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Categoria: Musica
Pubblicato Giovedì, 25 Novembre 2010 10:46

Come frammenti di un film

Gli “attimi” del cantautore milanese Stefano Covri

Der Mailändische Sänger Stefano Covri hat mit Erfolg an dem Festival della Canzone im letzten Herbst in München teilgenommen. INTERVenti hat ihn in seiner Heimat interviewt und Stefano hat uns u.a. berichtet, wie die Lieder seines CD’s „Attimi“ entstanden sind.

Raffaella Roversi

Sicuramente molti conoscono Stefano Covri per averlo sentito cantare al Festival della canzone italiana a Monaco il 15 ottobre 2005 al Gasteig. Ed alcuni, incuriositi, saranno andati sul suo sito per scoprire che è nato a Milano nel 1961, che ha studiato chitarra classica nella sua città natale e che da più di quindici anni si muove con leggerezza e professionalità nel panorama della canzone e della musica italiana in tutti i suoi risvolti: dal concorso o festival canoro, allo spettacolo teatrale, al cabaret, con collaborazioni importanti con grandi della canzone.

InterVenti (IV): Stefano, com’è stata la tua esperienza a Monaco?
Stefano Covri (S.C.): Molto positiva: ho trovato una città viva e attenta culturalmente, una città disciplinata nei rapporti sociali ma latina nell’accoglienza. Ho percepito un clima sereno e sicuro, una voglia di partecipazione, di esserci “insieme”. Ho avuto anche la fortuna di incontrare professionisti seri e preparati. Per esempio, il musicista Alexander Krampe con cui ho iniziato una serie di collaborazioni.

(IV): Senti, oggi vorrei portare i nostri lettori dentro i mondi racchiusi in due delle tue canzoni - per ragioni di spazio non possiamo menzionarle tutte - del tuo primo Cd: “Attimi”. Perché questo titolo?
(S.C.): Proprio perché volevo riassumere questi anni di lavoro, di scrittura (ha scritto anche per altri, ndr) e di musica dal vivo. Avevo voglia di riunire tutti i frammenti, gli spezzoni di un film. Non c’è un lavoro progettuale su un tema, ma tutto è legato da un filo emotivo.

(IV): Cominciamo con una canzone che a me è piaciuta molto : “5 dita”. C’è assenza d’amore. Non fra uomo e donna ma fra due mondi, quello del bimbo e dell’adulto. Inoltre tocchi tanti temi che vi ruotano intorno, l’educazione, la violenza come peggior insulto non per colui al quale è indirizzata, ma per chi la commette, il sogno.
(S.C.): Sì, qui ho voluto dipingere storie parallele di infanzie infelici: dal bimbo che nasce solo come un accessorio indispensabile di una coppia moderna, a quello che cresce con il desiderio di essere amato che si trasforma in rabbia nel corso degli anni, dopo che la violenza verbale e materiale degli adulti gli ha incenerito l’animo, a quello coccolato nella bambagia, che a 14 anni non riesce a trovare il senso della sua vita. Sai che sono anche insegnante alle superiori e talvolta resto perplesso di fronte ad un sistema che garantisce diritti a questi ragazzi, ma non insegna loro a combattere e non li prepara al concetto di dovere e quindi alla vita.

(IV): Queste cinque dita impresse sul cuore non lasciano più spazio se non alla rabbia ed al sogno, nutrimento dell’animo contro lo squallore della quotidianità. Per te che valore ha il sogno? Cosa sognavi da piccolo e cosa sogni ora?
(S.C.): Il sogno, quello vero, non quello di vincere al lotto, è molto importante. E’ una finestra sulla fantasia, sull’innocenza. E’ una fonte di energia per il nostro spirito. Aiuta a crescere. Sin da bambino sono stato un po’ solitario e mi muovevo in una mia dimensione. Mio nonno costruiva ostacoli per il salto agli ostacoli dei cavalli all'Ippodromo di S. Siro, qui a Milano. Mia nonna era guardarobiera dei fantini, sempre attenta a lucidare quegli splendidi stivali, a mettere in ordine le loro giacche dai bottoni scintillanti. Io avevo a disposizione spazi immensi, con oggetti molto diversi dagli scivoli o dalle altalene, eppure qui sognavo, sviluppavo la mia dimensione, i miei personaggi.I sogni da adolescente poi hanno acquistato una dimensione più sociale e di maturità. Probabilmente non differiscono molto da quelli attuali: vorrei infatti un mondo più vero, più sincero, più semplice. Vorrei più giustizia e meno legalità.

(IV): Vedi conciliabili i ruoli di mamma/manager?
(S.C.): Beh, non è facile rispondere. O meglio a volere essere diplomatici, dovrei dirti che, volendo, i due ruoli sono conciliabili. In realtà mi accorgo che, sia per la donna, sia per l’equilibrio dell’intera famiglia è veramente difficile. La donna è ancora oggi fortemente penalizzata e rischia, privilegiando la famiglia di perdere grosse opportunità professionali e privilegiando il lavoro di perdere certi appuntamenti con la vita che non ritornano più. Sicuramente lo stesso discorso è valido anche per l’uomo, ma è tacitamente accettato.

(IV): E’ il senso dell’abbandono che scivola via sulle note di un violino gitano. Ascoltando questa canzone ho rivisto il quadro di Chagall del suonatore di violino attorno al quale ruotano tutti i ricordi dell’artista. Cosa sono per te la musica e l’arte in generale?
(S.C.): Per me la musica è il senso profondo del mio esistere, la mia espressività interiore.
Fare musica è comunicare agli altri e a me stesso quello che ho dentro. E così mi sento vivo.L’arte è qualcosa che a volte mi sfugge, ma mi incanta, mi travolge, mi porta via. L’associo al bello, ma non alla bellezza edonistica, plastica, quasi stucchevole, ma alla grandezza della genialità. Penso per esempio agli schizzi di Leonardo. Sono stupito di fronte alla forza creativa ed al contempo emotiva che va al di là della realtà e che riesce a fare sognare.
Il mio concetto di arte ingloba anche quello di arte “tecnologica” e mi riferisco qui alla capacità artistica che si appoggia alla logica ed alla tecnologia. Inoltre ammiro profondamente la poliedricità di chi sa essere artista in più campi.

(IV): Attimi è la canzone che chiude l’album. Tu che giochi con le parole, che inviti l’ascoltatore a seguirti nelle capriole che fai fare loro, negli arcobaleni che loro creano, qui taci. Non più ironia, non più parole, solo musica.
(S.C.): Sì, è la dolcezza, la serenità, la maturità raggiunta; è il punto di arrivo, ma anche punto di partenza. Con “Attimi” si è chiusa una fase della mia vita affettiva e lavorativa, ma al contempo se ne è aperta un’altra: sto lavorando infatti ad un nuovo cd, che sarà il proseguimento di “Attimi”, ma avrà più freschezza, meno malinconia. In “lettera al padre”, riprendo per esempio il tema della morte ma non c’è più la rabbia, lo smarrimento di “Dimmi”. Significativa per questo Cd è “La vita è un’occasione” in cui emerge la mia voglia di vivere, ma anche di essere vivo per gli altri, offrendo loro una parte di me.

(IV): Ma i nostri lettori, dove possono trovare Attimi?
(S.C.): Il cd purtroppo è mal distribuito. La sola possibilità è di acquistarlo direttamente sul mio sito

(www.stefanocovri.it ).

(2006-3 pag 24)

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