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Ron Mueck: l’artista “più vero del vero"

Analisi dello scultore contemporaneo più popolare al mondo nello scenario iperrealista

Von Leonardos vitruvianischem Menschen über die gotische Kunst und die Renaissance führt die Spur direkt zu Ron Mueck, wie eine wunderbare Ausstellung seiner naturalistischen Arbeit zeigt.

Sasha Dejana

Nato a Melbourne nel 1958 da genitori di origine tedesca, Ron Mueck è uno degli artisti iperrealisti viventi più apprezzati in assoluto. Cresciuto in un ambiente creativo (i genitori producevano giocattoli), dal 1979 al 1983 lavorò in varie produzioni televisivededicate ai bambini. Verso la metà degli anni ’80, dopo una breve esperienza negli Stati Uniti, si trasferì a Londra dove prese parte alla creazione di effetti speciali per alcuni film tra cui Labyrinth (interpretato da David Bowie).Obbligata fu l’esperienza in campo pubblicitario tra il 1990 e il 1996 assieme alla propria compagnia di produzione.Fu proprio durante questo periodo che iniziò a sperimentare la vetroresina, elemento base (assieme al silicone), di tutte le sue future opere artistiche. Nel 1996 decise di produrre sculture in maniera indipendente, ma solo l’anno successivo avvenne il grande cambiamento, quando prese parte al Sensation: young british Artists from the Saatchi Collection alla Royal Accademy di Londra.Già durante l’esposizione Spellbound (del ’96) le opere di Mueck suscitarono un particolare interesse. In quell’occasione la scultura dell’artista (Pinocchio) fu installata in una sala tra le tele di Paula Rego. I visitatori persero di vista i dipinti della pittrice portoghese e concentrarono la propria attenzione sull’espressione incredibilmente realistica e sbarazzina del ragazzino scapigliato posto al centro della stanza, per nulla rassomigliante all’icona del burattino raccontata da Collodi.Ciò che impressiona delle opere di Mueck è indubbiamente la precisione con cui egli cura i dettagli. Avvicinandosi alla scultura appaiono subito evidenti la peluria, gli occhi inumiditi, l’epidermide raggrinzita negli anziani o tonica e morbida nei più giovani, l’imperfezione delle unghie di mani e piedi, la tensione dei nervi, la muscolatura.La tecnica adottata per la realizzazione di questi capolavori è piuttosto articolata. La parte principale è costituita dalla creazione di un “provvisorio” (in argilla), il quale ovviamente ha le stesse dimensioni dell’opera finale rifinita di particolari.

Dal modello egli realizza i “negativi” in vetroresina dentro i quali esegue la colata di gomme siliconiche che successivamente colorerà. Infine viene montata una struttura di legno o vetroresina su cui verrà poggiato il tutto, mascherandone i punti di giuntura. Peli e capelli vengono infilati uno ad uno, con un uncino, nello strato di epidermide siliconica.L’autore cerca di riprodurre la realtà in tutti i suoi aspetti, positivi e negativi. Lo studio va forse a riprendere gli ideali che da sempre hanno caratterizzato l’arte europea. La storia della scultura e della pittura nella civiltà occidentale, infatti, è sempre stata caratterizzata da parametri dedicati al concetto di “naturalismo” e “realismo”. La ricerca di queste qualità ha prodotto l’idealizzazione dei corpi raffigurati nel periodo dell’alto Rinascimento, quando la bellezza fisica era avvicinata concettualmente alle qualità morali o divine; negli stessi termini, ma in maniera inversa, in cui questi venivano concepiti agonizzanti e sofferenti durante il medioevo nelle raffigurazioni della dottrina cattolica.

Un esempio che rappresenta alla perfezione la durevole influenza dell’estetica occidentale è sicuramente L’uomo Vetruviano (1509) di Leonardo da Vinci, uno dei capolavori più familiari risalente al periodo rinascimentale. Le sculture di Mueck mostrano la realtà così fedelmente che a fatica notiamo la grande libertà che egli si prende nel curare le proporzioni e le anatomie. I corpi realizzati dall’artista australiano sono spesso presentati in forme “compatte” che lo spettatore può facilmente percepire come assolutamente bilanciate, stabili e solidamente radicate al terreno. Alcuni esempi sono Boy, Big Man e Shaved Head.Non solo, la realtà rappresentata da Mueck mostra alcuni caratteri tipici del periodo gotico, egli, infatti, oltre ad essere un cultore dei particolari è anche un osservatore risoluto dei corpi nudi. Immediato il parallelismo col pittore fiammingo Jan Van Eyck, che con dovizia curava le rifiniture nelle sue opere raffigurate senza veli: un esempio è Adamo ed Eva, dove i protagonisti, osservati minuziosamente, sono riprodotti con cura maniacale. Nello stesso modo in cui Van Eyck concepiva la realtà attraverso uno sviluppo certosino del dettaglio e rifacendosi ai parametri del Rinascimento, così Ron Mueck assembla con ordine esaustivo ogni parte del corpo umano: dal tallone incallito all’ombroso affossamento della gola. È evidente anche una sensibilità condivisa con le figure rappresentate nel nord Europa durante la fine del ‘400. Non è difficile, infatti, trovare delle somiglianze tra l’opera Dead Dad di Mueck e The body of the Dead Christ in the Tomb di Hans Holbein (tra i più stimati artisti dell’epoca).

Nonostante la ricerca stilistica dello scultore australiano tragga ispirazione dal Rinascimento, dal periodo gotico e dai personaggi leggendari rappresentati nella mitologia greca, il realismo da lui proposto ha tratti del tutto originali ed innovativi. Mueck non si limita a creare la più precisa illusione della realtà, bensì tenta di ristabilire la soggettività e l’aspetto umano all’iperreale. Nella “perfetta imperfezione” dei corpi scolpiti, egli trasmette lo stato d’animo dei personaggi stessi, evocando ciò che viene definito ‘realismo psicologico’. La connotazione emotiva introdotta da Mueck aiuta ad allontanarsi da quell’osservazione impersonale ed oggettiva che da sempre ha caratterizzato il realismo rinascimentale e gotico. Attraverso il linguaggio del corpo, gli sguardi e la mimica dei personaggi realizzati, egli riesce a ‘cristallizzare’ uno stato d’animo: dal dispiacere all’ansia, dalla noia al momento di sconforto, dando quindi ai suoi capolavori un carattere ed una soggettività che non sono mai stati resi prima.Tutto ciò porta lo spettatore ad un forte senso di coinvolgimento, al punto tale da interrogarsi sulla sorte dei personaggi raffigurati: è nella natura umana porsi quesiti sugli stati d’animo altrui ma è davvero affascinante come Mueck sia riuscito a ricreare l’empatia naturale ‘uomo – uomo in ‘uomo – opera d’arte’.
Ecco quindi come un’esposizione simile non porti il visitatore a considerare unicamente la sfera estetica, bensì a vivere continui mutamenti interiori ispirati dalla vulnerabilità e dall’intimità delle opere circostanti.

(2010-4 pag 30)

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