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Categoria: Cultura italiana a Monaco
Pubblicato Giovedì, 26 Aprile 2012 18:49

La vita ha tanti colori

Intervista all'artista napoletano Biagio Piccolo

Interview mit dem neapolitaschen Künstler Biagio Piccolo

Paola Gambaro

Monaco, 4 maggio 2012
INTERVenti (IV): Allora Biagio, raccontaci un po' di te e di come sei arrivato in Germania…

Biagio Piccolo (BP): Tutto inizia con la mia passione, che avevo già fin da bambino, per il teatro. Allora andavo a scuola  ed avevo un maestro che si chiamava Vecchioni, molto rigido e cattivo, tanto che ancora me lo ricordo. Mia madre gestiva due salumerie a Napoli ed io la aiutavo nei negozi. A quei tempi c'era tanta miseria, che non ne venivano risparmiati nemmeno i maestri di scuola. Pensa che se non portavo in omaggio del pane o del caffè al nostro maestro, lui puniva me e mio fratello facendoci stare in ginocchio per due ore sui ceci o dandoci delle botte sulle mani con il righello. Quando invece arrivavamo con dei “doni”, allora sì che prendevamo dei bei voti! Che tempi!

Questa esperienza scolastica, unita al fatto di aver perso mio padre molto presto, mi ha lasciato un malessere ed una paura che ho cominciato a riconoscere razionalmente solo con l'età.
A diciotto anni ho iniziato a lavorare con il mio padrino a Napoli commerciando stoffe e gioielli, occupazione che in seguito ho lasciato per mettermi in proprio. La passione per il teatro nel frattempo non mi era passata e un giorno lessi un annuncio sul giornale tramite il quale si cercavano attori e comparse. La voglia di partecipare era tanta, ma forte era anche la mia timidezza, tanto che ci sono voluti ben tre tentativi per decidermi finalmente a suonare al portone del palazzo dove si svolgevano le selezioni e a prenderne parte. Andò bene. Dopo una settimana mi hanno chiamato per girare un film con J. Lemmon dal titolo "Avanti avanti" ambientato a Ischia e poi ancora per un'altra particina in "Professione assassino". Vinsi anche un concorso in un teatro napoletano dove ho lavorato in quattro commedie. Avrei potuto prendere parte ad altri quattro film, ma un'intossicazione di cozze mi ha impedito di partecipare. Comunque la cozze le mangio ancora!
In Germania sono arrivato il 13 giugno 1973 in treno. Il biglietto lo pagai, ricordo ancora, 12.400 lire.

IV: Cosa ti aspettavi dalla Germania? Decidere di partire dall'Italia a quei tempi non deve essere stata certo una scelta facile...
BP: Infatti non fu facile, tanto più che in realtà mi ero messo in testa di fare teatro qui a Monaco. Eravamo partiti da Napoli in tre: io, un cantante e una produttrice televisiva. Arrivati all'ufficio del lavoro, le cose andarono differentemente da quanto ci eravamo immaginati: la donna fu presa alla Siemens e noi due uomini a lavorare in cantiere. Ero ancora debole per l'intossicazione quindi tornai dopo breve tempo all'ufficio di collocamento per chiedere un lavoro meno faticoso fisicamente, ma riuscii ad ottenerne un altro nuovamente in un cantiere. Fu veramente dura. Soffrivo il gelo, pensa che avevamo solo acqua fredda per lavarci, il lavoro era pesante ed iniziavo alle cinque di mattina. Tante volte mi trovai a piangere, ripensando alla mia Napoli, ma mi ero imposto di resistere perché sapevo che mi avrebbe fatto bene. In seguito mi ferii sul lavoro, e dovetti abbandonare il cantiere. Passai quindi ad un lavoro di imbianchino, finito in modo inglorioso per colpa di un mio collega, per poi essere assunto in una fabbrica di lubrificanti per aerei, dove comunque mi pagavano bene (e meno male, perché ero rimasto con 45 mila lire in tasca!). Da quel momento in poi, ho cambiato diverse ditte e subìto altrettanti incidenti sul lavoro. Nel 1986 conobbi Aurelio Ferrara con il quale fondammo una società ed aprimmo un ristorante, che esiste ancora oggi qui a Monaco, l' ”Artischocken” dove lavorai diversi anni, ricominciando nel frattempo a fare televisione e teatro.
Poi smisi anche con il ristorante, ma non di cucinare. Cominciai infatti a lavorare in cucina per le feste o eventi organizzate da un importante architetto di Monaco. Tramite questo impiego ebbi occasione di conoscere tante persone importanti della Monaco di allora e a trovare nuovamente lavoro nel settore del commercio, dal quale avevo cominciato tanti anni prima a Napoli. Così divenni il factotum del nuovo negozio di Armani, poi da Ferragamo ed infine presso una famosa gioielleria della Maximiliastrasse. Purtroppo i problemi di salute mi costrinsero ad una nuova operazione cui seguì il pensionamento.

IV Hai parlato di cinema, di teatro..., ma la pittura come entra nella tua vita?
BP: È iniziata così: nel negozio di Ferragamo, dove lavoravo, le vetrine erano state allestite per un periodo con cavalletti e tele da pittura. L'allestimoento era temporaneo e, arrivato il momento di smontarlo e sostituirlo, chiesi alla responsabile se avessi potuto prendermi un cavalletto. Dovetti insistere, ma alla fine accettò. A casa cominciai con i colori che mi aveva regalato una mia amica tedesca e una tela piccola piccola. Quando oggi riguardo il mio primo quadretto su quella piccola tela, mi sembra quasi un disegno fatto da un bambino! Per me ha comunque un valore immenso e non lo venderei mai. Non ho mai frequentato una scuola di pittura, sono completamente autodidatta. Ho sperimentato poco a poco nuove tecniche e imparato a giocare con i colori. Avendo lavorato con le belle stoffe di Ferragamo per tanti anni, avevo dimestichezza ad accoppiare i colori. La prima esposizione dei miei quadri fu nello studio della dott.ssa Malmusi, poi ne sono seguite altre al Maxplanckinstitut e presso il ristorante Artischocken.

IV: Quali sono i temi che guidano la tua pittura e quali tecniche usi?BP: La paura, in particolare del mio primo maestro di scuola, e la tristezza per la prematura scomparsa di mio padre, sono sempre presenti nell'espressione dei volti che dipingo. Ho cercato di cambiare, ma non posso proprio, sono dentro di me. La notte vado a dormire contento solo quando, dipingendo, sono riuscito a tirare fuori le mie angosce. Ho avuto una vita difficile, fatta di duro lavoro per mantenere la mia famiglia.
Secondo me la pittura è una cosa che dovrebbero provare tutti, tante volte funziona meglio di una visita dal medico! Tante persone si lasciano abbattere dai problemi, io dico che bisogna reagire e imparare combatterli, o, dove non sia possibile, a conviverci. Tenere un pennello in mano, anche sbagliando, fa sentire meglio, aiuta. Con la pittura io mi realizzo e sto bene.
Uso i materiali più diversi: dallo stucco ai bottoni, dalla stoffa alle vernici, dai colori acrilici a quelli a olio.
Dipingo quando sono a Monaco, ma soprattutto quando mi trovo a Ravenna o a Napoli, dove ho più spazio e posso dare vita a quadri più grandi. A Napoli poi, dipingo anche sui sacchi di liuta, quelli del caffè.

IV: Hai mai pensato di farne un business?
BP: No, mai. La prima volta che ho venduto una mia opera, mi è sembrato di essermi privato di un pezzo della mia vita. Tanto più che non sono mai riuscito a fare riproduzioni o copie. I miei sono pezzi unici.

IV: Ma è vero che scrivi anche poesie?
BP: Si, compongo poesie, poesie tristi. Nella mia prossima esposizione mi piacerebbe abbinare ad ogni dipinto una delle mie poesie.

IV Per concludere Biagio, qual è il tuo sogno nel cassetto?
BP: A parte come ti ho già detto, un'esposizione di quadri abbinata alle mie poesie, il mio sogno è di tornare a Napoli, fare di nuovo un po' di televisione, di teatro naturalmente e scrivere un libro “I miei quarant'anni di Germania” in cui racconterò tutte le cose belle e anche quelle brutte che ho vissuto.
Così è la vita, ha tanti colori e bisogna dipingere!

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