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Tra finito ed infinito

“Vitalität mediterranen Farben und Skulpturen”, intervista a Serio Digitalino

Unter dem Titel „Vitalität mediterraner Farben und Skulpturen” findet noch bis März die aktuelle Vernissage von Serio Digitalino statt. Im Interview verrät uns der Künstler, warum ein gewisser Optimismus notwendig und weshalb ein Werk vollkommen sein kann, obwohl es noch nicht fertig gestellt ist.

Ester Sposato

Incontro Serio Digitalino all’AOK (Landsberger str 150-152), sede dal 19.11.2008 al 31.03.2009 della mostra “Vitalitat Mediterranen farben und Skulpturen”.

Colpisce soprattutto la varietà dei lavori che denota la volontà di sperimentare: materiali differenti, tecniche diverse. I quadri si presentano come composizioni astratte dai colori ricorrenti (elemento, penso, determinante per il titolo dell’esposizione). Spesso si snoda al centro del quadro una o più linee fluide, mai geometriche, dai colori forti, su cui si concentra lo sguardo. Le sculture, altrettanto varie nei temi e nei materiali, paiono più ludiche, come se qui l’artista si fosse davvero divertito a plasmare le sue fantasie.

E Serio mi viene incontro, con tanto di cappello, sorridendo. Cominciamo subito a parlare delle opere, seguendo lentamente il percorso espositivo che le suddivide in cicli.


INTERVenti (IV): Serio, hai lasciato l’Italia nel ’77: come ti ha accolto la Germania, è stato difficile cominciare la carriera qui?

Serio Digitalino (SD): Io, dove vado vado, sono a casa, non ho problemi. Certo ci sono stati alti e bassi ma tutto sommato mi sono sempre trovato bene. Dal punto di vista della carriera, come tutti, ho avuto le mie difficoltà nell’emergere, ma mi ha sempre aiutato la mia energia ed il fatto di essere estroverso e determinato: io guardo, vado, chiedo, mi muovo. Proprio per questo motivo oggi cerco di aiutare i giovani artisti che magari sono veramente bravi ma non sanno da dove cominciare. Non per me, ma perché gli artisti di talento sono una ricchezza per tutta la comunità.

IV: Come hai cominciato?

SD: Ho fatto davvero tanti lavori, tra gli altri anche il cuoco. Infatti anche se fin da bambino  i professori consigliavano a mia madre di mandarmi all’Accademia, “Devo mandarlo a lavorare” rispondeva lei concreta. Ho sempre avuto la passione per la pittura e la creazione in generale e, anche se non ho potuto studiare e le risorse di cui disponevamo a quei tempi erano poche, ho sempre dato sfogo alla mia fantasia creando giochi con materiale di fortuna come le freccette di legno che realizzavo rubando e distruggendo le scope di mia nonna. La creatività mi appartiene e senza pittura e scultura non potrei vivere: concepisco queste due arti insieme, senza preferirne una in particolare.

IV: Serio, raccontaci com’è nata l’idea della mostra all’AOK?

SD: Per caso, mi è capitato di vedere un’esposizione realizzata in questo spazio così mi sono informato e ho lasciato una cartolina di presentazione dei miei lavori in portineria: mi hanno contattato dopo pochi giorni. Le opere esposte appartengono tutte agli ultimi due anni. Una di queste è stata realizzata appositamente per la mostra. Anche l’insegna sospesa che informa i visitatori della mostra giù al primo piano l’ho realizzata io, con pietre, legno e stoffa bruciata ai lati, per dare più contrasto e fare qualche cosa di diverso, che incuriosisca.

IV: Guardando queste tue opere sembra che prevalga una certa positività, sia nelle opere figurative sia in quelle in cui predomina il colore, che è comunque caldo e armonioso. Mi ha colpito invece, nel tuo sito web, il quadro “luce di candela” che sembra differenziarsi dagli altri ed evocare un senso di solitudine.

SD: Sì, io credo che la vita abbia già la sua dose di tristezza. Ed anche nel quadro “luce di candela” (che non è qui esposto) che sembra essere malinconico poiché rappresenta un ragazzo solo che tiene in mano una candela, al tramonto, mentre dietro di lui una coppia si allontana, c’è un messaggio di speranza. La candela simboleggia, infatti, la luce della ricerca, che non si spegne. Negli ultimi cicli affronto tematiche diverse ma c’è sempre un certo ottimismo nel mio punto di vista. È necessario al giorno d’oggi.

IV: A quali serie sei più legato?

SD: Sempre alle ultime, io guardo avanti. Non mi fermo, non mi fermo.

 

IV: Cosa influenza la tua arte? Da cosa trai ispirazione?

SD: La musica, sicuramente, jazz e classica in particolare. Avrei sempre voluto imparare a suonare la chitarra e canto con passione, conosco tutte le canzoni di Celentano, ne ero appassionato. Molto importanti per me sono anche i luoghi, per esempio “Nelle montagne, (Alpe)” nascono mentre mi trovavo in un punto da cui vedevo un cielo splendido e, sotto un banco di nebbia, indefinito, una distesa verde: ho dovuto fermare quel momento su tela. E non solo. A volte incontro persone che hanno qualche cosa di diverso, che mi ispirano e allora mi trovo ad andarle a trovare o cercarle per poter assorbire quei colori e quelle forme che evocano. Certo (ride) non posso dire sfacciatamente: “senti o bisogno di te perché mi ispiri...”, non funziona così, però cerco di avvicinarmi, passare del tempo insieme.

IV: Infatti nella serie di ritratti, "Lebensfreude", che sembrano avvolti da nubi colorate e da queste resi simili ad elaborazioni mentali, si distinguono svariati personaggi, come dicevi, grandi musicisti appartenenti a generi diversi, ma anche Dalì... si tratta di persone che ti hanno ispirato nel corso della tua vita?

SD: Sicuramente sono icone positive dei nostri tempi che hanno lasciato un segno nella nostra cultura, nelle nostre esistenze. Sono importanti non solo per me ma per tutti noi.

IV: A giudicare dalla tua versatilità artistica si può dedurre che ti piaccia sperimentare stili e tecniche diverse. Sembra che tu scelga un canale espressivo che ogni volta esalti o meglio si addica alla poetica che vuoi trattare: colori intensi, pennellate estese e atmosfere evanescenti in "Lebensfreude" mentre il ciclo "Begegnung", più legato alla realtà, si definisce con tratti brevi e tavolozza ricca di sfumature e luce. Nelle arti plastiche invece si esprime in piena libertà la tua voglia di creare anche in maniera un po’ giocosa (penso ad esempio a Kreatur 1 und Kreatur 2). Si tratta di diversi lati del tuo carattere?

SD: No, non lati del mio carattere, si tratta di tappe diverse del mio sviluppo artistico. La diversità del mio operato è un po’ come un diario della mia vita e della mia evoluzione, anche se sicuramente per me è importante una fusione tra il tema che tratto, ciò che voglio comunicare, e la tecnica ed i materiali che utilizzo. Per esempio in “Armonia 5” ho dipinto anche con il caffè, che si sposa con l’idea che volevo evocare; in quest’altro quadro invece la corteccia, la sabbia e altri materiali segreti, posti sulla tela hanno dato vita, nel mio sguardo, ad imbarcazioni tra le onde, “Caravelle” è appunto il titolo. I colori di questi cicli, colori mediterranei, sono quelli della mia infanzia, il verde degli ulivi, il giallo dei limoni, i vari toni di blu del mare. Altre volte è la tecnica in sé ad affascinarmi, come nel caso delle pitture murali che ho realizzato nella scuola elementare di Telottstrasse in cui ho eseguito un trompe l’oeil* rappresentante una biblioteca oppure nel “Club” Freizeitheim di Hasenbergl, in cui ho dipinto Aladino ed il drago in un’oasi, dando all’osservatore/al fruitore l’impressione di trovarsi in una fiaba incantata.

IV: Una sinergia di colori, materiali, tecniche e messaggi quindi.

SD: Esattamente. Inoltre nei lavori degli ultimi anni ho introdotto un metodo diverso. Dopo aver dimostrato le mie capacità esprimendomi con uno stile figurativo, ho deciso di passare ad un altro stile. I miei lavori non sono astratti, le mie opere sono piuttosto lasciate in sospeso, definendo solo parzialmente l’immagine e dando all’osservatore la possibilità di porsi delle domande. La realizzazione del quadro non è interrotta, sono io che decido di terminarla appena mi si “rivela”.

 

IV: Nel tuo sito, infatti, si legge: “MIT VISIONEN KANN GROSSES ENTSTEHEN”. Il ”non-finito” è un tema caro agli artisti moderni (anche se già Michelangelo lo sosteneva) perché più il messaggio dell’artista è indefinito, più sollecita lo spettatore a completarlo e a interpretarlo. Il “non finito” si trasforma in “infinite” possibilità di lettura.

SD: Certo, l’osservatore non ha più un ruolo passivo ma con la sua attribuzione di senso contribuisce al significato del mio lavoro. Nel ciclo “La fiamma” non ho dato alle singole opere un titolo, proprio perché non volevo imporre la mia visione ma lasciare libero colui che guarda la tela, magari anche di girarla, di cambiare prospettiva e di “vedere” ciò che la sua cultura, le sue esperienze e la sua fantasia gli suggeriscono. Proprio come capita a me, le due opere che citavi ”Kreatur 1” e “Kreatur 2”, ad esempio sono nate osservando queste radici che avevo da tempo davanti a casa e che all’improvviso ho guardato con occhi diversi. Oppure “Vento nei capelli”: anche questa scultura nasce dal mio incontro con un elemento naturale (il legno) nel quale ho visto appunto una chioma in movimento, che poi ho completato con un profilo in bronzo e posizionato su di un piedistallo semovibile. Ecco, questa trasformazione di senso dalla semplice radice alla signorina che scuote la testa è lo stesso esercizio che svolgono i visitatori, a modo loro.

(Seguo Serio che va rapido verso un quadro di grandi dimensioni.)

SD: (tra la curiosità e la sfida): Adesso ti faccio io una domanda: cosa vedi?

IV: Allora. I colori mi ricordano la vista di una terra dall’alto, un’isola direi (e guardo invano Serio in cerca di conferma... niente... procedo) noto che sulla tela sono incollate e dipinte due tele di minori dimensioni, (l’artista finalmente annuisce)…E poi, questa venatura rossa fuoco, forse magma, un’eruzione?” (aggiungo con voce indagatrice).

SD: No, non è magma, ma sono felice che tu l’abbia notata. Sai che cosa sta succedendo oggi a Dubai?

IV: (“Questa la so”, penso) È un centro d’affari internazionale, stanno costruendo come matti.

SD: Esattamente, le piccole tele che ho inserito rappresentano proprio l’intervento umano e quella venatura che attraversa la terra, beh quello è il sangue che scorre sulla natura violata: appunto uno dei temi principali del ciclo Kozo Baumrinde (a cui questa opera appartiene). In questo caso l’utilizzo di materiali, come la corteccia o i tronchi non dà alle immagini solo un significato aggiunto ma davvero dona loro un’anima, uno spirito.

(Serio si sposta e mi chiede ancora di descrivergli una scultura. Siamo davanti a tre sagome in metallo ed un grosso pezzo di tronco sottolineato da una fascia di metallo. L’opera si chiama “Mahmal”.)

IV: (Ora ci ho preso gusto e mi lascio andare) Sulla sinistra mi pare di distinguere nettamente tre abeti, sono piegati dal vento, molto poetici, il tronco, la fascia.. mmm... forse... l’aurora boreale? (io e Serio ci guardiamo e ridiamo entrambi di gusto).

SD: Il pezzo di tronco che vedi, è stato tagliato da un ceppo di ciliegio che ho trovato vicino all’Isar e che è esposto più avanti, è vuoto e la sua cavità ha la forma di un albero. Rappresenta per me “l’assenza”. Vicino a casa mia hanno tagliato un albero maestoso e mi è rimasto impresso questo senso di “vuoto”, lo racconto perciò in questa opera. Come dicevi ci sono tre abeti, sono piegati perché il loro destino è incerto, benché siano forti di natura (sono rappresentati in metallo), dipende da noi, dalla nostra capacità non solo di guardare e di godere delle cose belle che la natura ci offre ma di rispettarle, di proteggerle. Noi tutti profittiamo della bellezza della natura.

IV: In questa intervista hai parlato spesso, in contesti diversi, della coscienza collettiva, l’individuo ti interessa poco e non è quasi mai protagonista delle tue opere, sembra che tu abbia una visione più ampia. Nell’arte ma anche nella vita: tieni corsi, sostieni artisti emergenti, partecipi a gruppi artistici e a progetti di beneficenza.

SD: Sì, mi interessa l’umanità, la natura ed il loro rapporto. Poi cerco di aiutare sempre, se possibile, perché io vivo bene e sento la necessità di fare qualche cosa per i meno fortunati. Alla fine cosa mi costa? Un po’ di lavoro? E che problema c’è? E poi si tratta di esperienze importanti. Anche i corsi, in particolare con i bambini, sono davvero appaganti. Quest’opera “Unsere Erde” l’ho realizzata con i bambini della scuola elementare di Moosach (si tratta di un libro scolpito in legno). È un’esperienza indescrivibile lavorare con loro: il loro entusiasmo, la voglia di fare e di imparare. Pensa che arrivavano al corso con anticipo per non perdere nemmeno un minuto: una bella soddisfazione. Inoltre sono felice di tenere un corso presso la casa degli anziani Augustinum München Nord; concentrarsi sulle forme ed i colori aiuta a dimenticare la sofferenza e la realizzazione di opere d’arte è un’attività molto appagante, basta guardare i loro sorrisi.

IV: Parlavamo delle associazioni, hai fondato “Pons Arte”, vuoi raccontarci il senso di questo progetto?

SD: “Pons Arte” nasce cinque anni fa. Lo scopo è quello di fare da ponte tra istituzioni ed artisti attraverso inviti ad eventi, incentivando lo scambio, il contatto. Io credo in un’arte viva, che si arricchisce con il confronto. Anche gli altri gruppi a cui partecipo da tanti anni (“Künstlerstammtisch am Hasenbergl” e “Kaleidoskop”) hanno in parte questa funzione.

 

(Raggiungiamo ora altre sculture, alcune poste su basamenti in tufo, la pietra in cui Matera, la città di origine dell’artista, è stata interamente scavata. Le passiamo in rassegna una ad una e Serio me ne descrive la creazione, ogni pezzo ha una storia, un aneddoto, una particolarità. Ancora una volta tecniche e materiali si susseguono: “Capovolto” realizzato in metallo e gesso è una figura indefinita che anche capovolta appunto, rimane identica a sé stessa; “Welle” è un’onda in gesso che si sviluppa in verticale e “Pilz” invece è un simpatico fungo in rame di piccole dimensioni.)

IV: Colpisce il fatto che il rame di quest’ultima scultura sia ossidato. Rammento che prima, mentre mi descrivevi l’opera “Salamandra”, che rappresenta un vaso rotto con una salamandra che ci si arrampica sopra, mi dicevi che è importante che il vaso non sembri nuovo poiché non sarebbe realistico: “Gli animali non vivono negli oggetti nuovi”.

I materiali che utilizzi sono spesso materiali che incontri per caso e visto che prima parlavi di anima, mi sembra di capire che per te sia importante quella sorta di “patina” che il tempo dona agli oggetti, è così?

SD: Per quello che riguarda “Pilz”, visto che non è una grande scultura da mettere fuori che può ossidare, allora paradossalmente la realizzo già ossidata, da mettere in casa (Serio sorride). Sai siamo noi che cerchiamo la perfezione, le cose “diritte”, nuove, intonse, ma è il tempo, l’imperfezione, l’uso, il consumo che rende gli oggetti, le cose, affascinanti, uniche... è la vita. Ecco, nelle mie opere mi piace far vedere che c’è vita.

(*) Trompe l'œil: “Illusionsmalerei”, dal francese letteralmente “inganna l’occhio”. Si tratta di una tecnica pittorica molto antica che consiste nel dipingere una veduta di uno spazio o di oggetti sulla parete, riprodotti in modo estremamente fedele, da dare l’illusione della loro reale esistenza .

2009-1 pg 4

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