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Categoria: Gastronomia
Pubblicato Sabato, 20 Novembre 2010 21:00

Quei cari sapori di una volta!

Un excursus storico attraverso le abitudini alimentari degli italiani

Italienische Küche heute: kostspielig arm. Der Trend kehrt zu ihren Ursprüngen zurück.

Pino Mencaroni

Si comincia con lingua di fenicottero, fegato di cervo e vino addolcito con miele. Disgustoso? Per niente: era il menù dei Vip dell’Antica Roma. Invece, agli schiavi toccavano gli avanzi e le erbacce: il tipico destino di chi nasce dalla parte sbagliata. Con l’avvento del cattolicesimo e fino all’anno Mille, diminuiscono banchetti e feste, fioriscono i monasteri e iniziano le penitenze. Prima fra tutte, quella di astenersi dal mangiare carne, alimento considerato troppo energetico e pericolosamente afrodisiaco: “vade retro sesso”.
Arriva il Rinascimento e la fantasia non ha più limiti: principi, dogi e duchi banchettano con teste di capriolo, arrosto di fagiani, dessert di panna montata e marzapane ed altri prodotti arrivati da terre esotiche. Il tutto su tavole ricoperte di oro e perle. Con qualche nobile eccezione, come in Toscana, dove i Medici, contrari alle esagerazioni, raccomandavano piatti della tradizione popolare preparati con ingredienti esclusivamente locali, a partire dall’olio di oliva. È in questo periodo che diventano popolari piatti come le pappardelle, le lasagne, i maccheroni, mentre a Napoli fanno la loro comparsa i vermicelli alla salsa di pomodoro.
Nell’ottocento, grazie anche alla opera di Pellegrino Artusi, che scrive l’inimitabile manuale "La scienza della cucina e l’arte di mangiar bene”, si diffondono i risotti veneti, gli arrosti toscani, i tortellini emiliani e il babà.

Concluso il primo conflitto mondiale, arrivano il fascismo e, soprattutto, la fame. Così il futurismo scatena la guerra alla pastasciutta; si deve lavorare per la Patria e per il Duce, mangiare è una vergogna. E, infatti, i film dell’epoca non mostrano mai delle tavole apparecchiate.
Dopo il secondo dopoguerra, l’Italia scopre il boom economico e il consumismo. In pochi decenni i frigoriferi si riempiono, il paese prima ingrassa, poi va in soprappeso e, infine, si pente e dimagrisce. E così negli anni 80 arriva la moda della "nuova cucina italiana” con porzioni così piccole che rientrati a casa ci si avventava su un modestissimo panino al prosciutto.
Al momento, la corrente più trendy del gusto gastronomico guarda a un romantico ritorno ai sapori del passato: ad esempio, vanno per la maggiore i prodotti biologici ma per comprare un chilo di mele è necessario un mutuo in banca. Da non sottovalutare, poi, la riscoperta della cucina povera dove è sempre più chic ordinare zuppe di pane o pasticci di castagne.
Sono le tipiche pietanze dei "senza terra” del Medioevo che, oggi, mettono il turbo al conto del ristorante: è il prezzo per sentirsi, almeno per un giorno, come i servi della gleba.

(2004-2 pag 9)

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