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Categoria: Varie
Pubblicato Domenica, 21 Novembre 2010 20:01

Il caso Mortara

Giovanni Paolo II aveva definito gli ebrei “fratelli maggiori” e oggi Israele lo piange. Un episodio del passato ci ricorda quando le cose stavano diversamente

Bologna 1858: Ein jüdisches Kind wurde der Familie weggenommen. Täter: die Polizei. Mandant: Das Heilige Offizium. Motiv: Das Kind war 6 Jahre davor getauft worden. Eine 150 Jahre alte Geschichte erinnert an die Zeit, in der die Beziehung zwischen dem Vatikan und den Juden anders als heute war.

Corrado Conforti

La recente celebrazione del sessantesimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz ha seguito di alcuni giorni una serie di articoli apparsi sul Corriere della Sera a partire dal 28 dicembre dello scorso anno. Il primo di questi, a firma di Alberto Melloni, riferiva della scoperta di un documento del Santo Uffizio risalente al 1946, nel quale la voce ufficiale del Vaticano, e quindi dell’allora pontefice Pio XII, raccomandava alla Chiesa francese di prender tempo nelle questioni riguardanti la restituzione di quei bambini figli di ebrei che, durante la persecuzione nazista, erano stati nascosti nei conventi francesi. In particolare il documento vaticano specificava che i bimbi, che in quegli istituti fossero stati battezzati, non dovessero essere affidati a “istituzioni che non ne sapessero assicurare l’educazione cristiana”. Inoltre, dal momento che la maggior parte dei genitori era stata soppressa nei campi di sterminio e che coloro che reclamavano i piccoli erano spesso lontani parenti, il Santo Uffizio sconsigliava che i bambini venissero sottratti alla custodia della Chiesa per essere affidati a “persone che non hanno alcun diritto su di loro”. Il documento, che ha provocato non poco imbarazzo negli ambienti chiesastici (a parte una sorprendente risposta di Vittorio Messori sullo stesso Corriere della Sera, nella quale in pratica il pubblicista cattolico difende l’operato di Pio XII), mi ha riportato alla memoria un episodio accaduto in Italia poco meno di 150 anni fa, in un’ epoca cioè in cui la Penisola era ancora divisa in una serie di piccoli stati dei quali quello della Chiesa comprendeva territori più o meno corrispondenti agli odierni Lazio, Umbria, Marche, Romagna e parte dell’Emilia. Nelle poche righe che mi restano proverò a riferirne a beneficio dei miei - volendo immodestamente citare il Manzoni - “ venticinque lettori”. A Bologna il 23 giugno del 1858 si presentarono a casa di Salomon Mortara, di religione israelita, di sua moglie Marianna e dei loro otto figli, due uomini. Si trattava di due „sbirri“, come li si chiamava allora, lì inviati da padre Gaetano Feletti, Inquisitore del locale Sant’Uffizio, con l’incarico - che eseguiranno - di sottrarre alla famiglia il piccolo Edgardo di anni sette. Cosa era successo? Nel novembre dell’anno precedente Anna Morisi, ex domestica di casa Mortara, si era recata al convento dei Domenicani per raccontare di aver battezzato segretamente, sei anniprima, il piccolo Edgardo, allorché questo, a suo dire, minacciava di morire di malattia. La Chiesa infatti consentiva (e consente) a ogni cattolico di impartire il battesimo a chi ancora non ne fosse in possesso e stesse sul punto di lasciare questa vita. Nonostante le disperate proteste dei genitori e della locale comunità ebraica, il piccolo verrà trasferito a Roma e rinchiuso nella locale Casa dei Catecumeni, costruita per accogliere tutti coloro che di loro spontanea (ma molto più spesso forzata) volontà volesse convertirsi al Cattolicesimo. La notizia del rapimento farà il giro del mondo; ma, nonostante le proteste che si leveranno in tutta Europa e negli Stati Uniti, il bambino non verrà mai restituito alla famiglia. Lo stesso Papa, Pio IX, rivendicherà la legittimità del rapimento. Quando poi
alla fine del 1870, Roma sarà conquistata al nuovo stato italiano, Edgardo Mortara, ormai diciannovenne e in procinto di prendere i voti sacerdotali, fuggirà dalla futura capitale del Regno d’Italia per rifugiarsi in Alto Adige, allora parte dell’Impero Austroungarico. Morirà in Belgio il 1° marzo 1940, alla vigilia dell’invasione del paese da parte dell’esercito tedesco. L’antisemitismo, un odioso pregiudizio del quale in Europa non ci siamo ancora del tutto liberati, è stato purtroppo per secoli il pane quotidiano di questo nostro martoriato continente, e di tanto in tanto riemerge, come un fiume carsico, dalle buie profondità della storia e, soprattutto, dai peggiori recessi delle nostre anime. Concludendo, voglio qui ricordare a chi non ne fosse al corrente, che il processo di beatificazione di Pio IX si è positivamente concluso il 3 settembre del 2000. Quello di Pio XII è invece ancora in corso, ma, secondo il relatore generale alla Congregazione per la Causa dei Santi, in felice dirittura d’arrivo.

(2005-2 pag 6)

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