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Categoria: Turismo
Pubblicato Mercoledì, 01 Dicembre 2010 07:56

Cous cous Fest 2010

Cous-cous fest, la festa dell’amicizia a San Vito lo Capo (Trapani)
Bereits zum 13. Mal fand in San Vito Lo capo, in der Provinz Trapani, das Cous-Cous-Fest statt. Neben gutem Essen gab es Musik, Tanz und interkulturelle Begegnung.

Nazzarena Barni-Fritsch

Siamo ormai alla 13a edizione della celebrazione di questo cibo, uno degli alimenti base del bacino del Mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente: il cous cous.
Il motto di questo anno è “what a colourful World e “make cous-cous, not war”. Come dire, ed è così, che se si ha abbastanza da mangiare e si mangia bene, se si sta bene, non si ha voglia di pensare alla guerra. E ancora: il consumo del cibo implica la convivialità e l’obbligo morale dell’ospitalità. E una persona che mangia alla tua tavola, e con cui dividi il cibo, rimane una persona con un volto, e non può essere più un nemico.
Come ogni anno, la festa si svolge a San Vito lo Capo in provincia di Trapani, quest’anno dal 21 al 26 settembre, ed è un modo gioioso di dare addio all’estate , mentre la festa preliminare per le selezioni, a giugno, ne rappresenta il benvenuto.
Voluta fortemente dal comune nella figura del suo sindaco, Matteo Rizzo, che della ricezione alberghiera e della ristorazione ha un’esperienza personale, la festa (e - notate bene - si parla sempre di festa e non di festival) si svolge grazie al sostegno di diversi sponsor e all’organizzazione dell’agenzia palermitana Feedback.La festa è composta da quattro elementi:
- la gara gastronomica;
- le degustazioni di cous cous negli stand nazionali e internazionali, con quest’anno l’offerta di cous cous biologico nella Casa del Magreb, che ha offerto per la prima volta anche cous cous senza glutine;
- il percorso mostra-mercato di conoscenza dei prodotti tipici della zona, allestiti in bellissimi padiglioni berberi, che davano l’impressione di immergersi in un suq;
- la presentazione del concetto di “comune virtuoso” con la dimostrazione pratica della sua attuabilità.
In una bella festa non può mancare la musica, offerta al pubblico ogni sera sul palco di Piazza del Sepolcro dalle 22:00 circa, seguendo i talk show in prima serata che facevano il punto sugli avvenimenti della giornata. Tanto per nominarne uno, edizioni speciali in diretta del frizzante programma di Radio 2 Decanter, in cui Andy Luotto, (quelli della mia generazione se lo ricorderanno come siamo tutti figli di Manuel e buono, no buono nello spettacolo “storico” l’Altra Domenica di Renzo Arbore). Nel frattempo è diventato un grande chef e ha imparato l’italiano, (ma non ha perso niente del suo smalto graffiante) si è aggiunto ai due conduttori, Fede e Tinto, dando il suo contributo personale per descrivere i punti salienti della gara gastronomica agli ascoltatori. Gli sono bastate brevi frasi, qualche volta solo un paio di parole in connessione, per dare un giudizio sempre molto “azzeccato”, ma mai dissacratorio.
A questa fase semiseria seguivano sul palco cantanti come Carmen Consoli, Daniele Silvestri e gruppi musicali come i Sud Sound System e gli Skarafunia, e spettacoli teatrali con tematiche impregnate non solo di sicilianità, ma di contenuti universali di accettazione della diversità.
Con effetto elegante e avvolgente si aggiungeva l’atmosfera pigra e sensuale della tenda berbera, estesa per più di mille mq di superficie sulla spiaggia bianchissima di San Vito, dal nome suggestivo di Al Waha, oasi nel deserto. Con la sua struttura, la tenda centrale (con funzioni aggreganti il consumo del cibo, le feste e le presentazioni) faceva da fulcro alle altre grandi tende, che si aprivano tutte intorno. I vari padiglioni, in questa festa deputati all’accoglienza degli ospiti, lasciavano immaginare come potessero essere gli accampamenti degli sceicchi, con tende per le loro famiglie, i loro dignitari e la servitù. E come ogni festa del deserto che si rispetti, si alternavano da mezzogiorno a mezzanotte danzatrici del ventre, aggraziate e leggiadre, mai volgari, con danze languide e suggestive, come quelle delle candele, fissate su candelabri-copricapo.
Faceva parte del gruppo anche un ballerino che si esibiva in coppia con una splendida figlia del deserto, un danzatore del ventre che probabilmente aveva alle spalle una solida formazione di danza classica, perché nei suoi movimenti non c’era nulla né di goffo né di effeminato, ma controllava perfettamente una naturale eleganza dei movimenti. Nonostante questo, un rotolino sui fianchi ce l’aveva anche lui, come le danzatrici e noi mortali, perché il cous cous dà sazietà e felicità, ma i rotolini-salvagente non li diminuisce sicuramente. Ma volete mettere il piacere del palato soddisfatto…
E, last but not least, la trasparenza tropicale del mare di San Vito, che si staglia con sapiente coreografia paesaggistica contro il Capo alto e scosceso, che dà il nome alla località e le dona più che un tocco tropicale, e una natura bella e aspra, che trova il suo apice nel parco naturale dello Zingaro, la prima riserva naturale istituita in Italia, che giustifica da sola una visita al territorio.Ma torniamo al brivido della competizione che comportano tutte le gare. La gara gastronomica è stata indetta per stimolare la creazione di ricette innovative, partendo dalle tradizioni di ogni paese in gara. Si sottolinea l’aspetto di gioco e infatti non è scorso il sangue, ma chi non vorrebbe vincere fortemente anche un semplice gioco?
La giuria popolare, composta dal pubblico, ha scelto fra nove nazioni i tre finalisti: Palestina, Israele, e Italia. In questo modo, si sono trovati vicini due Paesi in non buoni rapporti al tavolo delle trattative, ma rilassati e socievoli l’uno con l’altro alla tavola più che simbolica del cibo. Fatto casuale, ma giustamente evidenziato, poiché non sono i popoli che vogliono le guerre, ma i potenti, che in guerra notoriamente non ci vanno. Però, per sicurezza, i due Paesi nella presentazione erano sempre separati dall’Italia. I palestinesi hanno presentato, a modesto parere di chi scrive, il piatto più saporito e decorativo.Israele era presente con il cuoco più giovane della gara Ronny Basson, figlio di Moshe, famoso cuoco israeliano già presente in una scorsa edizione, che ha presentato il suo cous cous con carne in una melanzana morbidissima, che ha lasciato tutti i presenti concordi per la sua incredibile morbidezza e cremosità.

L’Italia, che la giuria popolare ha decretato come vincitrice, ha presentato un cous cous con buzzonaglia di pesce e anemoni di mare (attinie fritte) che attingevano alla volontà di recuperare e rivalorizzare anche le parti meno pregiate del pesce con ingredienti a prima vista inusuali, come fegato e stomaco di pesce. Antonella Pace, dello staff dei cuochi italiani, ha mostrato come la totale dedizione alla sua professione porti anche a sacrifici, mostrando i segni provocati dai tentacoli urticanti di un’attinia.La giuria di qualità, formata da giornalisti e opinionisti, e presieduta da Edoardo Raspelli (conduttore del programma Melaverde) ha decretato la vittoria della Tunisia. Inoltre, per la prima volta, è stato assegnato un premio per la composizione più decorativa, rigorosamente edibile, assegnata alla Francia con Jean Francois Haloin. Da notare che la maggior parte dei cuochi erano uomini; solo nell’Africa magrebina e centrale le cuoche erano donne, e che donne! Abbigliate con costumi tradizionali, sembravano sacerdotesse che presentavano le loro offerte agli dei, sublimando i prodotti della terra tramite il fuoco e l’amore. Perché, come ha detto la ormai nota Mamma Africa, il cibo è Amore
Difficile decretare il cous cous migliore tra i tanti superbamente presentati nella gara gastronomica, estremamente saporiti negli stand di degustazione, che erano suddivisi per nazioni e allestiti come tende berbere con stoffe e cuscini dai colori chiassosi e solari. Particolarmente intrigante è stato un piatto fuori gara, perché già presentato, del cuoco Giuseppe Abate di San Vito lo Capo, che nei seminari di approfondimento gastronomici, aperti anche al pubblico senza costi di entrata come per la gara gastronomica, il pomeriggio dell’inaugurazione ha presentato un cous cous al nero di seppia, accompagnato da una mini polpettina croccante di seppiolina tritata e coronato da polpa di riccio, bello da vedere… squisito da mangiare.

A tutto questo faceva da cornice in ogni angolo di San Vito, rischiando di straripare per la varietà e ricchezza, tutto un tripudio di gelaterie e pasticcerie con cannoli, cassatine, cialde di cioccolato affogato nel rhum, pasta di mandorle… semifreddi, sorbetti, granite, brioche con ricotta, creme spalmabili di pistacchi … Impossibile dire basta!
Spettacoli e degustazioni guidate, o partecipazione alla gara gastronomica, erano gratis. Solo per il cibo si pagava un ticket fisso, che era di dieci euro per degustare uno dei 35 diversi tipi di cous cous preparati con ricette tradizionali dai diversi Paesi presenti. Al cibo si aggiungeva un bicchiere di vino e un dolce siciliano tipico. Con un ticket di venti euro si poteva accedere, sia a pranzo che cena, alla tenda berbera installata sulla lunghissima spiaggia di sabbia finissima, e gustare il cous cous su divani, ottomane e cuscini facendolo seguire, volendo, da narghilè ai vari aromi, per un’immersione completa nella rilassata e oziosa atmosfera di un oasi nel deserto. In tutto questo divertimento ed enorme partecipazione numerica, la piacevole sorpresa di non vedere cartacce o rifiuti per terra, segno spesso di una grande festa, di cui sono considerati purtroppo inevitabile corollario.San Vito fa parte da tempo del club dei comuni virtuosi della Sicilia, termine che identifica i comuni che si impegnano attivamente a non inquinare ulteriormente l’ambiente con resti urbani. I piatti e i bicchieri -e se ne consumavano a migliaia- erano di materiale biodegradabile e compostabile, bidoni della spazzatura ogni dieci metri rendevano facile e naturale al pubblico non lasciare rifiuti al loro passaggio e una squadra di operatori ecologici pronta, attenta e onnipresente, faceva il resto. Anche la struttura della tenda berbera, dopo la festa, smontata e trasportata, non ha lasciato segni invadenti sulla spiaggia, ma solo il bel ricordo del suo passaggio.Brava, San Vito, e bravi anche le donne e gli uomini che hanno voluto e realizzato tutto questo, regalandoci questa bella festa.

(2010-4 pag 13)

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