Dettagli
Categoria: Economia
Pubblicato Martedì, 23 Novembre 2010 08:46

Capitalismo

qualcosa si muove?

Sowohl in der Presse als auch in öffentlichen Diskussionen taucht das Thema "Kapitalismus" in der jüngsten Vergangenheit immer öfter auf. Dieses System, das solange gelobt worden ist, wird heutzutage häufig in Frage gestellt. Denn die zunehmend höher werdenden Lebenshaltungskosten und deren ungerechte Aufteilung sorgen für kritische Töne in der Gesellschaft.

Cosimo Carniani

Ultimamente il "capitalismo”, qui in Germania, ha fatto discutere molto. In realtà non si è discusso del capitalismo in quanto tale, ma della situazione economica attuale, chealtro non rappresenta che lo stadio più avanzato, finora, del sistema capitalistico (per questo metterò il termine "capitalismo” fra virgolette). Al di là del "Kapitalismus-Debatte”, che per qualche settimana ha impegnato i vertici del sistema politico, diversi segnali testimoniano il diffondersi nell’opinione pubblica di un certo fermento riguardo alle dinamiche dell’economia globale. Giusto per fare un esempio, forse ai lettori non è sfuggito il fatto che "Der Spiegel” ha dedicato su diversi numeri una "Serie” (Kapitalismus. Total-Global) all’approfondimento del tema, cercando di offrire una panoramica su alcuni dei tratti salienti del sistema economico globale. Questo successo sembra rivelare un desiderio di conoscenza e riflessione sul "capitalismo”- e dunque anche di una sua messa in discussione: di solito si incomincia a riflettere su qualcosa quando questo si fa problematico. In effetti il termine "capitalismo” ha proprio bisogno di una rispolverata perché, come tutti i concetti che si riferiscono a fenomeni storicamente divenienti, invecchia, perdendo la sua aderenza alla realtà. Comunque, il fatto che gli sviluppi dell’ultimo trentennio abbiano modificato la dimensione economica, sociale e politica del pianeta così profondamente da render necessaria la revisione di molti concetti e teorie - che rischiano altrimenti
di contribuire più alla distor-sione che non all’interpretazione del presente - è ampiamente noto: il numero delle pubblicazioni che ogni anno vi si cimentano è la migliore conferma dell’esigenza di una critica del "capitalismo”. La novità è piuttosto il fatto che questa cominci a varcare i confini del "mondo della cultura” estendendosi a più vasti settori della società. Novità che però non stupisce, perché il condizionamento che da qualche tempo le dinamiche del "capitalismo” esercitano sulle persone si è fatto così diretto e visibile che non può non saltare agli occhi. Dallo smantellamento dei posti di lavoro all’aumento delle tasse universitarie, dai rischi ecologici alle sofferenze delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo, tutto è ormai quasi irresistibilmente sottoposto alla logica del "capitalismo”, e la gente comincia a rendersene conto ed interessarsi. Per questo si registra nell’opinione pubblica una crescente presa di coscienza delle problematiche del "capitalismo” che, seppur timida, non ha tardato a dare i suoi primi modesti frutti: limitandoci al fenomeno più eclatante, fra le imprese, sempre sensibilissime agli umori dell’opinione pubblica - cioè dei consumatori - va facendosi strada la tendenza a presentarsi con una sorta di facciata eticamente rispettabile (per citare ancora solo un caso esemplare: la Nike ha recentemente offerto le proprie scuse per le disumane condizioni di lavoro dei propri stabilimenti in Asia). Come è ovvio, non si tratta di un pentimento morale, ma di semplice logica di mercato: non volendo rinunciare allabenché minima fetta di mercato, soprattutto se crescente, le imprese cominciano a dubitare del successo di prodotti fabbricati violando i diritti sindacali, sottopagando la manodopera e ricattando i paesi in via di sviluppo. Infatti un crescente numero di consumatori, purtroppo ancora assai ed alla qualità delle merci, ma anche ai loro "costi” politici, sociali ed ecologici (in una parola: etici). Per l’acquisto diventano rilevanti fattori come, ad esempio, le condizioni dei lavoratori, l’inquinamento ambientale e gli effetti delle politiche delle multinazionali sulle economie deboli, e il purtroppo ancor raro "consumatore critico” evita "marchi sporchi” e fa la fortuna del "commercio equo e solidale”. Come a conferma di questi segnali si legge sulla "Süddeutsche Zeitung” del 1˚ giugno 2005 che un Wirtschaftsethiker, il Prof. Josef Wieland, riceve il premio 2004 per la ricerca del Land Baden-Württemberg (assommante a 100. 000 euro); perché ha «ricercato con quali concrete misure si possa realizzare un cambiamento etico nelle imprese». Il Prof. Wieland è direttore nonché cofondatore del "Konstanz Institut für Werte
Mangement”, nel quale il regolare insegnamento di economia aziendale è affiancato da una serie di corsi che
inseriscono nella formazione dei Managers elementi etici. Ne dovrebbero uscire dirigenti "eticamente corretti”, attraenti per le imprese perché di fronte alla crescente "richiesta etica” della società, essi vantano un’arma in più. Sia pure solo a livello
ECONOMIA di tendenza, il successo della scuola è una spia della preoccupazione delle imprese che ormai, di fronte alla crescente consapevolezza dei consumatori, temono di non potersi più permettere di calpestare tutti i valori diversi dal profitto. Non si tratta solo della pessima reputazione delle aziende direttamente riconosciute colpevoli di misfatti vari, dallo sfruttamento del lavoro minorile alla persecuzione dei sindacalisti, ma di una generale antipatia che i colossi del
mercato cominciano a subire e avvertire. Forse la ragione è che oltre a subire gli svantaggi del "capitalismo” – inquinamento, ingiustizia sociale ecc.- oggi non riceviamo quasi niente in cambio: non ci vuole molto ad accorgersi che le disuguaglianze aumentano, cioè che chi è ricco si arricchisce ulteriormente a scapito dei ceti medi che si impoveriscono. Le promesse dello "sviluppo” sono state largamente deluse, e la gente comincia a perdere fiducia nel sistema e nella sua ideologia; per questo le imprese, che ne sono i soggetti più rappresentativi, non possono essere guardate che di traverso.
Questi primi germi di una posizione più critica dei consumatori hanno certamente assai modesta rilevanza nelle concrete vicende della società, ma sono indice di un qualche "fermento etico” nell’opinione pubblica. In questo quadro, Monaco può vantare un fatto molto positivo: la fondazione, all’inizio di quest’anno, dell’ MKE. Il Münchner Kompetenzzentrum Ethik, afferente alla Ludwig Maximilian Universität, è un istituto volto a promuovere la ricerca nel campo dell’etica, tra l’altro attraverso la collaborazione interdisciplinare di studiosi di filosofia, diritto, economia, medicina e biologia, in merito alle questioni sollevatesi negli ultimi anni. Dal pluralismo culturale delle nostre società alle problematiche della bioingegneria, dal rischio ecologico alla crisi dello stato sociale, l’MKE intende rispondere all’esigenza di un pensiero etico del presente.
L’intenzione è naturalmente quanto di più nobile vi sia, ma in genere simili progetti incontrano notevoli difficoltà di ordine finanziario, soprattutto in tempi di crisi economica. Non è questo il caso, e proprio per questo si deve leggere nell’istituzione del MKE un segnale positivo, l’indicazione su una tendenza che va prendendo corpo.
Come già detto, tutti questi segnali non concedono molto all’ottimismo, tuttavia devono essere interpretati,
a nostro avviso, come segnali positivi, soprattutto visto che sono in controtendenza rispetto all’andamento degli ultimi anni, caratterizzati dalla progressiva affermazione di un modello di sviluppo e di un’ideologia esclusivamente improntati sul profitto a tutti i costi, nonché dal continuo svilimento della dimensione etica della società. Come è ovvio il rinvigorimento di quest’ultima è il presupposto di una qualsiasi, per quanto labile la si voglia, speranza in un progresso nel vero senso della
parola.

(2005-3 pag 26)

Joomla Plugin
Cookies make it easier for us to provide you with our services. With the usage of our services you permit us to use cookies.
More information Ok Decline