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Gli occhi di Alessandro Magno

E cosi, piange, poi che giunse anelo: e
piange dall'occhio nero come morte;
piange dall'occhio azzurro come cielo.
Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)
nell'occhio nero lo sperar, più vano;
nell'occhio azzurro il desiar, più forte.
G. Pascoli "Alexandros"

Laura Benatti 

Como 7 luglio 2016.
Alessandro Magno (356 a.C./323 a.C.), l'uomo più importante dell’antichità, il mito dei miti, l'eroe per eccellenza, sappiamo dalle fonti letterarie e dalle sculture del suo artista preferito e personale, Lisippo, che era di statura non troppo alta, di corporatura robusta, con una cascata di riccioli biondi che gli incorniciavano il volto e l’inclinazione costante del collo verso sinistra. Testimonia questo Il ritratto di Alessandro Magno di Lisippo, noto a noi grazie a numerose copie, come quella della Gliptoteca di Monaco di Baviera, uno dei capolavori del ritratto ellenistico

Alessandro era caratterizzato da eterocromia ovvero da quella peculiarità somatica di individui i cui occhi hanno un’iride di colore diverso dall’altra. L'eterocromia riguarda oggi più o meno l'1% della popolazione e può essere causata anche da traumi.

Alessandro, naturalmente, essendo secondo la leggenda per metà uomo e per metà dio (il padre adottivo sarebbe stato Filippo II, il padre spirituale il filosofo Aristotele e... il padre naturale lo stesso Zeus) doveva, a differenza dei comuni mortali, tale particolarità al fatto che con l’occhio azzurro si richiamava al cielo, alla sua metà metafisica, con l’occhio scuro si richiamava alla terra, alla sua metà mortale.

Sappiamo dai biografi e dagli storici che chiunque lo incontrava era attratto irresistibilmente dal suo fascino magnetico ed era disposto a seguirlo sino agli Inferi, compreso il suo fedele cavallo Bucefalo, morto per lui nella battaglia dell’Idaspe nel 326 a.C. contro l'armata del re Poro, della regione indiana del Punjab.

Bucefalo, nonostante fosse in fin di vita, non permise ad Alessandro di montare un altro cavallo e, facendo ricorso alle sue ultime forze, lo condusse alla vittoria ma, alla sera della famosa battaglia, Bucefalo si stese al suolo e all'età di vent'anni morì. Alessandro provò in quell’occasione uno dei dolori più struggenti della sua vita e per onorare il suo fedele amico fondò proprio in quel luogo la città di Alessandria Bucefala, una delle settanta città intitolate a suo nome.

La leggenda narra che vi fosse un rapporto di speciale affinità tra Alessandro e Bucefalo: a quanto pare i due erano nati lo stesso giorno, ma a distanza di dieci anni l'uno dall'altro, inoltre il destino vuole che anche Bucefalo avesse la peculiarità dell’eterocromia.

Un altro amico che seguì sempre fedelmente sino alla morte Alessandro fu il cane Peritas accanto al quale l'eroe dormì sempre.

Gli occhi di Alessandro manifestavano attraverso il loro differente colore da un lato l'eccezionale intelligenza, razionalità e genialità ereditate da Filippo II, dall'altro l’energia e l'aggressività ereditate dalla madre Olimpia, discendente dalla stirpe di Achille, l'eroe omerico che Alessandro venerò come modello insuperabile per tutta la sua esistenza. Achille come Alessandro visse brevemente, Achille come Alessandro dipendeva da una madre un po’ troppo presente, Achille come Alessandro era biondo, Achille come Alessandro sapeva commuoversi ed essere estremamente generoso, Achille amò Patroclo, Alessandro Efestione.

Conosciamo molto bene i vizi, ma anche le grandi qualità di Alessandro: ad esempio, il suo massimo rispetto per le donne appartenenti alla famiglia del suo storico nemico Dario III.

Sappiamo che quando Alessandro mori’ nel 323 a.C., la moglie di Dario III si copri’ il volto con un velo nero in segno di lutto e si lasciò morire di inedia, tanto si era affezionata al personaggio da considerarlo come suo figlio.

Il suo sguardo colpiva per il singolare coraggio che trasmetteva: lui stesso combatté sempre al fianco dei suoi uomini, non ritirandosi mai difronte a nessuna insidia, neppure la peggiore, vantandosi di potere mostrare più ferite sul petto di tutti i suoi soldati, ma di non averne nessuna sulla schiena, perché mai aveva voltato le spalle al pericolo.

Eppure anche Alessandro che era riuscito a conquistare tutto il territorio conquistabile, che aveva pianto di fronte ai confini del mondo perché ormai nulla gli rimaneva più da conoscere, venne vinto a soli 33 anni da una pancreatite acuta fulminante che gli costò dieci giorni di terribile agonia e così i suoi splendidi occhi, umano e divino, si chiusero per sempre sul teatro di questo mondo, lasciandoci un’eredità incredibile, un mondo senza precedenti, una città nel regno d’Egitto che possedeva un faro in grado di emettere un fascio di luce ad oltre 50 chilometri di distanza, una biblioteca straordinaria, un museo mai visto prima...

Ad Alessandria d’Egitto, in questa nuova età ellenistica creata grazie alle conquiste di Alessandro, gli scienziati gettarono le basi dell’idrodinamica, della macchina a vapore, della botanica, della zoologia...

Roma probabilmente non si rese conto della portata di tutto ciò e quando il nostro Plinio il Vecchio, scienziato romano, rispose che le api dovevano avere sei zampette perché le loro celle sono esagonali, non aveva considerato che già gli alessandrini avevano intuito che l'esagono è la figura piana con il miglior rapporto perimetro-superficie.

Alessandro, il suo fallimento superò ogni successo ottenuto dagli altri...

"...quando Alessandro ti guardava negli occhi, tutto era possibile..." (tratto dal film " Alexandros ", 2004, di Oliver Stone).

 

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