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Categoria: Turismo
Pubblicato Mercoledì, 15 Giugno 2016 06:21

A colloquio con Palladio

Con le ville venete l'architettura diventa lingua

Pasquale Episcopo

Monaco, 12 giugno 2016.
Ho trascorso una settimana in Veneto e ho potuto visitare alcune ville palladiane e post palladiane: Villa San Fermo a Lonigo, Villa Pisani Bonetti a Bagnolo di Lonigo, Villa Fracanzan a Orgiano, Villa Cordellina Lombardi a Montecchio Maggiore, Villa Pojana a Pojana Maggiore, Rocca Pisana ancora a Lonigo. Ne sono rimasto affascinato.

Andrea Palladio è stato il più grande architetto del rinascimento italiano e ha progettato quasi duecento opere - ville, palazzi, chiese, ponti - realizzandone circa la metà. Con i suoi progetti ha influenzato la storia dell’architettura nel mondo occidentale fino all’Ottocento ed oltre. Esempi di questa influenza sono visibili in Inghilterra, Francia, Spagna, Russia e Stati Uniti d’America. La stessa Casa Bianca, residenza e ufficio del presidente degli Stati Uniti, è stata realizzata in stile palladiano.

Tra le opere di Palladio le ville rappresentano una categoria a parte, espressione di rigore, armonia e bellezza che hanno contagiato generazioni di architetti nei secoli successivi. Dopo Palladio, moltissime ville sono state realizzate in un territorio che comprende il Veneto ed anche parte del Friuli. Qualcuno si è preso la briga di censirle e ne ha contate oltre quattromila.

Ma perché sono potute sorgere così tante ville? Per rispondere a questa domanda si devono considerare fattori molto diversi tra loro, geografici, economici, politici e sociali. Il primo di questi fattori è rappresentato dalla Serenissima, la Repubblica di Venezia. Le ville, infatti, sono tutte sorte in un territorio che era sotto il dominio della potente e ricca repubblica marinara. Nel ’500 la città aveva 150.000 abitanti ed era la più popolosa d’Italia e tra le più popolose d'Europa. Poiché era una repubblica, il potere non era nelle mani di un monarca, ma di una oligarchia rappresentata da diverse famiglie molto ricche. La distribuzione del potere e della ricchezza fu dunque essenziale per lo sviluppo della Serenissima sulla "terraferma". Ma non fu l'unico fattore determinante.

Con la scoperta dell’America il Mediterraneo perse la sua importanza e i grandi traffici marittimi si spostarono nell'oceano atlantico tra gli Stati del Nord Europa, l’Africa e le Americhe. L’economia veneziana visse una trasformazione graduale. Da economia marittima diventò economia agricola. Progressivamente si assistette ad una trasformazione dalla società feudale, che si era realizzata intorno a un castello, a quella latifondista che vide il suo centro di aggregazione nella villa. Ai lati delle ville vennero costruite le cosiddette barchesse, edifici destinati ai contadini, agli animali e alle attrezzature di lavoro. La vita in villa era incentrata su un'economia solida e autosufficiente, capace di produrre tutto ciò che era necessario al fabbisogno delle persone che ci vivevano. Gran parte della produzione agricola delle ville veniva venduta nelle vicine città e nei territori della repubblica.

Un altro aspetto rilevante fu poi la cosiddetta "pax veneta". Circa tre secoli di assenza di conflitti nelle province della terraferma veneziana, e la sicurezza che ne derivò, contribuirono a creare un clima di fiducia che fu il presupposto per investire nella realizzazione di ville sontuose, affidandone i lavori ad architetti e decoratori illustri, Vincenzo Scamozzi, Francesco Muttoni, Giambattista Tiepolo, solo per fare qualche nome.

La fitta rete idrologica del Veneto, del Friuli e della Lombardia fu un altro aspetto importante. Le ville sorsero vicino ai fiumi o alle sorgenti, essenziali per lo sviluppo dell’agricoltura. Le ricche famiglie venete che acquistavano i terreni, bonificandoli potevano usufruire di forti sconti sulle tasse da pagare. Complessi sistemi di drenaggio e irrigazione vennero realizzati. L’acqua permise la coltivazione intensiva delle campagne. Venezia diventò indipendente dalle importazioni di grano turco.

Alla base della proliferazione delle ville venete c'è dunque stata una combinazione di elementi favorevoli e il talento di Palladio fu solo uno di questi. Tuttavia è stato fondamentale perché ha fatto scuola.

Andrea di Pietro della Gondola, detto Palladio, nacque a Padova nel 1508. Durante l’infanzia si trasferì con la famiglia a Vicenza dove, a sedici anni, cominciò a lavorare come scalpellino e tagliapietre, mestiere che svolse per molti anni. Nel 1538 conobbe Gian Giorgio Trissino, letterato e architetto vicentino, che notò la sua bravura e diventò suo estimatore e protettore. Insieme a Trissino compì diversi viaggi a Roma dove ebbe la possibilità di studiare e disegnare i monumenti antichi. La storia e la cultura di Roma antica lo affascinarono profondamente influenzandone lo stile. Fu proprio Trissino a dargli l’appellativo di Palladio, nel senso di «colui che è sacro a Pallade Atena», divinità greca protettrice delle arti.

La Villa Almerico Capra, detta La Rotonda ed ubicata alla periferia di Vicenza, è considerata il capolavoro della maturità artistica di Palladio. Dopo averla visitata Goethe scrisse “forse mai l'arte architettonica ha raggiunto un tal grado di magnificenza". In essa la grande sala centrale costituisce lo snodo per accedere alle sale laterali. Ciò rappresenta l'elemento comune, e tuttavia sempre diverso, delle ville palladiane. Volumi, dimensioni e forme si incastrano e si compongono armoniosamente. Le ville esprimono bellezza, equilibrio e simmetria che sono visibili tanto all'interno quanto all’esterno. Terrazze, pronai e scalinate completano l'architettura affacciandosi su ampi spazi esterni. 

Studiando le ville palladiane nella loro diversità, si nota come gli elementi che le compongono, gli ambienti con la loro disposizione, le dimensioni, i rapporti e le geometrie diventano elementi di una lingua, lessico e sintassi al tempo stesso.

Con Palladio l’architettura si fa lingua, strumento di descrizione e di comunicazione. 

Nel 1570 il maestro pubblica i “Quattro Libri dell’Architettura”, opera in cui illustra, con disegni chiarissimi, i suoi principi progettuali fin dalle prime esperienze giovanili. Anche per questo è possibile dire che l’opera del grande architetto vicentino ha ispirato e influenzato le generazioni di architetti che hanno costruito le ville venete nei secoli successivi.

Nel 1996 24 ville di Palladio sono state dichiarate dall’Unesco patrimonio dell’umanità.

 

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