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Una tastiera ”impegnata“

Intervista alla pianista catanese Serena Chillemi

Serena Chillemi, Pianistin aus Catania, lebt und spielt seit 2004 in München. Sie hat zahlreiche Auszeichnungen bekommen und ist in der bayerischen Hauptstadt nicht nur beim italienischen Publikum sehr populär. Neben der Musik engagiert sie sich mit ihrem Projekt „L'altra Italia“ im Kampf gegen die Mafia.

Laura Martegani

INTERVenti (IV): Da Catania a Monaco è un bel salto. La decisione di venire a Monaco è stata dettata da un desiderio personale oppure dalla possibilità di perfezionarsi al Conservatorio Richard Strauss?
Serena Chillemi (SC): La decisione è sicuramente stata dettata dal fatto di poter studiare al Conservatorio Richard Strauss. In Italia avevo conseguito il diploma al Conservatorio Antonio Scontrino e volevo continuare a studiare.
V: Com’è stato il primo approccio con la città e la società tedesca?
SC: Durante i miei studi ho vissuto in uno studentato per studenti spagnoli: è stato un periodo molto bello in cui suonavo per gran parte del tempo.L’impatto vero e proprio con la Germania è avvenuto in un secondo momento, quando, terminati gli studi, ho iniziato a lavorare e ad acquisire una percezione della realtà non più compatibile con quella siciliana.

IV: Avendo studiato in due contesti così diversi, la Germania e la Sicilia, hai notato un differente modo di fare musica, di insegnamento, di approcciarsi allo strumento o proprio nella tecnica di suonare?
SC: Ci sono delle differenze fondamentali. In Germania in primis è riconosciuta la categoria dei musicisti. In Italia quando ti viene chiesto “Che lavoro fai?” la risposta “Sono musicista” risulta subito insufficiente, in quanto viene subito ulteriormente
domandato “E poi? ”. In Germania si è riconosciuti anche perché ci sono delle strutture ben organizzate. Nel nostro Paese, invece, l’idea di fare musica è ancora legata ad un modello ottocentesco. Con questo intendo quell’idea del genio, che nasce già predisposto all’arte della musica. Questo aspetto è sicuramente affascinante, in quanto spontaneo e creativo, ma non calato nella realtà quotidiana. In Italia manca una vera e propria struttura organizzativa. Le ore di musica alla scuola media sono lasciate molto alla volontà e all’iniziativa dei singoli professori: non esistono nella scuola media programmi ministeriali per l’insegnamento di uno strumento. Anche al Conservatorio i programmi sono obsoleti e non vengono quasi mai rispettati, per cui bisogna avere la fortuna di incontrare un professore bravo che segua il cammino

artistico dei suoi studenti. Mi ricordo che durante i dieci anni di studio al conservatorio suonavo per la maggior parte del tempo, ma avevo molte lacune in storia e pedagogia della musica. Ciò perché l’educazione musicale ruota intorno al fine concertistico, cioè al fine di suonare davanti ad un pubblico, che però è relazionabile solo a pochi. Un musicista, per poter vivere del suo lavoro, ha bisogno anche di svolgere attività correlate, come l’insegnamento. In Germania, al contrario, lo stato mette a disposizione una completezza di conoscenze necessarie per l’attività musicale, che supera il solo aspetto pratico del suonare. Ad esempio il primo periodo in cui mi trovavo a Monaco, andavo a lezione e mi accorgevo che tutto quello che volevo imparare, me lo stavano insegnando. Per esempio il giovedì mattina, mi ricordo, si tenevano cinque ore di storia della musica, il professore mostrava diversi strumenti durante la lezione e ci faceva ascoltare in classe diversi brani attraverso uno stereo. Questa realtà era del tutto inusuale per me: a Catania c’erano appena le sedie in classe. Il contrasto è stato inizialmente drammatico, ma io ero davvero felice di avere tutte queste possibilità, addirittura gratuite.

IV: Puoi parlarci della scuola Musikforum Blutenberg e.V. dove insegni?
SC: È una scuola musicale di Monaco destinata ai bambini. In Germania fin dalla scuola elementare viene proposto un corso, durante il quale i bambini iniziano ad approcciarsi alla musica: possono inizialmente provare diversi strumenti musicali, per poi scegliere il più consono ai loro desideri. In Germania la Volkshochschule organizza corsi musicali anche per la terza età, venendo così a creare binomi interessanti di nonni e nipoti, che si ritrovano a suonare insieme.
Questa dimensione purtroppo manca completamente in Italia.

IV: Cosa ne pensi di ciò che sta accadendo in Italia riguardo al decreto su Spettacoli e Attività culturali? Quanto incide sull’attività artistica vivere in uno stato senza ancora una legge in materia di spettacolo?

SC: In Italia il campo dell’arte rimane legato ad un’idea ormai superata. Ci stiamo accorgendo adesso con questa ultima riforma, che è la più clamorosa, di una distruzione delle realtà artistiche italiane, la quale ormai si protrae dadieci anni.
Oltre ai tagli dei finanziamenti a molteplici associazioni culturali, c’è stata una vera e propria aggressione alla scuola. La nuova riforma scolastica è una presa in giro: la musica è stata tolta quasi del tutto dai programmi scolastici, soprattutto per
quanto riguarda l’insegnamento dello strumento. In Sicilia la progettazione di solo due licei “musicali e coreutici” mostra come la situazione sia diventata drammatica. Riducendo lo spazio dedicato alla musica nei programmi educativi – soprattutto dalla scuola media, dove le poche ore settimanali rappresentano il primo approccio al mondo musicale – non si riconosce la musica stessa come qualcosa di prezioso. Se si andrà avanti così, probabilmente le arti andranno a scomparire
nel nostro Paese. La maggior parte degli artisti italiani è già costretta ad emigrare. In Italia gli artisti non vengono purtroppo più considerati “soggetti utili”. Da un lato è colpa della società, dall’altro è anche colpa degli artisti, che forse
potrebbero essere più attivi. Dopo l’emanazione del decreto mi sarei aspettata un coinvolg

imento totale negli scioperi, anche da parte dei giornali e degli editori, che al contrario sono rimasti molto passivi.

IV: Riferendoci ancora ai problemi del nostro Paese, vorrei parlare con te dell’iniziativa “Musica... per un’ altra Italia”. Quanto è importante per te unire nella tua attività all’aspetto artistico un aspetto sociale?
SC: L’unione di questi due aspetti è diventata importante dopo il confronto spietato tra la realtà siciliana e quella tedesca. Questo confronto coinvolge la mia vita continuamente: non mi sarebbe possibile pensare di passare la mia giornata davanti allatastiera, senza “fare qualcosa di utile”. Da un paio di anni è perciò diventato importante impegnarmi nel sociale. “Musica... per un’altra Italia” è l’appendice di “Un’altra Italia”: un’iniziativa nata da una tavola rotonda di italiani residenti a Monaco di Baviera il cui obiettivo era quello di invitare a Monaco le realtà italiane che operano contro la mafia per farle conoscere al pubblico tedesco. Durante questa manifestazione ho organizzato la rassegna di concerti “Musica... per Un’altra Italia”, fatti per finanziare l’iniziativa. In particolare durante il mio concerto ho suonato, tra gli altri, brani di autori che hanno scritto e composto opere contro la mafia.

IV: “Musica... per un’altra Italia” ti ha visto impegnata nel concerto “Di Padre in Figlio”. Cosa ti ha portato ad unire le figure di Johann Sebastian e Johann Christian Bach, Alessandro e Domenico Scarlatti e Giovanni e Eliodoro Sollima, oltre appunto al fatto che siano tutti padri e figli?
SC: L’unione è stata dettata in primis da una derivazione geografica: gli Scarlatti come i Sollima sono di Palermo. Domenico Scarlatti è stato inoltre molto importante per Johann Sebastian Bach. Il mio è stato un viaggio dalla Sicilia alla Germania con ritorno in Sicilia. Questo concerto, in particolare la scelta di questi musicisti, ha voluto evidenziare come in Italia ci sia una mancanza di dialogo tra le generazioni: la generazione prima della mia non dà spazio ai giovani. Io credo, che un tale dialogo sia fondamentale ed indispensabile e possa aiutare in qualche modo la situazione politica e sociale italiana.

IV: È possibile secondo te essere degli artisti apolitici? Nel tuo caso quanto incide la politica sulla tua attività artistica?
SC: Ci sono tanti musicisti apolitici, soprattutto nel mondo della musica classica. In me c’è sempre stata l’esigenza di fare spettacoli in qualche modo politici, ad esempio contro la pena di morte o insieme ad un gruppo di africani in Sicilia o contro
la mafia. Questo aspetto politicosociale è per me fondamentale in quanto io faccio sentire la mia voce suonando, quindi se voglio esprimere la mia opinione o portare all’attenzione del pubblico un determinato tema, lo faccio attraverso la musica.

IV: Quanto è importante l’impegno sociale qui a Monaco nei confronti di attività legate alle diverse tematiche che interessano l’Italia?
SC: La città di Monaco offre la possibilità di mettere in pratica i propri progetti. Io sono riuscita a fare cose che in Sicilia sarebbero state difficili da realizzare. Ci sono diritti che qui (a Monaco) si danno per scontati, ma che in Sicilia non esistono.
In Sicilia, per esempio, non esiste il concetto di “Biblioteca”: quando stavo scrivendo la mia tesi sulla storia della musica siciliana nel ’900, ho cercato in biblioteca libri, che erano in mano a professori da più di tre anni i quali non erano obbligati a restituirli. Ciò fa capire quanto sia assurda la realtà siciliana. Io credo che sia frustrante dover emigrare in un altro paese per poter proseguire la propria attività. In Italia le realtà artistiche più interessanti nascono da situazioni di disagio; pochi sono gli artisti italiani, conosciuti nel mondo, diventati famosi in Italia. Giovanni Sollima ne è un esempio lampante: trasferendosi negli Stati Uniti ha raggiunto un successo mondiale. Io spero un giorno di poter tornare nel mio paese: le attività impegnate che svolgo in Germania, avrebbero molto più senso in Italia, anche se forse la loro realizzazione

sarebbe molto più ardua. Vorrei portare in Sicilia tutto quello che ho imparato a Monaco.In Sicilia, in mancanza di strutture, non c’era la possibilità di continuare il perfezionamento. Ho avuto la fortuna di poter partecipare ad un corso della durata di due settimane in Germania, durante il quale ho incontrato il maestro Thomas Boeckheler, che insegna sia a Salisburgo sia a Monaco. Tramite questo maestro sono venuta a conoscenza dell’opportunità di studiare al Conservatorio Richard Strauss. Ho fatto pertanto l’esame, sono stata ammessa e grazie a coincidenze fortuite mi sono ritrovata a Monaco.

Serena Chillemi, catanese, inizia fin da giovanissima lo studio del pianoforte sotto la guida del maestro Alessandra Toscano,
per poi nel 2003 conseguire il diploma presso il Conservatorio Antonio Scontrino di Trapani.

Nel 2004 è ammessa ai corsi di perfezionamento pianistico e specializzazione didattica presso il Conservatorio Richard Strauss a Monaco di Baviera. Nel 2008 consegue il Paedagogisches und Kuenstlerisches Diplom ed inizia il corso per direttrice di coro presso la Musikhochschule fuer Musik und Theater, sempre a Monaco di Baviera.
La sua attività musicale è stata premiata con diversi riconoscimenti, tra cui:
· Premio assoluto al concorso “Tutt’arte 2004” di Catania
· Premio al concorso europeo “Città di Villafranca Tirrena, premio speciale Eliodoro Sollima 2002” a Messina
· Premio al concorso “B. Albanese 2002” di Caccamo (Palermo)
· Premio al concorso europeo “Mendhelsson-cup 2004” a Lecce

La Chillemi si è esibita in diverse importanti sale europee così come in prestigiosi festival: Associazione Etnea di Catania,
Associazione Dante Alighieri di Catania, Amici della Musica di Siracusa e Palazzolo Acreide, Teatro Massimo Vincenzo Bellini di
Catania, Gasteig di Monaco di Baviera. Oltre ad essere una brillante pianista Serena Chillemi ha anche una forte personalità
siciliana, come lei stessa afferma “L’identità siciliana è molto forte, forse dettata dal complesso dell’isolano, anche se
solo per pochi chilometri”, che rende un’ora di intervista un viaggio musicale verso Sud.

(2010-3 pag 38)

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