leggero dolore che a volte sento in me.

IV: Pittura, teatro, musica... sembra che all’appello manchi solo la tua vena poetica... Raccontaci come ti sei avvicinato alla poesia e quali sono gli aspetti più affascinanti...
LF: In realtà mi sono avvicinato alla poesia da pochi anni. Un giorno una mia amica mi regalò un piccolo quaderno fatto da lei. Sfogliando quelle pagine bianche ebbi immediatamente l’istinto di scriverci sopra qualcosa. Durante un viaggio che feci in Italia incominciai a scrivere dei versi senza rime; non era una novità per me scrivere canzoni in versi soprattutto in italiano (forse perché il ritmo è una base più regolata per la numerazione delle sillabe e l’ordine delle rime...?), volevo però scrivere anche in tedesco, e si sa che non è facile per un italiano scrivere rime in tedesco. Iniziai così a buttar giù i miei pensieri così come mi venivano in mente, descrivendo una situazione o uno stato d’animo. Dopo poco tempo ebbi la possibilità di pubblicare un libretto con le mie poesie e mi accorsi che chi li leggeva ne restava attratto. Inoltre ho scoperto anche una certa vena narrativa, spesso tratta da esperienze che ho fatto in passato. Scrivere è per me un linguaggio diretto dell’anima. Basta un foglio di carta, una matita e butto giù quel che mi viene in mente, lo posso fare dappertutto, sentendomi immerso nei miei pensieri, in un caffè, nel bosco o in un città che è per me nuova e sconosciuta. Quando scrivo mi sento come in una bolla di sapone, facile a rompere, se c’è qualcuno che mi osserva. I miei pensieri mi appaiono spesso come bizzarri mosaici variopinti e astratti, presi da chissà dove, ma li sento in me, come fossero legati da un filo d’oro che tiro piano piano per cercare di non spezzarlo, finché non si esaurisce.

IV: Ho saputoche è uscito il tuo secondo libro di poesie. Potresti darci ulteriori dettagli?
LF: Il mio secondo libro di poesie e racconti è uscito ad ottobre, prodotto dall’editore Radu Barbulescu. Nel testo ci sono poesie in italiano e in tedesco e due racconti che ho scritto negli ultimi anni. A fare da cornice vi sono alcune illustrazioni...

Info: lucianofl orioart.blogspot.com

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